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Machines à penser: Adorno, Heidegger e Wittgenstein illuminano Fondazione Prada a Venezia

Machines à penser Mark RileyTodtnauberg Diorama (Martin Heidegger’s Hut), 2016(detail)Tecnica mista48.5 × 48 × 48 cm Courtesy of the artist
Machines à penser
Mark Riley Todtnauberg Diorama (Martin Heidegger’s Hut), 2016(detail)Tecnica mista48.5 × 48 × 48 cm Courtesy of the artist

Fondazione Prada apre le porte alla mostra “Machines à penser” dal prossimo 26 maggio fino al 25 novembre 2018 nella sua sede di Venezia.

Esilio, fuga, ritiro, riflessione. Temi correlati tra loro e fulcro della mostra “Machines à penser”. I protagonisti? Non proprio tre figure di poco conto. I riflettori di palazzo Ca’ Corner della Regina -sede veneziana della Fondazione Prada- si accendono su tre fondamentali figure della filosofia del XX secolo: Theodor W. Adorno (1903 -1969), Martin Heidegger (1889 – 1976) e Ludwig Wittgenstein (1889 -1951).

Una baita a Todtnauberg nella Foresta Nera in Germania per Heidegger e un rifugio situato in un fiordo a Skjolden in Norvegia nel caso di Wittgenstein. Ecco il primo punto comune a questi due filosofi: la necessità di trovare un luogo intimo di isolamento intellettuale. Da un rifugio scelto e sentito a uno, invece, imposto: è il caso di Adorno. Il filosofo tedesco ha infatti sperimentato questa condizione forzata di esilio a causa del nazismo in Germania prima a Oxford e poi a Los Angeles, dove scrisse “Minima moralia”, un insieme di aforismi che indagano tra gli altri temi quello del destino di un’emigrazione forzata.

Machines à penser
Theodor Adorno, 1967 FotoDigne Meller Marcovicz Courtesy Bildportalder Kultur-einrichtungen, Berlin © bpk / Digne Meller Marcovicz

Basandosi su queste riflessioni l’artista e poeta scozzese Ian Hamilton Finlay ha realizzato nel 1987 Adorno’s Hut, un’installazione che assume un ruolo centrale all’interno della mostra insieme alle ricostruzioni architettoniche dei luoghi di ritiro nei quali Heidegger e Wittgenstein scrissero le loro rispettive opere fondamentali “Essere e Tempo” (1927) e “Tractatus Logico-Philosophicus” (1921). Queste riproduzioni -proposte a Venezia dal prossimo 26 maggio- accoglieranno a loro volta documenti e opere sul tema dell’archetipo architettonico della capanna come luogo di fuga e di ritiro.

Come sostiene Dieter Roelstraete: “in questi spazi i tre protagonisti della mostra hanno partorito i loro pensieri più profondi. L’isolamento, sia che sia stato scelto sia che sia stato imposto, sembra averne decisamente influenzato il pensiero. Nel corso degli anni le loro abitazioni si sono dimostrate una fonte d’ispirazione inesauribile per molte generazioni di artisti attratti dalla fantasia del ritiro, materializzata in questi elementari archetipi architettonici”.

Filosofia, arte e architettura si mescoleranno tra il piano terra e il primo piano del palazzo veneziano. La prima parte delle mostra vedrà come protagonista Adorno, il cui appena anticipato esilio americano verrà evocato attraverso l’ingrandimento di una fotografia di Patrick Lakey che documenta l’interno di Villa Aurora a Los Angeles: luogo fertile di scambio di idee frequentato dal filosofo e da altri esuli tedeschi negli anni Quaranta.

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Goshka Macuga Heidegger, 2018Gomma siliconica, piantac. 30 cm ø x 24 cm h (vaso) c. 10 cm ø (base) Courtesy of the artist

Allontanamento forzato e legame tra spazio e pensiero saranno esplorati attraverso i lavori di diversi artisti. Dall’installazione sonora di Susan Philipsz agli scatti dell’abitazione di Adorno a Los Angeles di Ewan Telford. Da Patrick Lakey che documenta le case e i luoghi di lavoro di alcuni importanti poeti e filosofi tedeschi fino ad Anselm Kiefer che ha realizzato una scultura in dialogo con il nuovo video Kälte ist die Kette Gottes (Il freddo è la catena di Dio) del cineasta e scrittore Alexander Kluge.

