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«Si accendono i primi lumi… i boulevard ardono». La Parigi di Manet a Milano

Édouard Manet, Il balcone, 1868-1869, mostra milano 2017 palazzo reale Édouard Manet, Il balcone, 1868-1869 Parigi, Musée d'Orsay

Credo vi siano dei trucchi che mi affascinano, che assolutamente
mi intrigano, come Manet. Tutto in lui mi meraviglia.
Michel Foucault, La pittura di Manet.

«Si accendono i primi lumi… i boulevard ardono». Il fermento della moderna Parigi di metà Ottocento approda in una Milano in perenne metamorfosi. Fino al 2 luglio, Palazzo Reale ospita la mostra Manet e la Parigi moderna. Arrivano nella fervente città meneghina i capolavori di Manet (1832-1883) e dei suoi colleghi contemporanei, tra cui Renoir, Degas, Fantin-Latour, Tissot, Morisot… L’esposizione nasce dalla collaborazione creatasi negli anni tra il museo milanese e il Musée d’Orsay, che vanta un primato mondiale per quanto riguarda la collezione di opere di pittori impressionisti e dello stesso Manet.

Édouard Manet, Berthe Morisot con un mazzo di violette, 1872, Palazzo Reale Milano Mostra 2017 Manet e la Parigi moderna
Édouard Manet, Berthe Morisot con un mazzo di violette, 1872
Parigi, Musée d’Orsay

Dieci sezioni tematiche che spaziano dalla nuova urbanistica della Ville lumière, riletta e restituita nelle tele dei pittori, ai protagonisti della nuova vita sociale, dai borghesi ai bohémiens, agli umili –«gli eroi moderni». Per le curatrici francesi Caroline Mathieu e Isolde Pludermacher, le sezioni più interessanti sono: la Parigi moderna, Ispanismo e le ultime due sale sul soggetto femminile L’universo femminile. In bianco …. e in nero. La passante e il suo mistero.

Manet e la Parigi moderna vuole dire Manet e la sua cerchia, come intitola la prima sezione dell’esposizione. I ritratti in mostra sono le testimonianze dei rapporti di amicizia e di complicità che Manet ebbe con i celebri intellettuali dell’epoca. L’amico Émile Zola, strenuo difensore e sostenitore di un Manet che aveva diritto di ricevere il riconoscimento ufficiale del suo lavoro partecipando ai Salons. Stéphane Mallarmé, con il quale intrattenne un intenso scambio di riflessioni su pittura e poesia, lo definì «il maestro dell’atmosfera luminosa ed elegante». La pittrice Berthe Morisot fu un’intima amica tanto da diventare sua musa.

Negli anni ’60 dell’Ottocento Manet incarna la figura dell’artista indipendente. I suoi legami nel mondo dell’arte riflettono l’indole indipendente: tra i suoi amici figurano sia artisti bohémien sia pittori dalla carriera più mondana.

Édouard Manet, Particolare del Ritratto di Émile Zola, 1868
Édouard Manet, Particolare del Ritratto di Émile Zola, 1868
Parigi, Musée d’Orsay

Una particolare prospettiva. Come sostiene il curatore Guy Cogeval, l’intenzione (destinée) della mostra è presentare i capolavori di Manet e dei suoi colleghi in relazione all’epoca nella quale hanno preso forma. I dipinti testimoniano il rapporto dei celebri pittori di metà Ottocento, più o meno mondani, con una Parigi in piena metamorfosi. La città amatissima da Manet, con il nuovo assetto urbanistico attuato dal Barone Haussmann, si prestava a diventare la capitale europea per eccellenza. Nella Ville lumière il tempo della vita aveva assunto una nuova forma: era scandito da velocissimi istanti successivi, dal ritmo frenetico di ciò che stava prendendo i tratti della metropoli. A ciò corrispondeva un nuovo modo di vivere che animava le strade, le stazioni e la miriade di nuovi edifici che ne stavano cambiando volto e anima.

È l’epoca delle Esposizioni Universali, della vita mondana nei teatri, nei caffè, nei boulevard, nei giardini pubblici e negli ippodromi. La moderna capitale francese diventa la città del piacere e del divertissement. E mentre il ferro fa il suo exploit, la buona società fa mostra di sé. La Parigi in festa diventa la grande musa della pittura. La sfida accolta dalla nuova generazione di pittori è quella di dare forma a una nouvelle peinture in grado di riflettere lo spirito del tempo sulla tela.

Jean Béraud, Una serata, 1878
Jean Béraud, Una serata, 1878
James Tissot, Il ballo, 1878 (ca.)
James Tissot, Il ballo, 1878 (ca.)
Parigi, Musée d’Orsay

Manet, «il pittore della vita moderna». A destare l’interesse del pittore francese e dei suoi colleghi è la modernità con le sue ambiguità, le sue fragilità e le sue contraddizioni. Non sono tanto i luoghi in sé a sorprendere gli occhi degli artisti quanto il modo in cui gli uomini vivono questi nuovi spazi dove si svolge la vita politica e sociale dell’epoca. La rivoluzione moderna trasforma la vita dell’uomo. La nuova sfida pittorica è quella di catturare sulla tela l’attimo che passa, le cose che mutano senza sosta, la bellezza particolare che ben si distingue da quella ideale degli antichi. Il mondo moderno è un nuovo mondo che mette alla prova l’uomo nella sua quotidianità. Manet porta sulla tela la nuova visione del mondo.

