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To the Digital Observer. Il cinema giapponese contemporaneo attraverso il monitor

giacomo calorio the digital observer The Call - Non rispondere (2003, Takashi Miike)
giacomo calorio the digital observer
The Call – Non rispondere (2003, Takashi Miike)

To the Digital Observer. Il cinema giapponese contemporaneo attraverso il monitor, il libreria il volume di Giacomo Calorio

È uscito per Mimesis edizioni To the Digital Observer, un volume sul cinema giapponese contemporaneo che fa ordine su alcuni fenomeni che hanno caratterizzato la cinematografia del Sol Levante nell’era digitale. L’autore, Giacomo Calorio, parte da una domanda: «esiste uno specifico del cinema giapponese in epoca digitale?». La sua riflessione prende il via (anche) da un famoso studio di Nöel Burch: To the Distant Observer: Form and Meaning in the Japanese Cinema.

Il cinema contemporaneo giapponese è particolarmente polimorfico, inafferrabile, con una produzione annua molto alta e variegata. Ma non è sempre stato così. To the Digital Observer parla del presente del cinema giapponese: è trascorso oltre un ventennio dalla nascita della “New Wave” (o “quarta età dell’oro”), nel corso degli anni ’90 una serie di registi e produttori di fronte a una situazione produttiva di grande crisi riuscì nell’impresa di far riemergere una cinematografia un tempo oggetto di grande prestigio internazionale (Kurosawa, Ozu, Mizoguchi, Ōshima, Imamura). Gli anni ’70 e ’80 per il cinema giapponese si sono rivelati difatti anni difficili.

Anche questa “New Wave” anni ’90 ha comunque avuto poca durata e possiamo considerarla oggi terminata da diverso tempo, ha avuto però il grande merito di traghettare attraverso il 2000 il cinema giapponese come un cinema nuovamente “importante”. Si comincia con Hana-bi di Takeshi Kitano, Leone d’Oro a Venezia nel 1997 e si arriva al 2001, quello considerato come l’anno d’oro di questa nuova ondata di interesse cinephile tutta nipponica. In questo fenomeno si mischiano in maniera incredibilmente efficace l’alto e il basso, in Europa assieme a Leoni e Palme d’Oro arrivano le onde rivoluzionarie dei manga e del J-Horror.

Tutto ciò in un periodo di rivoluzione tecnologica, quella digitale. Giacomo Calorio si chiede quindi quale e di quale portata è stato il ruolo delle tecnologie digitali in questo processo di rinnovamento. In che modo queste hanno cambiato il volto e la collocazione del cinema giapponese nell’immaginario occidentale? To the Digital Observer va così a indagare il ruolo svolto dalla rivoluzione digitale nella nascita di una nuova immagine del cinema giapponese, partendo dalla considerazione che tra i due fenomeni esiste quantomeno un rapporto di sincronia. Gli effetti del digitale sulla produzione, sulla circolazione e sulla fruizione del film – oltre che su diversi temi ricorrenti – si sono manifestati proprio in concomitanza con l’ascesa della New Wave giapponese.

giacomo calorio the digital observer
The Ring (1998, Hideo Nakata)
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Kairo (Pulse. 2001, Kiyoshi Kurosawa)

Il libro si divide in 5 capitoli che, dalle premesse sul contesto e sugli intenti di questa analisi, dipana alcuni fenomeni recenti della produzione cinematografica del Sol Levante, ponendo in stretto rapporto l’impatto che la tecnologia ha avuto sul modo di produrre film (il basso costo di certune produzioni e le nuove soluzioni tecniche sul processo di ripresa e montaggio) e di fruirne.

L’home video, con la diffusione capillare di VHS e DVD, è stato un fenomeno talmente pervasivo da subire addirittura un travaso che ha portato la fruizione della pellicola a diventare oggetto di rappresentazione della pellicola stessa, con la saga di The Ring (1998) di Hideo Nakata, ovviamente, ma anche nell’opera di Kiyoshi Kurosawa, fino a esiti estremi, radicali e magistrali come Kairo (2001) per esempio (che passa già dalla pervasività del supporto fisico a quella – incontenibile – della virtualità). Tutte uscite su cui Hollywood ha prontamente allungato le mani portando in sala diversi remake e portando a sé i registi nipponici (operazione, quest’ultima, avvenuta con scarso successo).
Non esente l’animazione, Serial Experiments Lain che nel 1998 rifletteva sul confine tra reale e virtuale.

To the Digital Observer non attribuisce allo sviluppo tecnologico il merito della rinascita del cinema giapponese, ma sottolinea come questa rinnovata visibilità sia in qualche modo debitrice anche con la facilità di reperibilità e di circuitazione dei supporti e con la nascita di nuovi luoghi di confronto per cinefili e appassionati, virtuali e non (web, forum, blog e festival). Il fruitore del cinema giapponese non è più distante, come quello di Burch.

Il libro è ricco di spunti e riflessioni sui meccanismi che caratterizzano una cinematografia nazionale complessa (negli ultimi decenni a tratti ipertrofica) e peculiare (con particolarità uniche nel panorama mondiale) come quella del Giappone, rivelandosi – se non una guida vera e propria – una mappa estremamente funzionale nel far chiarezza su diverse dinamiche tra cultura e tecnologia.

«Come ci appare il cinema giapponese oggi? Dipende da dove lo si guarda».

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To the Digital Observer. Il cinema giapponese contemporaneo attraverso il monitor. Tra i nuovi osservatori digitali del cinema giapponese, rilocato su una moltitudine di schermi, troviamo non solo cinefili a caccia di cult movies, ma anche folte schiere di “cosmopoliti pop” attratti da un’immagine diversamente giapponese. Nelle loro pratiche virtuali, sia gli uni che gli altri contribuiscono a portare in superficie e a riplasmare questa immagine: diffondendola e sollecitando nuovi tipi di performance culturale, ma anche disperdendone la “fragranza” e occultando tutto ciò che vi si cela dietro.

 

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