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I capolavori della Collezione Cavallini Sgarbi a Ferrara. Da Niccolò dell’Arca a Gaetano Previati

mostra collezione cavallini sgarbi
Antonio Cicognara Madonna del latte tra Sant’Agnese e Santa Caterina d’Alessandria part

Nel vasto panorama delle mostre che si susseguono a ritmo serrato nel paese, una ci è apparsa particolarmente persuasiva, una mostra che ha il carattere della meraviglia: “La Collezione Cavallini Sgarbi. Da Niccolò dell’Arca a Gaetano Previati. Tesori d’arte per Ferrara”.

E vorremmo collocarla nell’ambito delle categorie kantiane della qualità, quantità, relazione e modalità. Le cento e quarantuno opere, che resteranno in esposizione al Castello Estense fino al 3 giugno 2018, sono il frutto di un lungo, appassionato lavoro di ricerca della famiglia Sgarbi, di Rina Cavallini, di Vittorio che nel testo introduttivo del catalogo scriverà: “tutto ciò che ho desiderato ho trovato, con una soddisfazione che la ricchezza non può dare: convivere con gli spiriti di artisti che parlano e respirano con me, anime sensibili e corpi viventi”.

La mostra, realizzata e prodotta dalla Fondazione Elisabetta Sgarbi, contempla una raccolta straordinaria che abbraccia secoli di storia, dal 1400 al 1900: un trionfo di immagini, di tele, di sculture che attraversano il tempo e c’è un filo conduttore che lega le opere, pur nella differenza tematica e stilistica. Le figure immortalate nei dipinti, quando non si tratta della forza muscolosa e dei volumi di una Cleopatra della celebre Artemisia Gentileschi, o dell’imponenza di una “Sibilla” di Carlo Bononi, hanno una dimensione di leggiadria, una eleganza formale che supera l’estensione terrena e corporea -anche quando ad essere rappresentate non sono figure del sacro- hanno un respiro che affida all’arte il compito di superare il tempo e lo spazio: “supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce.” Ed è allora che l’eternità dell’arte si presenta come una conferma.

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Antonio da Crevalcore SACRA FAMIGLIA CON SAN GIOVANNI BATTISTA

In primis, ecco la “Sacra famiglia con San Giovanni Battista”, datata 1490-1500, il volto, come un autentico, prezioso gioiello, è quello di una giovanissima Madonna che è poesia insieme alla vivacità del Bambino con le braccia alzate nel capolavoro di Antonio Leonelli da Crevalcore. Così anche una “Madonna della melagrana”, un’opera del 1635 circa, di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino e il viso di Maria sembra anticipare i volti femminili dipinti da Tamara de Lempicka; l’armonia compositiva di una “Allegoria della Pittura” del pesarese Simone Cantarini, la posa arrendevole di una “Santa Caterina da Siena con Gesù Bambino”, una bionda creatura paffuta che sfiora il capo reclinato della santa in ginocchio, opera di Giovan Battista Salvi, il Sassoferrato.

Nella “Madonna del latte tra Sant’sant’Agnese e Santa Caterina d’Alessandria” Maria ha il volto allungato che ricorda, almeno un poco, il ritratto di Dora Maar di Pablo Picasso, quando la centralità del trono mostra una semicupola decorata a conchiglia che rimanda alla celebre Pala di Brera di Piero della Francesca, opera che preferiamo ricordare come la Pala Montefeltro. La flessuosità degli angeli nella morbidezza delle loro vesti e la dimensione cinetica di tutto il traliccio compositivo che contempla un grande calice eucaristico al centro per una tempera e oro del 1495 1500; la serenità e la quiete di una “Sacra famiglia” di Nicolò Pisano e le figure che si impongono rispetto allo sfondo, la tenerezza e la grazia della postura di una “Maddalena penitente” che stringe il crocefisso nell’olio su tela del 1787 di Antonio Cavallucci.

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Gaetano Previati , Cristo Crocefisso

Lasciate “le segrete stanze” di casa Sgarbi per essere mostrate al pubblico, le opere si avvicendano nelle sale del Castello Estense, dove ci sono i segni del recente terremoto, come racconto di un viaggio lungo quarant’anni alla scoperta di capolavori “nascosti”. Opere del collezionismo italiano per un atteso ritorno in una città che, come scrive Dario Franceschini nella prefazione del catalogo, ha subito, dal 1958, una delle più grandi spoliazioni del proprio patrimonio.