Un mondo segnato da una crescita prosperosa direttamente proporzionale all’incremento della disarmonia sociale. Così Manet, che mostra uno spiccato interesse per l’umanità in generale, sia quella borghese sia quella più umile, dipinge fianco a fianco il borghese e l’operaio – ciascuno isolato nel proprio mondo – mentre gustano un boccale di birra.

Édouard Manet, La cameriera della birreria, 1878-1879 mostra Palazzo Reale milano 2017
Édouard Manet, La cameriera della birreria, 1878-1879
Parigi, Musée d’Orsay

La trasformazione del linguaggio pittorico. Quando Édouard Manet scelse per il suo apprendistato l’atelier di Thomas Couture dovette confrontarsi con un linguaggio espressamente accademico, connotato dal richiamo allo stile aulico del passato. Un linguaggio eccessivamente tradizionale per un’anima artistica come quella di Manet che già ai primi albori mostrava tracce rivoluzionarie, portava i segni di una volontà profondamente innovatrice.

Manet, il primo pittore moderno. Leader di una nuova generazione che guardava al futuro, alla trasformazione del linguaggio pittorico in un’arte autonoma. Motivo per cui fu bersaglio della critica e della derisione del pubblico. I nuovi espedienti pittorici tra cui: le tinte piatte, l’annullamento della profondità, il rifiuto del chiaroscuro e della modellizzazione delle forme attraverso le ombre, l’inespressività delle figure, la mancanza di narrazione e di una tradizionale illuminazione interna alla scena, sono i fattori che concorrono a definire “scandalosa” la pittura di Manet.

Il dipinto si fa immediato, non c’è gerarchia tra gli elementi; assale lo spettatore. Il pittore francese raffigura un mondo sospeso, “inesistente”, eppure è così realistica quell’immagine dipinta…

Édouard Manet, Il pifferaio, 1866 mostra milano palazzo reale 2017
Édouard Manet, Il pifferaio, 1866
Parigi, Musée d’Orsay

«La pittura è nuda e sovrana nella tela», Michel Foucault. Manet sancisce la fine del potere illusionistico della rappresentazione, in altre parole dell’effetto tridimensionale dell’opera d’arte. È colui che non si presta più a dissimulare, bensì a mostrare il medium pittorico. La pittura di Manet si mostra per quello che è: afferma la piattezza, ossia la bidimensionalità del supporto pittorico, svelando l’opera in quanto “mero” artefatto. Si avvia, così, quel processo di manifestazione delle qualità tecnico-formali dell’opera d’arte che caratterizzerà le successive avanguardie artistiche.

«Non si tratta più di un mondo che dispiega la propria luce all’interno del quadro, ma è il quadro a essere nella luce del mondo» (Michel Foucault).

Édouard Manet, Il balcone, 1868-1869, mostra milano 2017 palazzo reale
Édouard Manet, Il balcone, 1868-1869
Parigi, Musée d’Orsay

L’introspezione prevale sull’azione. La pittura riflette la psicologia dei personaggi dipinti, dominando sulla narrazione della scena come ne Il Balcone. Il capolavoro dell’artista francese fu oggetto di aspre critiche per l’assenza di comunicazione tra i personaggi raffigurati, per la mancanza di una storia nella scena rappresentata. Attraverso la raffigurazione di tre mondi a se stanti, Manet porta sulla tela l’istante sospeso nel quale ogni personaggio appare isolato nel proprio mondo interiore.

L’ispanismo. L’arte spagnola ebbe una grande influenza su Manet. Testimoniata dalle stesse parole del pittore usate per descrivere l’incontro con la grande arte di Velázquez: «Velázquez […] da solo vale il viaggio; È il pittore dei pittori: non mi ha sorpreso, mi ha estasiato». Allo stesso modo Goya. Il fascino per il realismo dei pittori spagnoli, per il particolare impiego del chiaroscuro e per la dignità riconosciuta ai miserabili facevano della Spagna la terra dove trovare respiro dall’onnipotente accademismo francese. L’ispanismo emerge delle vesti della ballerina Lola di Valencia (1862), dai tratti del volto di Angelina (1865) e ne Il pifferaio (1866), quest’ultimo rifiutato al Salon dello stesso anno per la radicalità del trattamento pittorico e dell’effetto provocatorio della mancanza di ambientazione e di prospettiva.

Édouard Manet, Lola de Valence, 1862 mostra milano palazzo reale 2017
Édouard Manet, Lola de Valence, 1862
Parigi, Musée d’Orsay

Le figure femminili animano l’ultima parte della mostra. La “parigina” diventa il soggetto prediletto dei fautori della nouvelle peinture. Le donne che vanno all’Opéra, ai concerti e ai balli in maschera, sono le donne moderne che vivono e incarnano il fermento e l’evoluzione della capitale francese. La disarmonia del nuovo mondo emerge dal contrasto tra le donne in vesti bianche che mostrano le loro origini borghesi – nate nel lusso e nell’opulenza – e le donne umili della strada e dei caffè, come la Cameriera della Birreria.

