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Un Rubens riscoperto in asta da Cambi

Un dipinto di Peter Paul Rubens, “Sacra Famiglia con Santa Elisabetta, San Giovannino e la colomba”,  andrà in asta da Cambi a Genova il prossimo  13 dicembre

Fu acquistato a Roma verso il 1910,  proveniente da un ramo della famiglia romana dei principi Colonna. Da allora rimase sempre in collezione privata,  prima negli USA dove era arrivato nel periodo tra le due guerre, ed in seguito, tramite un collezionista italiano,  in Italia e per via ereditaria è  giunto agli attuali proprietari. Sono  80 anni che non viene proposto sul mercato.

Divenuto formalmente “maestro” ad Anversa, Rubens non arrivava a Roma spaesato e alla ricerca di protezione: vi era stato mandato per lavoro, con uno scopo preciso da un signore, il Gonzaga, che lo avrebbe continuato a pagare e che solo l’anno successivo gli avrebbe chiesto di andare in Spagna. Fu con tutta probabilità proprio a Roma, nel suo primo soggiorno, che Rubens inizio’ a dar forma a quella tipologia iconografica completamente originale che e’ la “Sacra Famiglia con sant’Elisabetta, San Giovannino e la colomba”.
Fin dalla meta’ del XVIII secolo la composizione, ambientata in uno sfondo romantico, era nota grazie ad una stampa di riporto. Queste versioni a stampa furono attribuite a Rubens in maniera dubitativa, e furono messe in relazione con altri dipinti del periodo italiano del pittore, soprattutto la Sacra Famiglia di Rubens oggi a Palazzo Pitti.

 

La versione Newyorkese

Pietro Paolo Rubens –  Sacra Famiglia con Santa Elisabetta, San Giovanni e Colomba – Metropolitan Museum of Art, New York, USA
Pietro Paolo Rubens –  Sacra Famiglia con Santa Elisabetta, San Giovanni e Colomba – Metropolitan Museum of Art, New York, USA

Nel 1893 H. Hymans segnalò (pubblicandolo solo nel 1927) un dipinto con lo stesso soggetto che si trovava nel 1925 a Londra dove poi passò, in quello stesso anno, nella collezione di William H. Moore a New York. Nel 1955  fu donato da Mrs. Ada Small Moore al Metropolitan Museum di New York, dove si trova tutt’ora (olio su tavola, cm 66 x 51,4). Di quel dipinto, nel 1927, Valentiner ne propose, sulla base della struttura della composizione, una datazione al 1602-1605, incontrando tuttavia l’opposizione di alcuni critici, che recensendo la mostra ne sostennero con forza una datazione ad un periodo posteriore. Washburn Freund, in particolare, sottolineò la contraddizione tra la composizione, che appare ispirata a modelli italiani (e che dunque e’ tale da giustificare, a rigor di logica, la data proposta da Valentinier), e lo stile e la tecnica di pittura del dipinto, che appaiono di un’epoca più matura.

 

La versione LosAngelina

Pietro Paolo Rubens – Sacra Famiglia con Santa Elisabetta, San Giovanni e Colomba Los Angeles County Museum of Art, CA, USA; Flemish.
Pietro Paolo Rubens – Sacra Famiglia con Santa Elisabetta, San Giovanni e Colomba Los Angeles County Museum of Art, CA, USA; Flemish.

Nel 1930 L. Burchard pubblico’ il secondo dipinto, conservato oggi al County Museum di Los Angeles come un autografo di Rubens con la datazione al 1609 circa. All’ inizio del secolo l’opera (olio su tavola, cm 138,4 × 120,7) si trovava nella raccolta del conte Kospoth, in Slesia: nel 1930 fu comprato da Gustav Nebehay, di Berlino; entrò poi nella raccolta di Gustav Oberlander di Reading (Pa), dove rimase fino al 1947. Nel 1936 i due dipinti furono esposti per la prima volta insieme a Detroit: sulla base del raffronto diretto effettuato in quell’occasione, la tavola Oberlander fu ritenuta opera definitiva, mentre nel dipinto Moore di New York si identifico’ il modello: ad entrambe le opera fu attribuita una datazione al 1609-1610. Per quanto riguarda la stampa, E. Siple, nella sua recensione alla mostra, ritenne che essa fosse tratta dal quadro più grande, benché in certi dettagli del panneggio essa sembrasse seguire quello più piccolo. Nel 1946 la versione Oberlander torno’ sul mercato antiquario di New York; di qui’ entro’ in quello stesso anno nella racconta di Frederick Mont di New York, e fu esposta in una mostra organizzata da Valentinier a Los Angeles dove era accompagnata dal dipinto che Cambi presenta in Asta.