Spostandosi al primo piano si potrà visitare la ricostruzione (in scala ridotta all’88%) dell’abitazione di Heidegger nella Foresta Nera che ospita, tra le altre opere, una serie di fotografie del filosofo e della moglie realizzate a Todtnauberg tra il 1966 e il 1968 dalla fotoreporter Digne Meller-Marcovicz. Oltre agli scatti saranno presenti oggetti in ceramica di Jan Bontjes van Beek e stampe fotografiche di due opere d’arte presenti originariamente nella casa tra cui un ritratto del poeta regionale tedesco Johann Peter Hebel. Ma non è finita. Saranno inoltre presenti le opere di Giulio Paolini, Sophie Nys, Iñigo Manglano-Ovalle e Paolo Chiasera. Il tutto mirato alla riflessione sull’essere, l’appartenenza e il rifugio.

All’interno della ricostruzione della piccola casa di Wittgenstein a Skjolden in Norvegia sarà esposta l’unica scultura realizzata dal filosofo austro-britannico, Head of a girl (1925–1928), insieme ad alcuni suoi oggetti personali. Ed è proprio la costante ricerca di una condizione di pace spirituale attraverso un esilio auto-imposto ad ispirare i lavori del collettivo norvegese composto da Sebastian Makonnen Kjølaas, Marianne Bredesen e Siri Hjorth, dell’artista e intellettuale Jeremy Millar e del fotografo Guy Moreton.

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Martin Heidegger nella baita a Todtnauberg, 1968FotoDigne Meller MarcoviczCourtesy Bildportal der Kultur-einrichtungen, Berlin © bpk / Digne Meller Marcovicz

Leonor Antunes ha realizzato per la mostra un’opera che si sviluppa dalle documentate incursioni di Wittgenstein all’interno dell’architettura modernista e la sua attenzione maniacale per i dettagli. In mostra potrete ammirare anche alcune sculture realizzate da Mark Manders e i nuovi lavori di Goshka Macuga che raffigurano le teste dei tre filosofi, usandone i calchi per creare dei vasi in terracotta, porcellana e gomma.

Mark Riley proporrà invece tre diorama al fine di ricostruire il contesto naturale all’interno del quale si trovano i luoghi di ritiro di Wittgenstein e Heidegger. Le fotografie sovradipinte di paesaggi dell’Engadina realizzate nel 1992 da Gerhard Richter, insieme alla sua scultura Kugel III, evocano l’intimità degli spazi nel quale questi lavori sono stati esposti per la prima volta nel 1992, ovvero i luoghi di raccoglimento nella località Sils Maria dove Friedrich Nietzsche scrisse l’opera fondamentale “Così parlò Zarathustra”.

Tantissime dunque le opere legate a questi tre filosofi che potrete ammirare visitando Machines à penser. Il progetto prevede inoltre una sezione storica che indaga le radici del fascino esercitato sulla filosofia dalle figure dell’eremita e dai suoi luoghi di ritiro. Dipinti e stampe rinascimentali dedicate all’iconografia del santo saranno esposte nella sala che ospiterà uno studiolo rinascimentale, al cui interno saranno presentate edizioni rare di opere di Heidegger e Wittgenstein, mentre nelle sue pareti esterne sarà allestita l’installazione site-specific Hutopia (2018), realizzata dall’artista e poeta scozzese Alec Finlay.

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Giulio Paolini L’arte e lo spazio. Quattro illustrazioni per Martin Heidegger (3), 1983Libro, frammenti di gesso25.5 x 36 cm (libro)100 x 50 x 40 cm (base) Courtesy Studio La città, Verona
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Ludwig Wittgenstein in barca, Lago Eidsvatn, Skjolden(Norvegia), 1921FotoArvid Sjörgen Courtesy Wittgenstein Archive, Cambridge
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Ian Hamilton FinlayAdorno’s Hut, 1986–87Tronchi di alberi, travi di legno e acciaio dipinte di rosso100 × 200 × 100 cm Courtesy Musée d’art moderne et contemporain de Strasbourg, Strasbourg

Informazioni utili

Machines à penser

Fondazione Prada, Ca’ Corner della Regina, Calle de Ca’ Corner,, Santa Croce 2215, 30135 Venezia

Dal 26 maggio al 25 novembre 2018

A cura di Dieter Roelstraete

La mostra è accompagnata da una pubblicazione illustrata a cura di Dieter Roelstraete ed edita da Fondazione Prada

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