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Revolt. She Said. Revolt Again al Teatro Belli di Roma

Revolt. She Said. Revolt Again

Revolt. She Said. Revolt Again

Dal 6 al 10 di dicembre è stato messo in scena al Teatro Belli di Roma uno spettacolo intenso, difficile da dimenticare per la potenza espressiva di un testo-manifesto interpretato magistralmente. Si tratta di Revolt. She said. Revolt Again, diretto da Francesca Caprioli e Giacomo Bisordi.

Lo spettacolo, prodotto da Progetto Goldstein, è stato presentato all’interno della programmazione della rassegna TREND – Nuove frontiere della scena britannica, mettendo in luce il talento creativo di Alice Birch, una delle scrittrici emergenti della nuova generazione di drammaturghi inglesi. Tra gli scopi della rassegna, curata da Rodolfo Di Gianmarco, vi è proprio l’individuazione di talenti ancora poco noti, che vengono proposti all’attenzione del pubblico attraverso una messa in scena realizzata da attori e registi italiani.

Il testo di Revolt. She said. Revolt again, composto e rappresentato nel 2014, fin dai primi spettacoli ha scatenato dibattiti molto accesi per le tinte forti in cui è stato declinato il tema principale dell’opera, che indaga il ruolo della donna nella società occidentale del XXI secolo. La Birch, infatti, nel suo tagliente testo che sembra richiamare il tracciato drammaturgico aperto negli anni ’90 dall’indimenticata Sarah Kane, opera una vera e propria rivolta, un rovesciamento, che, partendo dal linguaggio, si estende verso nuove possibilità di intendere le dinamiche relazionali fra uomini e donne nel panorama contemporaneo.

Divisa in varie sezioni che spaziano all’interno di contesti e situazioni pseudo-ordinarie – colloqui di lavoro, fantasie sessuali post-primo appuntamento, proposte di matrimonio in diretta su Facebook, atti di protesta in supermercati discount di provincia e scontri generazionali fra madri e figlie – , in ognuna delle quali si assiste a un rinnovamento formale e linguistico, la messa in scena fa emergere l’urgenza di riflettere sulle forze che impediscono alla donna contemporanea di reagire e provare a cambiare il mondo circostante.

Lo spettacolo si dispiega così in un fitto mosaico, i cui vari frammenti sembrano ricongiungersi all’interno di un manifesto, che non incita la donna a lavorare, a sposarsi o a riprodursi, ma piuttosto a ripensare alle proprie relazioni intime, professionali e politiche nell’odierno mondo globalizzato. A guidare lo spettatore in queste rivolte sono tre attrici, che scambiandosi continuamente di ruolo sul palcoscenico e immedesimandosi epidermicamente nelle figure umane evocate, sembrano rompere la sottile linea tra interpreti e personaggi, veicolando le parole della drammaturga in una dimensione estremamente concreta.

Se all’inizio l’urgenza di presentare un’alternativa al nostro modo di intendere la condizione femminile appare espressa attraverso una satira efficace, che, grazie ad una puntuale aderenza alla realtà delle situazioni presentate, provoca il riso nello spettatore, nella seconda parte della pièce non si può dire lo stesso. Infatti, nel finale si viene accompagnati in uno scenario apocalittico, dove per affermare l’esser donna, si è proceduto all’eliminazione dell’uomo, rinunciando però anche alle caratteristiche intrinseche della femminilità. In questa dimensione vige una devastante desolazione, espressa negli atti di violenza e nei singulti di disperazione da parte delle protagoniste, che, scivolate in un’assenza di senso, non sono neanche più in grado di stringersi in un abbraccio.

In questa controversa rivoluzione, appare funzionale la scelta di una doppia regia, al maschile e al femminile, che indaga lo sviluppo dei personaggi da punti di partenza diametralmente opposti. L’impianto drammaturgico è valorizzato anche dalla grande prova attoriale delle tre interpreti –Lavinia Carpentieri, Barbara Chichiarelli e Carlotta Mangione– che riescono a passare da momenti comici a picchi drammatici con lucida finezza, riempendo con la loro presenza uno spazio scenico volutamente scarno, dove i pochi oggetti a disposizione vengono caricati di significati simbolici. Tutti questi elementi fanno di Revolt.She Said. Revolt Again uno spettacolo decisamente riuscito, capace di far emergere l’esplosività di una parola spesso taciuta, che rimarca la profonda ferita ancora infetta nel corpo della donna contemporanea.

Teatro Belli
Piazza di Sant’Apollonia, 11
00153 Roma
www.teatrobelli.it

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