 

Il confronto

Qualche tempo dopo, nel 1952, l’opera passò nella collezione di Ch.F. Sandborn di Los Angeles: alla morte di quest’ultimo fu acquisito dal County Museum. Sull’autografia del dipinto del County Museum la critica (a partire da Valentinier, che lo definì “una delle più importanti composizioni del periodo dopo il ritorno dall’Italia”) più volte si era espressa unanimemente in modo positivo: una nuova pulitura effettuata poco prima del 1984, aveva spinto la critica a ribadire ancora una volta l’autografia. Tuttavia recentemente l’opera ha subito una retrocessione allo stato di copia e ciò appare una conclusione definitiva.
Diverso è il caso del dipinto del Metropolitan Museum che, fino a tempi assai recenti, perlopiù è stato ritenuto il modello, benché eccessivamente rifinito, di quello del County Museum, ed è stato datato generalmente a dopo il ritorno ad Aversa tra il 1608 ed il 1610. Ma altri, tra cui soprattutto M. Jaffe’ lo hanno creduto una semplice copia di quello più grande: in particolare gli stessi curatori del Metropolitan lo classificarono come “copy after Rubens” nel 1980.
Nel 1984 Liedtke, premettendo che “la qualità non è omogenea anche se niente fa presumere che questo lavoro sia di più mani”, individuandovi un modellato “discontinuo” nelle varie parti, e notando che il pannello è particolarmente grande per essere un “modello” non finito, lo classifico’ come “attribuito a Rubens”. Appoggia l’attribuzione a Rubens lo Scribner che ipotizza che almeno una delle tavole tra quelle di Los Angeles e quella di New York sia da attribuire, almeno in parte, ad assistenti di studio; cosicché Scribner pensa che gli assistenti, partendo dalla prima stesura (quella del Metropolitan), abbiano allargato le proporzioni nella versione di Los Angeles, alla quale Rubens abbia aggiunto poi dei ritocchi finali.

Liedtke è ritornato sull’argomento nel 1992, ribadendo l’opinione già espressa nel 1984, e sottolineando i confronti stilistici con la “Vergine adornata di fiori” di Rubens che si trova a Vaduz nella collezione dei principi di Liechtenstein. Egli ritiene autografa la versione di New York e nonostante le sue disomogeneità esecutive, sembra propendere a considerarla un’opera finita (da conservare o da vendere) piuttosto che un modello. Allo stesso momento Liedtke ritiene il dipinto di Los Angeles una redazione autografa successiva, approntata forse per una chiesa. Poiché la versione di Los Angeles e’ da qualche anno ritenuta una copia, dal 1995 i curatori del Metropolitan hanno classificato il loro dipinto come originale.

 

La versione Romana

Pietro Paolo Rubens (Siegen 1577 - Anversa 1640), attribuito a olio su tavola, cm 102x78
Pietro Paolo Rubens (Siegen 1577 – Anversa 1640), attribuito a
olio su tavola, cm 102×78. Stima: a richiesta

Il dipinto in asta (olio su tavola cm 102 × 78) fu esposto al pubblico per la prima volta in occasione della mostra, curata da Valentinier, che si tenne a Detroit nel 1946, ove figura come autografo di Rubens, databile al 1607 circa e dunque risalente al suo secondo soggiorno romano. Nell’ottobre del 1946 il dipinto fu esaminato e studiato da Rodolfo Pallucchini e Antonio Morassi, indipendentemente l’uno dall’altro: entrambi ne confermano l’attribuzione alla mano di Rubens, con interessanti osservazioni stilistiche. Benché fosse esposto alla mostra del 1946, il dipinto, certamente a causa della rarità del catalogo di quella mostra, restò ignoto agli studiosi, che non lo hanno mai menzionato. Infatti solo nel 1985 esso fu pubblicato per la prima volta, ancora come autografo e con la datazione al 1605 circa da D. Bodart: quest’ultimo ne rilevò “l’affinità stilistica col mondo dei pittori caravaggeschi, in particolare con Orazio Borgianni; e ne dichiarò la provenienza Colonna, sottolineando come essa confermava l’ipotesi di contatti tra Rubens ed il cardinale Ascanio Colonna, protettore delle Fiandre, che aveva in quel periodo con sé come bibliotecario il fratello di Rubens, Filippo.

Nel corso del 2001, il dipinto è stato sottoposto a numerose e dettagliate analisi multispettrali che hanno aiutato molto a capirne le vicenda conservativa e la storia. Esso si presenta in buone condizioni conservative: ha subito un vecchio restauro (eseguito probabilmente nell’immediato secondo dopoguerra) e nel 1997 una veloce pulitura che ha rimosso la  vecchia patina e le ridipinture che erano soprattutto sullo sfondo. Solo quest’anno (2018), pero’, il dipinto e’ stato oggetto di un restauro completo e di una pulitura più approfondita, che ha messo in luce particolari evitati nel 1997.

LEGGI QUI  LA SCHEDA TECNICA COMPLETA SULL’ATTRIBUZIONE

 

 

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