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Dentro le viscere del Labirinto di Pomodoro, alla scoperta di uno dei luoghi più affascinanti di Milano

Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi

Il Labirinto di via Solari è un frammento del labirinto
della mia vita. È un luogo tutto mio: costruirlo vuol
dire raccontare visivamente dei pezzi di me.
Il Labirinto non finisce mai: cambia con le scelte
che fai, si trasforma per fare spazio alle novità.
Così il Labirinto segue il mio percorso

Entrare nelle viscere della terra. Scandagliare il sottosuolo, perdersi. Varcare la soglia del tempo, in bilico tra linguaggi arcaici e ancestrali e fitte trame di microchip elettronici ormai obsolete. L’Ingresso nel Labirinto di Arnaldo Pomodoro, o più semplicemente il Labirinto, è più di un’installazione ambientale di circa 170 mq realizzata dall’artista nell’arco di sedici anni, dal 1995 al 2011. E’ una esperienza totalizzante, evocativa, un viaggio di esplorazione nelle metafore dell’esperienza umana. Senza via d’uscita. Asserragliati dentro (e non di fronte) una scultura del maestro, come fossimo in un film di fantascienza. Decompressione temporale, e spaziale. Pomodoro l’ha concepita come riflessione e sintesi del proprio percorso di artista, collocando l’opera negli spazi sotterranei dell’ex Riva Calzoni, ora showroom Fendi, in via Solari 35 a Milano. Uno spazio che evoca mondi passati, che rimanda al tema del viaggio e del labirinto come metafora della vita e vuole essere un omaggio alla scrittura e alla comunicazione. Addentrarsi significa fare un viaggio magico e misterioso nella mente del maestro, tra rielaborazioni di sculture già note e forme ancora in divenire.

Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi

Realizzato per gli spazi della Galleria Giò Marconi di Milano, dove nel 1995 fu allestita una personale di Pomodoro, nel 1997 il Labirinto venne esposto nel Palazzo Mediceo di San Leo. L’environment è ispirato all’Epopea di Gilgamesh, primo poema epico della storia dell’umanità, inciso su undici tavolette d’argilla in caratteri cuneiformi. Scese le scale, infatti, l’ingresso. A tu per tu con la Porta dei sigilli. Un muro-soglia sul quale sono impressi segni e rilievi dal valore astratto, simbolico. Un luogo fondamentale della comunicazione e della comprensione, rappresentazione delle pulsioni umane.

Dalla superficie magmatica -in fiberglass opacizzato e trattato con foglie di rame patinate- affiorano densi i segni di una primitiva forma di scrittura, scandita verticalmente dalle spalle levigate della porta di accesso al labirinto, che ruota sul proprio cardine centrale per svelare l’interno segreto. L’ingresso presuppone anche lo svelamento di uno spazio altro, sconosciuto, celato alla vista, chiuso oltre la soglia. Non è soltanto un luogo fisico, ma anche uno spazio del sapere, antropologico.

Varcata la soglia, si materializza la Stanza della rotativa: al suo interno, il rullo gigante sta ancora tracciando sulle pareti un percorso fantastico, labirinto nel labirinto. Più avanti, il murale della memoria, scritto in un linguaggio segreto. Poi la Stanza della macina. La Porta dell’architrave ci conduce nella stanza di Cagliostro: un ammasso di detriti e escrementi ricopre il pavimento, impronte fossili disseminate dappertutto suggeriscono una vita cosmica segreta. Scritture che dialogano con le trame marine del macroscopico osso di seppia alla parete. Vicolo cieco, porta rotante, camminamenti a ritroso. Immaginazione. La storia dell’esistenza di ogni essere umano.

Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi

“Il mio Ingresso nel Labirinto è un invito nei meandri di un percorso, dove il tempo è trasformato in spazio e lo spazio a sua volta diventa tempo.Una riflessione su tutto il mio lavoro: il gesto di riappropriazione e di recupero di un’attività artistica che ha attraversato i decenni della mia vitae ne costituisce una sorta di sintesi. Perché il labirinto non può che essere percorso,nel suo stesso svelarsi motore oscuro di ogni esperienza umana che sempre si compie tra slanci e impasse, arresti e riprese: nel suo progredire verso una maturità che è ritorno all’origine e alla sua incertezza. Perché ritengo, come ha scritto Bruno Schulzche “maturare verso l’infanzia sarebbe l’autentica maturità”.

Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi

“Esiste un luogo – onirico, ineffabile – che tutti noi conosciamo, tutti sperimentiamo: è l’archetipo del labirinto, che ci rimanda all’eterna sfida del segreto della vita e che nei millenni si è manifestato nel mito e nelle arti.”

Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi
Labirinto di Pomodoro a Milano. Foto di Dario Tettamanzi

 

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