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Da Gauguin a van Gogh. Il Giapponismo alla base dell’arte europea moderna. Venti d’Oriente su Rovigo

Fernand Khnopff, Le Rose, 1912, pastello su carta Fernand Khnopff, Le Rose, 1912, pastello su carta
Paul Gauguin, Fête Gloanec, 1888. Orléans, Musée des Beaux-Arts
Paul Gauguin, Fête Gloanec, 1888. Orléans, Musée des Beaux-Arts

Nell’Ottocento la scoperta delle arti decorative giapponesi diede una notevole scossa all’intera Arte europea. Un uragano, che dall’Oriente investiva modelli, consuetudini stratificate nei secoli, conducendo l’arte del Vecchio Continente verso nuove e più essenziali norme compositive fatte di sintesi e colori luminosi. Un uragano che sarà condensato nelle sale di Palazzo Roverella questo autunno, “Giapponismo, Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860-1915” (dal 28 settembre 2019 al 26 gennaio 2020).

La svolta avvenne quando, all’inizio degli anni ’60 dell’Ottocento cominciarono a diffondersi in Europa, e principalmente in Francia, ceramiche, stampe, ed arredi da giardino dall’Impero del Sol Levante che, pochi anni addietro, nel 1853, si era aperto al resto del modo.

Utagawa Hiroshige, trentasei celebri vedute del Fuji, Cinquantatrè stazioni del Tokaido, Polo Museale del Veneto, Museo d'Arte Orientale Venezia
Utagawa Hiroshige, trentasei celebri vedute del Fuji, Cinquantatrè stazioni del Tokaido, Polo Museale del Veneto, Museo d’Arte Orientale Venezia

Le prime xilografie si diffusero, dapprincipio, grazie al commercio di vasi e ceramiche, con cui questi venivano “avvolti” e“impacchettati”. I preziosi fogli erano spesso i celebri manga di Hokusai o altre brillantissime stampe di Utamaro e Hiroshige che tanta influenza ebbero sugli Impressionisti, sui Nabis, fino alle Secessioni di Vienna e Monaco per concludere il loro ascendente con i bagliori della Grade Guerra trasformandosi in un più generico culto dell’oriente nel corso degli anni 20 e 30 del Novecento.

La moda giapponista, esplosa attorno al 1860 e destinata a durare almeno un altro cinquantennio coinvolse dapprima la ricca borghesia internazionale, ma soprattutto due intere generazioni di artisti, letterati, musicisti e architetti, trovando via via sempre più forza con l’innesto della nascente cultura e Liberty e modernista sempre più attenta ai valori decorativi e rigorosi dell’arte giapponese.

Emil Orlik, Paesaggio con il monte Fuji, 1908, Courtesy Daxer & Marschall Gallery, Monaco
Emil Orlik, Paesaggio con il monte Fuji, 1908, Courtesy Daxer & Marschall Gallery, Monaco

Nelle 4 sezioni della mostra in cui è dipanato il racconto, Francesco Parisi, il curatore, affianca originali e derivati, ovvero opere scelte fra quelle che giungendo dal Giappone divamparono a oggetto di passioni e di studi in Europa, accanto alle opere che di questi “reperti” evidenzino la profonda influenza.

Pittura e grafica, certo. Ma anche tutto il resto, dall’architettura, alle arti applicate, all’illustrazione, ai manifesti, agli arredi. A dar conto, per la prima volta in modo organico, di quanto capillarmente e profondamente quel Giapponismo sia entrato nel corpo della vecchia Europa.

Quattro sezioni, quante furono le grandi Esposizioni Universali che in quei decenni contribuirono, grazie alla presenza dei padiglioni giapponesi, a svelare ed amplificare il nuovo che giungeva da così lontano, da quel luogo misterioso e magico. Dall’esposizione londinese del 1862, dove i “prodotti” del Sol Levante debuttarono, a quelle parigine del ’67 e’78, che ebbero nelle proposte il loro elemento di maggiore attrattività, fino all’esposizione del cinquantennale dell’Unità d’Italia del 1911 che ebbe una vasta influenza su molti artisti delle nuove generazioni.

Fernand Khnopff, Le Rose, 1912, pastello su carta
Fernand Khnopff, Le Rose, 1912, pastello su carta

Accanto ai capolavori di Gauguin, Touluse Lautrec, Van Gogh, Klimt, Kolo Moser, James Ensor, Alphonse Mucha si potranno ammirare le tendenze giapponiste nelle opere degli inglesi Albert Moore, Sir John Lavery e Christopher Dresser; degli italiani Giuseppe De Nittis, Galileo Chini, Plinio Nomellini, Giacomo Balla, Antonio Mancini, Antonio Fontanesi e Francesco Paolo Michetti con il suo capolavoro La raccolta delle zucche; e ancora i francesi Pierre Bonnard, Paul Ranson, Maurice Denis ed Emile Gallé; i belgi Fernand Khnopff e Henry Van De Velde.

Carl Moser, Pavone con quattro ciliegie, olio su tela, 1929
Carl Moser, Pavone con quattro ciliegie, olio su tela, 1929

Informazioni utili

“Giapponismo, Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860-1915” (dal 28 settembre 2019 al 26 gennaio 2020, per iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi)

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