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Istanbul was Costantinopoli… Riflessioni al vetriolo di Lucien de Rubempré

ISTANBUL

Una preghiera, per favore, qualcuno fermi il circo impazzito delle varie ed avariate Biennali condotte dalla solita partita di giro di domatori! Ultima, in ordine di apparizione, quella di Istanbul diretta da Carolyn Christov-Bakargiev, d’ora in avanti CCB, un po’ come CCCP, il “glorioso” acronimo Russo.

Carolyn Christov-Bakargiev-biennale-Istanbul

Inclinazioni politiche a parte, nessuno è perfetto, il comun denominatore di questi circensi è la mito-megalomania. Sì, perché la mutazione antropologica del critico-mediatore in critico militante e militare, evolutosi in critico artista per poi farsi manager, curatore, impresario, ora tracima nel sociologo/filosofo, con la pretesa di spiegarci il mondo.

Risultato:  due palle, valanghe di testi, schede, convegni e bla bla bla… e le “opere”? A far da ancelle al guru di turno. Molto bene, c’avimmo a rassignà signurì!

Però, però, in questo caso specifico una puntualizzazione ci sta.
Son Diego, mi spiego.
Mi parrebbe giusto rammentare, con i tempacci che corrono, che Istanbul was Costantinopoli. Vale a dire capitale dell’impero Romano d’Oriente, fondata appunto da Costantino, quello dell’Editto, tanto per intenderci.

Ora di tutta quella roba lì non è rimasto più nulla, cancellato nelle vestigia, resettato nella memoria. Non avendo purtroppo sotto mano un altro beato Marco d’Aviano, il Cappuccino salvatore di Vienna e dell’occidente cristiano dall’assalto delli Turchi, ci affidiamo all’ironia di Renato Carosone.

Cristiani Saluti

L.d.R

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