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Una inedita Madonna in trono con Bambino

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Collezione privata
Altezza: 92 cm
Larghezza:  40 cm
Profondità:  30 cm

La Madonna in trono con Bambino in collezione privata appartiene a una fortunata iconografia, quella delle Sedes Sapientiae (Seggio della Sapienza), che ha avuto notevole fortuna, pur con svariate declinazioni, in tutti gli stati dell’odierna Europa, per numerosi secoli, trovando, in particolare, una notevole diffusione nei primi secoli del secondo millennio.

La rappresentazione si compone di due sculture assemblate: la Madonna e il Bambino. Tuttavia l’impatto visivo è di un unicum  molto compatto da cui si svincola solo il braccio destro benedicente del Bambino.

La Madonna è assisa in posizione frontale su un trono privo di schienale. Il Bambino Gesù siede sulla sua gamba destra con una angolatura di circa 45 gradi rispetto alla frontalità della Madre.

Il braccio destro della Madonna scorre sul suo fianco per sorreggere il Bambino, mentre il sinistro, sempre adiacente al corpo, culmina con la mano che, con quella sinistra del Bambino, tiene un uccellino. Tale scelta iconografica simboleggia la Passione di Cristo ed è un espediente frequente nelle rappresentazioni delle Madonne in trono coeve.

La mano destra del Bambino è alzata nell’atto di benedire.

Entrambe le figure guardano avanti, ma non frontalmente: mentre la Madonna piega lo sguardo verso destra, il Bambino per la posizione decentrata e angolata, guarda verso sinistra.Passando alla parte inferiore della scultura si notano fuoriuscire da sotto il manto della Vergine i due calzari, il destro più avanzato in quanto sulla gamba destra siede il Bambino. I colori: la Madonna veste un manto azzurro, con l’interno verde, tenuto da un bottone centrale abbastanza alto, appena sotto il collo. Sul manto si distinguono delle stelle color oro. Sotto il manto azzurro la tunica è rossa come quella del Bambino.

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La cromia è ben conservata: solo in alcuni punti le pellicole pittoriche e gli strati sottostanti si sono consumati lasciando il supporto ligneo a vista. Anche lo stato di conservazione della scultura è molto buono. Si riscontrano solamente sporadiche abrasioni per insetti xilofagi sul retro del trono su ambo i lati. Per i critici d’arte medievale italiana gli anni di passaggio dal XIII al XIV secolo sono sempre stati un terreno di ricerca di grande interesse.

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Sono gli anni di Giotto, gli anni in cui l’arte cerca, come mai prima, di rappresentare il vero, le emozioni, nasce la fisiognomica, la rappresentazione della natura così come ci si palesa davanti agli occhi, la ricerca del dettaglio e dei particolari. Siena, come molte città toscane, vive questo passaggio da protagonista. Il succedersi, tra le maestranze della Fabbrica del Duomo, di scultori innovativi ne fa un ambiente artistico in continuo fermento e ricco di stili talvolta molto diversi tra loro.

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Indubbiamente lo scultore che più di ogni altro si smarca dal suo contesto, rappresentato dall’entourage di suo padre Nicola, per proporre una concezione artistica totalmente nuova è Giovanni Pisano.

Nel 1265 Nicola Pisano si obbliga alla realizzazione del Pulpito del Duomo senese coadiuvato da una serie di aiutanti tra cui suo figlio Giovanni e Camaino di Crescentino, papà del celebre scultore Tino di Camaino.

Verso il 1287 suo figlio Giovanni viene indicato quale capomastro del cantiere della Cattedrale e nell’ultimo decennio del Duecento esprimerà tutto il suo dinamismo avveniristico. Una convincente testimonianza di questa tensione la si trova nelle statue della facciata del Duomo.

Agli albori del XIV secolo tuttavia il movimentato linguaggio di Giovanni non sembra trovare adepti ma piuttosto seguire un’iperbolica orbita solitaria, mentre ritrova vigore, tra gli artisti del cantiere del primo Trecento, il pathos più classicheggiante di suo padre Nicola.

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Si profila quindi nel primo decennio del Trecento senese una ripresa di toni pacati, di plastiche tornite e turgide, di figure incapsulate in spazi ordinati. Si riscontra, in altre parole, una fioritura di uno stile, che ricorda quello di Nicola e dei suoi collaboratori, che sembrava ormai superato dalla bruciante stagione di Giovanni Pisano.

Gli artefici di tale fioritura sono diversi e non sempre assimilabili tra loro. La scultura di collezione privata che ho il privilegio di presentare qui credo possa essere un utile tassello per arricchire proprio il corpus di opere gravitanti in quest’area. In questo contesto artistico, tra i vari scultori che si evidenziano per la qualità delle loro opere, troviamo Marco Romano e Gano di Fazio.

Al crepuscolo del Duecento, Marco Romano, artista itinerante la cui conoscenza dobbiamo agli illuminanti studi di Giovanni Previtali, propone uno stile scultoreo che nulla condivide con quello di Giovanni Pisano che pur in quegli stessi anni si trova a Siena.

Le opere di Marco Romano evocano piuttosto stilemi francesi, quali quelli nelle grandi cattedrali di Francia di metà secolo, come quella di Bourges e la Sainte Chapelle a Parigi. Precursore italiano del gotico transalpino cercherà una interpretazione in chiave gotica del classicismo duecentesco. Un altro grande artista che si mosse, qualche anno dopo Marco Romano, in questo solco antigiovanneo fu Gano di Fazio.