E ancora le donne nei contesti più domestici, raffigurate in momenti intimi, come ne Il Bagno (1873-1874) di Alfred Stevens e ne La Lettura (1865-1873) di Édouard Manet, la splendida tela nella quale l’artista ritrae, con una intensità pittorica pari a quella psicologica, la moglie Suzanne Leenhoff. Una su tutte: Berthe Morisot. La complicità che ebbe con quest’ultima donna è testimoniata da una decina di dipinti realizzati tra il 1868 e il 1874 nei quali Manet cercò di restituire la malinconia dello sguardo di quella modella dotata a suo parere di un «fascino singolare e astratto».

Édouard Manet, La lettura, 1865-1873, mostra palazzo reale milano 2017 manet
Édouard Manet, La lettura, 1865-1873
Parigi, Musée d’Orsay
Alfred Stevens, Particolare de Il bagno mostra palazzo reale milano manet 2017
Alfred Stevens, Particolare de Il bagno, 1873-1874
Musée d’Orsay
Edgar Degas, Il foyer della danza al teatro dell'Opéra, Mostra Palazzo Reale Milano Manet 2017
Edgar Degas, Il foyer della danza al teatro dell’Opéra, 1872
Parigi, Musée d’Orsay
Paul Gauguin, La Senna al ponte Iéna. Tempo nevoso, mostra palazzo reale milano manet 2017 parigi moderna
Paul Gauguin, La Senna al ponte Iéna. Tempo nevoso, 1875
Parigi, Musée d’Orsay
Édouard Manet, La fuga di Rochefort, Mostra palazzo reale milano 2017 manet parigi moderna
Édouard Manet, La fuga di Rochefort, 1881 (ca.) Parigi, Musée d’Orsay
Henri Fantin-Latour, Vaso di fiori, mostra Manet Parigi moderna palazzo reale milano 2017
Henri Fantin-Latour, Vaso di fiori, 1873 Parigi, Musée d’Orsay
Auguste Renoir, Madame Darras, Mostra Palazzo reale Milano Manet Parigi Moderna 2017
Auguste Renoir, Madame Darras, 1868 (ca.) Parigi, Musée d’Orsay
Victor Navlet, La scalinata dell'Opera di Parigi, Mostra Manet Parigi Moderna Palazzo Reale 2017 Milano
Victor Navlet, La scalinata dell’Opera di Parigi, 1880 (ca.)
Édouard Manet, Stéphane Mallarmé, mostra milano palazzo reale 2017
Édouard Manet, Stéphane Mallarmé, 1876
Parigi, Musée d’Orsay

Informazioni utili

MANET E LA PARIGI MODERNA

8 marzo – 2 luglio 2017

Palazzo Reale
Piazza Duomo 12

A cura di: Guy Cogeval, Caroline Mathieu, Isolde Pludermacher;
Catalogo: Skira;

Orari: martedì, mercoledì, venerdì, domenica dalle 9.30 alle 19.30
giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30
lunedì dalle 14.30 alle 19.30

Biglietti: 12 € intero, 10 € ridotto;

Prevendite: 02-92800375
www.vivaticket.it

www.palazzorealemilano.it
www.manetmilano.it

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  • Mostra più che modesta con un pugno di quadri imperdibili.
    Non esiste un progetto scientifico che davvero metta in luce il complesso milieu culturale del tempo e del luogo (difficilissimi, per la verità, da rendere in un’unica occasione), né, tantomeno, la grandezza di Manet che deve essere rivisto in Francia per avere giustizia.
    A fronte di pochissime ottime tele (due straordinarie) ci hanno rifilato una serie nutrita di evidenti “scartini” che non troverebbero luogo neppure nei magazzini dei musei francesi (dove probabilmente erano ben sepolti sino a qualche settimana fa: perfino l’unico Cézanne – e ho detto tutto – è “brutto”; è probabile che sia stato lì infilato per fare audience).
    Cogeval, che ha aiutato in Italia la produzione di mostre superbe (soprattutto con il MART) qui ci tratta da servi della gleba ai margini dell’Impero a cui ammannire i frustuli dell’astuto (ma sin troppo esaltato) Ottocento francese, sapendo bene che compiacenti funzionari li avrebbero presi per fare cassetta.
    E ha ragione, ammesso che Cogeval sappia quel che accade a Milano: le sale sono piene in un qualunque martedi di marzo, i biglietti si staccano, il pubblico fa addirittura la coda nel bookshop per accaparrarsi l’inutile catalogo e il piatto merchandising.
    Siamo quel che ci meritiamo o impareremo mai da questi errori?
    Il problema è che queste mostre poco interessanti e per nulla didattiche (e non si dica altro) costano molti soldi all’Ente pubblico.
    Non voglio credere, mi rifiuto di credere che basti solo e solamente “rientrare delle spese” per poter affermare di fare cultura.
    Impedirò a mio figlio di andare a vederla.

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