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Anna Karina è morta. Storia dell’attrice dallo sguardo in camera più intenso di sempre

Anna Karina in Pierrot Le Fou, 1965

Dalle iniziali apparizioni in pubblicità al primo ruolo importante nel godardiano Le Petit Soldat, passando per il telefilm-musical Anna a fianco di Gainsbourg e i film da lei stessa diretta. Tutta la storia di Anna Karina, volto iconico della Nouvelle Vague, scomparsa il 14 dicembre 2019 all’età di 79 anni.

Un volto armonioso incorniciato da una frangetta perfettamente sixties, un francese sporcato da una vaga cadenza scandinava, una maniera di muoversi tutta sua, al contempo irresistibilmente sensuale e goffamente infantile. Ma sopratutto, due occhi straordinariamente grandi di un blu sconfinato che, fissi sull’obiettivo di una macchina da presa, parlano da sé: commuovono, incantano e fanno paura. Anna Karina, l’attrice-simbolo della Nouvelle Vague, è scomparsa sabato 14 dicembre, all’età di 79 anni. Da tempo malata di cancro, la musa godardiana si è spenta a Parigi, città che l’ha accolta a soli 17 anni, consacrandola presto al successo cinematografico, e in cui ha poi trascorso il resto della sua vita. Anna Karina è ancora oggi un’icona intramontabile di bellezza, classe, bravura; i film che l’hanno vista splendere negli anni ’60 e ’70 l’hanno resa immortale nel cuore dei cinefili di tutto il mondo.

Nel video di ARTE France, alcuni estratti dai film più significativi ripercorrono la carriera di Anna Karina in 10 pillole. 

Anna Karina in Pierrot Le Fou, 1965

Non solo attrice. Nata Hanna Karin Blarke Bayer (Solbjerg, 1940 – Parigi, 2019), Anna Karina è stata anche sceneggiatrice, regista, compositrice, scrittrice e produttrice cinematografica. Nata e cresciuta in Danimarca, a 17 anni si trasferisce a Parigi trovando lavoro come modella e attrice in alcuni spot pubblicitari: è Coco Chanel a suggerirle di semplificare il suo nome in Anna Karina. Presto notata da Jean-Luc Godard, ai tempi semplice critico per i Cahiers du cinéma, trova il suo primo ruolo significativo in Véronica Dreyer di Le Petit Soldat, film che sancisce l’inizio di un legame professionale e personale con il regista: i due cavalcheranno la cresta della Nouvelle Vague girando insieme altri sette film, e rimanendo sposati fino al 1968. Con l’interpretazione di Angela in Une femme est une femme, primo film a colori di Godard concepito e girato quale un documentario su Anna, la musa danese viene nominata miglior attrice al Festival di Berlino, premio che stabilisce definitivamente il suo dominio sulla scena cinematografica francese e non.

Anna Karina in Vivre sa vie, 1962

Tuttavia, se Anna Karina è ricordata principalmente per i film-manifesto del movimento, da Bande à part a Vivre sa vie, passando per Pierrot Le Fou, l’attrice danese non si è limitata al cinema godardiano: tra i suoi ruoli più significativi c’è quello di Suzanne in Suzanne Simonin, la Religieuse de Diderot di Jacques Rivette, che la vede nei panni di una giovane donna costretta a prendere i voti, o quello di Marie Cardona, compagna di Marcello Mastroianni in Lo Straniero di Luchino Visconti, o ancora, in veste di Irene Cartis, amante di un uomo benestante in Roulette Cinese di Rainer Werner Fassbinder. Anna, telefilm-musical di Pierre Koralnik, ne svela invece anche il talento musicale con una straordinaria colonna sonora firmata Serge Gainsbourg. Eppure, è pur sempre con le interpretazioni nei film del padre della Nouvelle Vague che Anna Karina ha segnato per sempre la storia del cinema: per la bravura con cui ha saputo assecondare le inconsuete tecniche del regista nella direzione degli attori, accogliendo e mettendo a frutto innovazioni e sperimentazioni. Per la capacità di calzare a pennello ruoli tanto originali quanto drammatici, rispecchiando a pieno lo spirito di una generazione nuova, inquieta e disinvolta, in netta contrapposizione con la tendenza moralizzante di un cinema francese tradizionale. E poi, per quello sguardo doloroso: come cieli tersi da cui cade la pioggia, dai suoi grandi occhi fluisce tutta la malinconia del mondo.

Anna Karina in Bande à part, 1964

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