Malgrado non si abbiano molte notizie certe della sua vita artistica, lo stile e la qualità delle opere avvicinate alla sua orbita ne fanno una figura emblematica per capire la scultura di questo contesto storico culturale. Vediamone in breve l’excursus artistico che la critica, più o meno unanimemente, gli riconosce. La sua attività certa inizia, e finisce in quanto è l’unica firmata, con la Tomba di Tommaso d’Andrea a Casole d’Elsa del 1303/5.

Mentre il sepolcro di Gregorio X nel Duomo di Arezzo si suole ascrivere a uno scultore prossimo a Gano, alla sua mano si conduce il Monumento Funebre di Ranieri degli Ubertini in San Domenico sempre nella città aretina.

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A Gano vengono anche ricondotte le storie del Beato Gioacchino Piccolomini ubicate oggi nella Pinacoteca di Siena databili nei primi anni del secondo decennio. Recentemente Luca Mor ha collocato in questo contesto, ma non direttamente a Gano di Fazio, una bella Madonna stante in collezione Gaggioli, Bologna.

Nell’ultima attività di questo artista si è soliti annoverare la tomba di Santa Margherita da Cortona e la Madonna con Bambino conservata al Museo di Cortona. In queste ultime opere, un percettibile movimento delle figure e dei panneggi, una maggior emotività e un accennato dinamismo segnano un avvicinamento verso le torsioni che Giovanni, circa mezzo secolo prima, aveva dato alle figure della facciata dal Duomo.

Un’opera che pure partecipa a questo avvicinamento ai modi di Giovanni Pisano, pur senza mai raggiungerne gli esiti, è la Madonna Annunciata del Convento delle Cappuccine a Colle Val d’Elsa attribuibile a uno scultore prossimo a Gano di Fazio ma non alla sua mano. La scultura in collezione privata che viene qui presentata palesa diverse analogie con la suddetta Annunciata.

Annunciata del Convento delle Cappuccine di Colle Val d’Elsa
Annunciata del Convento delle Cappuccine di Colle Val d’Elsa

Non solo entrambe le opere sono intagliate in un tronco pieno, privo di torsioni o dinamismo, ma è soprattutto la comparazione tra i due volti a impressionare. Presentano la stessa plasticità tornita e levigata, le proporzioni dell’ovale sono uguali, lo sguardo ha l’identica espressione dolce e malinconica. Una stessa pacatezza avvolge le due Madonne.

Una analoga espressione la troviamo in alcune Maestà di Duccio come in quella per l’Altare Maggiore del Duomo di Siena (1308 – 11). In particolare nella Maestà di Duccio anche la postura e la capigliatura del Bambino sono simili a quelli della Madonna in collezione privata. Entrambi i volti presentano poi una impercettibile torsione verso destra che da un certo senso di spaesamento.

Duccio da Boninsegna, particolare della Maestà del Museo dell’Opera del Duomo, Siena
Duccio da Boninsegna, particolare della Maestà del Museo dell’Opera del Duomo, Siena

Anche il panneggio a pieghe spezzate è simile pur con le differenze che vedremo più avanti, nonché simili sono pure le rigide pieghe tubolari nella parte inferiore della veste. Ancora: le grandi mani un po’ rozze e il girocollo alto della veste affratellano le nostre due sculture consentendo, in un giudizio riassuntivo di quanto esposto, di porle tra le opere riconducibili a scultori vicini a  Gano di Fazio.

Vediamo ora invece di cogliere anche alcune differenze tra le nostre due Madonne. Prima di tutto la Madonna in collezione privata dà l’impressione di essere più compatta, più statuaria. Non è solo la posizione assisa a suscitare questa impressione, ma anche il panneggio meno profondo, più pieno, più trattenuto.

D’altra parte le due brusche pieghe che caratterizzano il manto frontale dell’Annunciata sono quasi un richiamo a certi stilemi spaziali giovannei del tutto estranei alla Madonna di collezione privata. In altre parole quest’ultima, nella sua solida pienezza, che poco concede a preziosismi volumetrici sembra ignorare totalmente le violente contorsioni e giochi d’ombra di Giovanni Pisano.

In conclusione la Madonna in trono con Bambino in collezione privata è opera di uno scultore senese a cavallo tra il primo e il secondo decennio del Trecento.

L’artista in questione si muove nel solco tracciato da Gano di Fazio e si avvicina allo scultore dell’Annunciata del Convento delle Cappuccine con cui condivide uno stile espressivo. Tuttavia la plastica più tornita e meno movimentata nella scultura esaminata  non rendono possibile un accorpamento delle due opere sotto un’unica attribuzione.

Bibliografia:

 

A. Bagnoli, R. Bartalini 1987 (a cura di) “Scultura Dipinta. Maestri di legname e pittori a Siena 1250 – 1450”. Catalogo della mostra, Siena. Pinacoteca Nazionale, 16 luglio – 31 dicembre 1987

 

S. Colucci 2003 “Gano di Fazio in Duccio Alle origini della pittura senese”, Catalogo della mostra, Siena Santa Maria della Scala, Museo dell’Opera del Duomo, 3 ottobre 2003 – 11 gennaio 2004, pp. 486 – 491.

 

R. Bartalini 2005 “La Madonna del Convento delle Cappuccine e le reazioni senesi alla scultura di Giovanni Pisano”, in Scultura gotica in Toscana, Maestri, Monumenti, cantieri del Due e Trecento, pp. 67 -87

 

A. Bagnoli 2010 in “Marco Romano e il contesto artistico senese tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento”, catalogo della mostra (Casole d’Elsa, Museo Archeologico e della Collegiata , 27 marzo – 3 ottobre 2010) pp. 226 – 229, N 20.

 

L. Mor 2011 “Scultore senese” n. 3 in Antiqua Res Secoli XIII – XVI, Galleria Fornaro Gaggioli, Catalogo della mostra 8 – 30 ottobre 2011, pp. 8 – 15.

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