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L’idea, il segno, il colore. Van Dyck e la nascita della ritrattistica moderna, a Monaco

Antoon van Dyck, Autoritratto, 1615. © Gemäldegalerie der Akademie der bildenden Künste, Wien Antoon van Dyck, Autoritratto, 1615. © Gemäldegalerie der Akademie der bildenden Künste, Wien
Antoon van Dyck, Autoritratto, 1615. © Gemäldegalerie der Akademie der bildenden Künste, Wien
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Oltre cento opere, metà delle quali in prestito da musei europei e nordamericani, raccontano la parabola di Antoon van Dyck, uno dei più importanti esponenti dell’arte olandese del Seicento, apprezzato da regnanti e nobili di tutto il Continente. Alla Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, fino al 2 febbraio 2020.

Monaco di Baviera. Affascinato dalla scuola veneta, ammiratore di Tiziano ma già allievo di Rubens, Antoon van Dyck (1599-1641) fu uno degli iniziatori della pittura moderna che guardava alla società, perché pur nato nelle cattoliche Fiandre ed egli stesso profondamente religioso, respirò comunque il clima della riforma che spirava dalla vicina Olanda, che favorì anche in campo artistico un deciso rinnovamento, sia sul piano dello stile sia su quello dei contenuti.

Van Dyck nacque nella vivace Anversa al chiudersi del Cinquecento, al momento giusto per respirare l’aria di fermento culturale che tirava nelle Fiandre, complice l’influenza dalla vicina Olanda della Riforma Luterana. Una certa libertà civile arrivò anche nei cattolicissimi domini spagnoli del Belgio, se è vero che ad Anversa lavorava l’editore Balthasar Moretus, amico di Rubens e continuatore della celebre Officina Plantiniana, che stampava anche i testi di Lipsius. Lo stesso Rubens vi abitava e lavorava, e il giovane van Dyck, dopo un apprendistato presso Hendrick van Balen, divenne suo allievo e collaboratore a partire dal 1617. Rubens aveva portato nelle Fiandre il soffio vitale della pittura italiana cinquecentesca, che sarà di fondamentale importanza per lo sviluppo della moderna pittura europea. Al Nord, dove il clima politico del Seicento era più favorevole agli artisti, poté così muovere i primi passi una pittura legata alla dimensione civile della realtà, di cui Van Dyck fu uno degli iniziatori.

Antoon van Dyck, Ritratto di Theodoor Rombouts, 1631-32. © Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek, München
Antoon van Dyck, Ritratto di Theodoor Rombouts, 1631-32. © Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek, München

Dall’illustre maestro riprese la raffinatezza del segno e un certo gusto tardo barocco, e l’influenza la si nota in particolare nelle opere a tema religioso o mitologico, quelle dove il respiro è necessariamente più grandioso e celebrativo; pur relativamente aperte e tolleranti, le Fiandre ricadevano comunque sotto il dominio della Spagna controriformista, e certi pegni andavano pagati. Pur rifacendosi a Rubens, van Dyck non ne imita il plasticismo scultoreo dei corpi di sapore michelangiolesco o le espressioni grottesche e teatrali dei volti; come ben spiega il raffronto dell’episodio del Sileno ubriaco, van Dyck predilige un approccio più drammatico e sofferente, dove l’aspetto bacchico viene meno ed emerge la dimensione dell’eccesso e del peccato esecrabile. Meticoloso anche l’approccio alla versione finale dell’opera, raggiunta soltanto dopo numerosi ripensamenti, partendo da disegni e bozzetti, per finire alla versione su tela più volte modificata. Una lotta quotidiana con l’idea, il segno e il colore, per estrapolare dalla loro combinazione un risultato che fosse il più possibile aderente a una verità psicologica e morale.

Di questo lungo lavoro di studio, la mostra rende approfondita documentazione, offrendo alla visione del pubblico numerosi disegni e bozzetti, in cui l’artista affina la prospettiva e il senso dell’armonia compositiva. In particolare, sull’esempio di Rubens, van Dyck eseguì un imponente numero di studi di teste, espressioni facciali prese dal vero o inventate in studio, che poi utilizzò nelle pitture storiche e religiose.

Sir Anthony van Dyck (Flemish, 1599 - 1641), Susanna Fourment and Her Daughter, 1621, oil on canvas, Andrew W. Mellon Collection 1937.1.48
Sir Anthony van Dyck (Flemish, 1599 – 1641), Susanna Fourment and Her Daughter, 1621, oil on canvas, Andrew W. Mellon Collection 1937.1.48

In quel primo Seicento, era ancora vivo in Europa il mito dell’Italia quale tappa obbligata per chiunque volesse dilettarsi di pittura; Caravaggio era il più ammirato, in particolare nell’Europa del Nord. Ma van Dyck scelse una direzione diversa, e quando scese in Italia, ispirato dall’esperienza di Rubens, compì il suo “pellegrinaggio” in Veneto, per studiare Tiziano e si suoi allievi. Un lungo soggiorno dal 1621 al 1627 portò la sua arte in una nuova direzione avvincente, avvicinandolo alla ritrattistica che si stava affermando fra la nobiltà e i primi embrioni della borghesia (soprattutto nordeuropea). Su questa china, van Dyck può essere considerato il maestro della ritrattistica moderna, in virtù della sua attenta osservazione della personalità; volti espressivi, aderenti al vero, il cui sentire trova metaforica corrispondenza non soltanto nell’abbigliamento, ma anche nei tessuti, nei tendaggi e nelle decorazioni dello sfondo. L’artista trasferisce sulla tela la gravità e l’autorevolezza del personaggio, non in maniera agiografica, ma sottolineandone con sapienti richiami i meriti personali, costruisce un ambiente psicologico per ognuno, muovendosi nella medesima direzione che caratterizzerà la pittura moderna nordeuropea, ovvero la pittura di genere, legata alla realtà dell’individuo e alla vita quotidiana. La sua fama di ritrattista varcò i confini olandesi, perché nel 1632 si trasferì a Londra su invito della corte, e qui consolidò la sua già luminosa carriera diventando il ritrattista della casa reale così come di molte famiglie aristocratiche. E proprio nella capitale inglese chiuse la sua esistenza, nel 1641. La sua scuola comunque illuminò l’Europa, perché, ad esempio, operò a che a Genova presso la nobiltà locale, e lasciò un buon numero di allievi e seguaci, fra i connazionali così come fra gli stessi pittori genovesi.

Ulteriore preziosità della mostra è il confronto tra van Dyck e i contemporanei, fra cui Rubens e Tiziano. Uno spaccato esauriente di pittura europea nel momento della nascita della modernità.

Antoon van Dyck, Sileno ubriaco
Antoon van Dyck, Sileno ubriaco

 

Peter Paul Rubens, Sileno ubriaco
Peter Paul Rubens, Sileno ubriaco

*Antoon van Dyck, Autoritratto (dettaglio), 1615. © Gemäldegalerie der Akademie der bildenden Künste, Wien

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