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Il battello pareva sospeso come per incanto, intervista ad Arturo Delle Donne

Arturo Delle Donne, Racconti di mare, 2018 Arturo Delle Donne, Racconti di mare, 2018
Arturo Delle Donne, The backstage in small scale, 2019
Arturo Delle Donne, The backstage in small scale, 2019

Sabato 9 novembre ha inaugurato la mostra Il battello pareva sospeso come per incanto di Arturo Delle Donne, curata da Cristina Casero e Andrea Tinterri, presso Palazzo Pigorini a Parma.

Una chiacchierata con Arturo Delle Donne tra letteratura, cinema e fotografia (truffaldina e ingannevole).

Che ruolo assume la fase di “costruzione” dell’immagine nella tua ricerca?  

Ho sempre considerato la fotografia come un processo mentale. Dal primo progetto Tribesin poi ho sempre costruito l’immagine; la realtà è qualcosa che va manipolata, tradotta, forzata. Il mio approccio è spesso teatrale o cinematografico, per esempio, negli ultimi anni, mi sto dedicando alla costruzione di piccoli set, scenografie in cui ambientare storie: private, letterarie, sportive. Ricostruisco artigianalmente, con modellini in scala, alcuni episodi biografici, come nel progetto My small – scale life, o traduco alcuni passaggi letterari o cinematografici, come nei progettiRacconti di mare e The Backstage in small scale. In questi casi lo scatto è solo l’ultima operazione di un processo costruttivo assai più complesso. A me interessa tutto quello che precede lo scatto, mi interessa individuare un territorio culturale con cui confrontarmi, mi interessa la ricerca del materiale che comporrà il modellino, mi interessa capire come riuscire a declinare una pagina di Moby Dick in una struttura tridimensionale. Insomma, la fotografia è un facile e comodo pretesto.

Arturo Delle Donne, Racconti di mare, 2018
Arturo Delle Donne, Racconti di mare, 2018

Spesso utilizzi la stessa tecnica anche in campo professionale, per servizi di moda o, ad esempio, per la collaborazione in occasione di Cortina 2021. Non c’è soluzione di continuità tra ricerca e professione? 

Negli anni ho sviluppato una poetica, un approccio al fotografico che mi interessa preservare anche in campo commerciale. Quando mi viene concessa libertà d’azione, il tentativo è quello di proporre un percorso iconografico coerente con la mia ricerca. Hai giustamente citato la collaborazione con il comitato Cortina 2021, ma in mostra sarà presente anche il progetto Arizona dream. Quest’ultimo è frutto di un lavoro per un’azienda di moda ma, insieme ai curatori, ho voluto che diventasse parte integrante della mostra perché corrispondeva perfettamente a quell’idea di costruzionedi cui abbiamo parlato poco fa. Quando lavoro per un’azienda non voglio realizzare solo lo scatto, il tentativo è sempre quello di rendere riconoscibile la mia ricerca, naturalmente rispettando ed esaltando gli obiettivi dell’azienda. In questo modo riesco a manipolare i dati a mia disposizione e la costruzione del set mi permette di creare una narrazione in cui il prodotto si trasforma in attore.

Le aziende non cercano più solo un fotografo, ma un autore, ossia una personalità definita che possa incidere in maniera riconoscibile sulla promozione dell’azienda stessa.

Arturo Delle Donne, Arizona Dream, 2019
Arturo Delle Donne, Arizona Dream, 2019

Spesso i tuoi progetti prendono forma da sollecitazioni letterarie o cinematografiche, perchée come si configura l’intreccio?

È vero, spesso la letteratura o il cinema sono l’innesco dei miei progetti. Non a caso il nome della mostraIl battello pareva sospeso come per incanto è una frase estratta dal racconto Una discesa nel Maelströmdi Edgar Allan Poe. Il già citato progettoRacconti di maresintetizza bene questo mio rapporto. È un lavoro che si concentra su alcuni classici della letteratura in cui il mare è protagonista: Il vecchio e il mare, L’ammutinamento dell’Elsinore, Freya delle Sette Isole, lo stessoUna discesa nel Maelström. Individuo una pagina del romanzo e la trasforma nel frame di un possibile film, con la stessa tecnica descritta in precedenza, quella della ricostruzione in piccola scala della scena interessata. Anche nel lavoro The Backstage in small scaleil processo è il medesimo, ma in questo l’omaggio è diretto al neorealismo italiano, in particolare a Ladri di biciclette e Roma città aperta. Questo è un progetto ancora in svolgimento, a cui aggiungerò nuove opere.

Ma anche l’approccio e le tecniche, del mio lavoro, guardano al cinema: prima di ogni progetto raccolgo molto materiale, scritti, immagini, appunti. Faccio disegni, scrivo una storia, una sorta di sceneggiatura. Sono tutte fasi indispensabili anche al cinema.

Le mie fotografie sono racconto, sono frame da mettere in fila, uno dopo l’altro, per ricostruire una narrazione più ampia, per ritornare ad essere cinema, per ritornare ad essere letteratura.

Arturo Delle Donne, CORTINA BIG CHAMPIONS TINY SCALE, 2018
Arturo Delle Donne, CORTINA BIG CHAMPIONS TINY SCALE, 2018

Nella mostra “il battello pareva sospeso come per incanto” compare anche un dittico realizzato sulla nave Diciotti della Guardia Costiera, durante il salvataggio di migranti in mare. Perchéti trovavi su quella nave e perchéhai voluto inserire quella immagini in mostra?

Mi sono imbarcato sulla nave Diciotti della Guardia Costiera italiana per realizzare le riprese dei soccorsi dei migranti in mare, per il film “Papa Francesco, un uomo di parola” di Wim Wenders. In quel periodo stavo lavorando a Racconti di mare e ho voluto fare uno strappo alla regola, ho inserito due immagini di cronaca all’interno di un progetto di finzione. Un dittico che mette a confronto la poppa e la prua della nave, per descrivere un’epopea, avventure simile a quelle raccontate da Jack London o Joseph Conrad. Volevo estrarre il grande racconto dell’emigrazione dal chiacchiericcio della cronaca, dal borbottio di una politica spesso incapace di leggere la Storia. Ho evitato di descrivere le sofferenze individuali, ho evitato di indugiare sui volti. La mia è un’operazione di sintesi, quasi simbolica. Una nave e una massa di persone che guardano al di là della prua, in attesa di un pezzo di terra.

La mostra di Parma sintetizza gli ultimi vent’anni di ricerca, 1999 – 2019. Come hai scelto, insieme ai curatori, la definizione di una poetica, di una linea di ricerca che potesse rappresentarti? 

Naturalmente bisognava fare una scelta. Abbiamo riguardato l’intera mia produzione e abbiamo cercato di individuare un tracciato riconoscibile che potesse restituire un percorso compatto e coerente. Ogni progetto esposto dimostra un costante esercizio di ricostruzione, un gesto che tende a ricomporre e, inevitabilmente, trasformare il dato di partenza.Un paesaggio, un testo letterario, un film, un evento sportivo, un salvataggio in mare, sono solo elementi utile alla rappresentazione. Tutti i progetti in mostra dimostrano l’inattendibilità del realee, inevitabilmente, della fotografia. Non bisogna fidarsi delle immagini, soprattutto quando ostentano una presunta verità.

La mostra resterà aperta fino a domenica 15 dicembre nei seguenti orari: giovedì / venerdì 14.30 – 18.30; sabato / domenica 10 – 18.30.

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