Print Friendly and PDF

Renato Zero, un po’ “wacciu wari”, fa pace con se stesso sul palco di Roma

E bravo Renato! Il tour Zero Il Folle ha ufficialmente alzato il sipario e, dopo 3 ore di concerto alla prima tappa, al Palazzo dello Sport di Roma, uno sciame di piccoli sorci se n’è uscito piuttosto soddisfatto.
Le critiche, subito dalla mattina seguente, sono a dir poco piovute, tutte al positivo – c’è chi addirittura ha parlato di un nuovo tendone alla Zerolandia (uno dei primi tour del cantante romano, ha seguito l’uscita dell’album contenente “Il Triangolo”, siamo alla fine degli anni’70).
Smorziamo un po’ i toni però. Certamente non è il Renato di “Zerowsky”, certamente l’artista s’è ricordato di quegli assi nella manica che solo lui sa sfoderare così bene durante i suoi live. Se poi di Zerolandia si vuol davvero parlare, lo si può fare, certo, ma limitandosi ai costumi: 18 cambi d’abito, uno dietro l’altro, magiche invenzioni sartoriali, sgargianti come nei passati ’70, completati da tube eccentriche e trecce alla Raperonzolo.
Ma la musica? Traendo un po’ le somme, Renato parla chiaro: le canzoni ever green, quelle che han dominato i palchi fino al live “I Figli del Sogno”, lui non le vuole più cantare. “Il Carrozzone” è stato ridotto a mezzo minuto in un medley, mentre “Madame” e “Il Triangolo” sono addirittura state interpretate dal coro – Renatone assente dalla scena. Ti capiamo, però, Renato: dopo tutto un artista che si è sempre potuto permettere di sfoderare chicche ignote da ogni album della propria carriera, può anche rinunciare a queste “perle”… Meglio così, più spazio a pezzi che non si sentivano da una vita.

Piccola curiosità, per chi c’ha fatto caso: tra questi pezzi da troppo tempo inascoltati, quelli degli anni ’90-‘00 hanno dominato incontrastati. Tre brani da quell’album eccezionale che è “Amore dopo Amore”: l’immancabile “Cercami”, la grintosa “Emergenza Noia” – con tanto di asta che in piedi proprio non ci vuole stare, e allora Renato un po’ seccato la calcia via – e “Dimmi chi dorme accanto a me”; l’inaspettata “Via dei Martiri”, ultimo brano di quel dimenticato “Tutti gli Zeri del Mondo”, che però dà la grinta e fa saltare i più appassionati; e ancora, “Si sta facendo notte” (Renato se ne va sul finale, dimenticandosi quel «mattone su mattone») e “Amico assoluto”, l’inedito tratto da “I Figli del Sogno”, il live del 2004.

Niente paura però: anche i più nostalgici (la maggior parte) hanno avuto la loro parte. Tante chicche dal passato ci ha riesumato Renato, raccogliendole in quei medley che così bene escono solo a lui. Brani di tutto rispetto come (e qui ci sarebbe davvero da elencarli tutti) “Per non essere così”, la hit “Niente trucco stasera”, la ruffiana “Artisti” («che per un applauso sono vivo così»), la dolce “Ho dato”, la ballata scritta dal grande Dario Baldan Bembo “Ed io ti seguirò”. Chiudono il quadretto anni ’70-’80 “La tua idea”, “Uomo, no!”, “Non sparare” e “Vivo” (l’incipit ce l’ha riproposto, dopo aver ammonito tra le prime file qualche maledetto che gli puntava il flash addosso). Si conquistano un cantuccio tutto per loro “Sogni di latta” (immancabile nei tour di Renato) e “Casal de Pazzi” (ritmata, talmente ritmata che Zero deve rifarla, ma che ci vogliamo fare, «la prima è sempre la prima», dice subito al suo pubblico).

La Zerofollia, quella che portava i sorcini su per la salita in bicicletta tutti dietro a seguirlo, insomma non è mancata; ma nemmeno è mancata quella Zerofollia alla Renato ormai “arrivato”, che ha propinato ai suoi fan ben 12 dei 13 brani del nuovo album. Zero Il Folle è sicuramente il miglior lavoro del poliedrico cantante da Il Dono (o forse da Presente, ad onor del vero) a questa parte… Però, Nanì, ammazza, 12?

Comunque. Benissimo “Viaggia” e “Quattro passi nel blu”, anche se la melodia è la stessa… ma un giochino simile Renato l’ha già azzardato ai tempi di “Prendimi” e “I Miei Miti” (2003); “Quanto ti amo” e “Questi anni miei” coinvolgono per i testi, profondi e sinceri; “Mai più da soli” e “La Vetrina”, beh, sono i singoli estratti dall’album, chiaramente non potevano mancare. “Che fretta c’è” è piaciuta, così come “Tutti sospesi”, due delle tracce più accattivanti dell’album, ma Renato, a cantarle sul palco, non lo si vede convinto… Il crollo è su Ufficio reclami, il masterpiece dell’ultima fatica di Zero: Renato non ci crede, la fa scivolare via senza metterci la giusta dose di grinta, peccato.
Tutto sommato però, una cosa è certa. Quello che si è visto a Roma è un Renato che sa intrattenere, che ancora ci sa fare, che stupisce e ammicca, che convince sotto tanti punti di vista e che fa innamorare ancora. Che, anche con uno stent al cuore e 69 anni sul groppone, sa “gasare” più dell’ultimo Justin Bieber.

E anche se, Renato, non l’hai fatto intonare al termine dell’ultimo brano della serata, “Il Cielo”, i tuoi sorcini te l’han dedicato comunque, quel parlato che da Icaro in avanti è parte integrante di uno dei tuoi brani più noti: “Ma che uomo sei… Se non riprendi un barattolo di vernice insieme a me e ricominciamo a dipingere questo mondo, grigio, questo mondo così stanco, dell’amore che vuoi, dell’amicizia che rincorri da sempre, ridipingiamolo di noi, di noi zerofolli, di noi zeromatti, a noi che basta un sorriso e una stretta di mano”, e a te che basta semplicemente dire “VI AMO”.

Un Renato che “stanotte faccio festa”, come nella canzone che dà il titolo all’ultimo album. Ebbene Renato Fiacchini, ci sei riuscito: la festa l’hai fatta, insieme ai tuoi sorcini, ancora una volta, perché al tuo pubblico come a te, «questa calma piatta non piace proprio per un caxxo!».

Commenta con Facebook

leave a reply

*