Una collezione di cui è stato silenzioso testimone Giuseppe Sgarbi, una raccolta come identità di una famiglia. Opere che attraversano la storia, le circostanze biografiche e comprovano la genialità di artisti anche meno noti, ma non per questo meno importanti, e quelli più celebrati come Lorenzo Lotto. Il pittore veneto che ha lasciato nelle Marche numerose testimonianze e nelle Marche muore, l’artista di cui Vittorio Sgarbi si è occupato anche di recente con la mostra tuttora in corso a Recanati: “Lorenzo Lotto dialoga con Giacomo Leopardi”.

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Niccolò dell’Arca , San Domenico

Una piccola tela di Carlo Bononi ci restituisce la dimensione “normale” e semplice di una “Sacra famiglia” in cui ad incantare e suggerire tenerezza sarà il gesto del Bambino che imbocca il padre Giuseppe. Una “Allegoria del tempo” del santarcangiolese Guido Cagnacci e ad illustrare la caducità dell’esistenza sarà una florida figura femminile a torso nudo con una clessidra in mano, i granelli sono già sul fondo a dire che il tempo è trascorso, un fiore rosa e un soffione nella seconda mano a ricordarci l’impermanenza della giovinezza e della bellezza; un teschio, di lato, per un monito: “ricordati che devi morire”.

Le superlative allegorie di Ignaz Stern, detto Ignazio Stella, il racconto “fotografico” di una “Aia contadina” di Giovanni Andrea Donducci, detto il Mastelletta, una “Scena a due figure” di Angelo Caroselli che rimanda ad un selfie dei giorni nostri. Nella collezione Cavallini Sgarbi non manca il Guercino, Francesco Hayez, il grande “Cristo Crocefisso” di Gaetano Previati, opera che Rina Cavallini, innamorata dell’artista ferrarese, non riuscirà mai a vedere. Acquistata da Vittorio, l’opera giungerà a casa Sgarbi pochi giorni prima della sua morte, in quella casa che Elisabetta Sgarbi definisce “non una casa ma un mondo aperto, un’opera aperta”.

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Niccolò dell’Arca, Aquila

Sempre di Gaetano Previati, una “Prima Comunione” che rimanda alle inquiete deformazioni di Francis Bacon e alla dimensione pittorica di uno come Alberto Sughi. I preziosi cofanetti intarsiati, le sculture, i busti. Tanti, primo fra tutti un “San Domenico” di Niccolò dell’Arca, probabilmente il più grande scultore del Quattrocento italiano nonostante la sua scarsa popolarità, scrive Vittorio Sgarbi, un’opera “carica di mistero e spiritualità” che darà inizio alla collezione e che apre la mostra insieme ad una “Aquila” del 1478 -circa- dello stesso autore. Un’aquila in terracotta “plasmata con impeto e vigore” che evoca la “tenacia e la forza di una donna straordinaria quale era mia madre Rina”.

E troviamo opere di inizio 900, un Filippo de Pisis che non ci appassiona, un raffinato, descrittivo ritratto di Felicita Frai e quello di Beryl Hight Tumiati che ci consegna la figura imponente della madre vestita di bianco, alcuni disegni di Giovanni Boldini. Una deliziosa maiolica policroma per un “Ritratto della figlia”, 1941, di Andrea Parini evidenzia un desiderio dell’autore immortalato dal fuoco: “figlia, ti vorrei casalinga e scrittrice”. Così avrebbe potuto volere mio padre di me, dirà la guerriera Elisabetta Sgarbi nel testo del prezioso catalogo che accompagna la mostra edito da La nave di Teseo, la casa editrice di cui oggi è alla guida.

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Andrea Parini, Ritratto della figlia

Una collezione, work in progress, “una ricerca senza fine”, come testimonianza di un grande amore per l’arte, di una cultura che influenza il pensiero, i sentimenti, il fare di ogni giorno. Un inno alla vita, alla bellezza, perché il “sublime mi lacrima dentro”. Espressione di un desiderio come “forza che ci attraversa”, quando il collezionismo d’arte obbedisce ad un ritmo costante che ordina e costruisce il mondo fenomenico. Perché l’arte può riscattare, almeno un poco, il male del mondo. Può cambiare l’intelligenza del mondo, il nostro sguardo sul mondo.

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Antonio Cavallucci, Maddalena penitente
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Carlo Bononi, Sacra Famiglia

Informazioni utili

La Collezione Cavallini Sgarbi. Da Niccolò dell’Arca a Gaetano Previati. Tesori d’arte per Ferrara

Museo del Castello Estense, largo Castello, 1, Ferrara

Dal 3 febbraio al 3 giugno 2018

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