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“Mio caro Buddah”. Daniela Palazzoli ricorda il grande Nam June Paik, l’intima testimonianza di una feconda amicizia

In Nam June Paik. Lo sciamano del video”, cat. mostra Palazzo Reale, Milano 1994, Mazzotta, a pag.104 l'immagine di “Una piccola performance di Daniela Palazzoli e Nam June Paik in cocasione della trasmissione Publimania Milano 1988” scattata da Fabrizio Garghetti. Le scritte autografe sono state realizzate da Nam June Paik in dedica a Daniela Palazzoli. In Nam June Paik. Lo sciamano del video”, cat. mostra Palazzo Reale, Milano 1994, Mazzotta, a pag.104 l'immagine di “Una piccola performance di Daniela Palazzoli e Nam June Paik in cocasione della trasmissione Publimania Milano 1988” scattata da Fabrizio Garghetti. Le scritte autografe sono state realizzate da Nam June Paik in dedica a Daniela Palazzoli.
“Nam June Paik. Lo sciamano del video”, cat. mostra Palazzo Reale, Milano 1994, edizioni Mazzotta
“Nam June Paik. Lo sciamano del video”, cat. mostra Palazzo Reale, Milano 1994, edizioni Mazzotta

In occasione della mostra dedicata a Nam June Paik alla Tate di Londra, la celebre storica dell’arte Daniela Palazzoli racconta la feconda amicizia con il grandissimo e visionario artista americano di origine sudcoreana.

Ho conosciuto NAM JUNE PAIK negli anni Sessanta quando da tempo avevo cominciato a passare parte dei mesi estivi a New York, per insegnare, scrivere, aggiornare le mie conoscenze e novità creative e artistiche, anche grazie alla intensa collaborazione agli eventi e alle attività di FLUXUS, del suo fondatore George Maciunas e dei molti amici internazionali con cui in quel contesto era facile dialogare, sviluppare e confrontare idee e attività, e spesso dare vita a nuovi progetti operativi.

Molti di questi ricordi e amicizie inclusa quella con Paik sono rimaste vive nel corso degli anni. E così ora – in occasione della grande mostra che la TATE Gallery di Londra nell’ambito della sua organizzazione operativa assieme al San Francisco Museum of Modern Art, dedica, a partire dal 17 ottobre, all’oggi ormai celebre artista NAM JUNE PAIK (1932 – 2006) – sono andata a ripercorrere una delle più interessanti attività fra quelle svolte assieme.

Siamo a Milano, nel 1988, e Paik mi parla della sua presenza qui nell’ambito di un progetto globale di cui è partecipe per collaborare ad organizzare “la più grande trasmissione televisiva su scala mondiale creata per riunire almeno dodici nazioni in una rete di comunicazione orizzontale”, e aggiunge: «sono venuto qui per coinvolgere anche gli italiani in questo progetto, e qualcosa salterà fuori.» Mi propone anche di realizzare parte della nostra conversazione come performance sotto forma di Intervista/Dialogo. So che si tratta di un modo di procedere che gli è familiare, e quindi possiamo partire dal fatto che all’inizio della nostra conversazione mi ero rivolta a lui chiamandolo “mio caro Buddah”. Infatti è da molto che conosco ed apprezzo la sua capacità di praticare e conciliare l’Ovest con la progressiva emergenza dell’East, da cui a un certo punto è emersa anche l’apparizione di un Buddah che si integrava al mondo occidentale.

In Nam June Paik. Lo sciamano del video”, cat. mostra Palazzo Reale, Milano 1994, Mazzotta, a pag.104 l'immagine di “Una piccola performance di Daniela Palazzoli e Nam June Paik in cocasione della trasmissione Publimania Milano 1988” scattata da Fabrizio Garghetti. Le scritte autografe sono state realizzate da Nam June Paik in dedica a Daniela Palazzoli.
In Nam June Paik. Lo sciamano del video”, cat. mostra Palazzo Reale, Milano 1994, Mazzotta, a pag.104 l’immagine di “Una piccola performance di Daniela Palazzoli e Nam June Paik in cocasione della trasmissione Publimania Milano 1988” scattata da Fabrizio Garghetti. Le scritte autografe sono state realizzate da Nam June Paik in dedica a Daniela Palazzoli.

Quando gli chiesi dettagli su questa prima imprevedibile trasformazione del Buddah, Nam June Paik mi rispose subito felice di spiegarmi che, mentre stava facendo una delle sue mostre presso la galleria di Nanda Bonino a Ischia, si era accorto che una delle pareti era ancora semi vuota mentre lui non aveva idea di come riempirla. Si dà il caso che egli avesse acquistato da poco come investimento finanziario un Buddha giapponese e così, proprio mentre si chiedeva di come risolvere il problema delle opere da esporre, decise di sistemare il Buddah vicino alla telecamera e alla televisione.

«E il Buddha che guarda la televisione è diventata in breve tempo un’opera molto popolare» mi dice, aggiungendo molto soddisfatto che per di più quel “primo Buddah” è stato anche un investimento di successo: infatti quella è la prima opera che egli è riuscito a vendere a un museo: lo Stedelijk Museum di Amsterdam. Gli chiedo anche come ricorda, e spiega oggi, il suo rapporto con Fluxus che io come molti altri ha collegato col nostro straordinario e grande amico George Maciunas. Per Paik quello che ha contato è stata soprattutto “l’armonia che ha sempre regnato come l’amicizia, tra tutti gli artisti”. Diversamente dalla maggior parte di altri posti artistici, egli pensa, qui nessuno fa il capo, e tutti possono andare e venire”. E a questo egli aggiunge anche il fatto che qui “siamo assolutamente internazionali”. Ci sono artisti coreani, polacchi, americani, italiani e così via, in armonia l’uno con l’altro.

Ritornando all’idea del grande show televisivo su scala mondiale, Paik riprende a parlarmi del numero sempre maggiore di Paesi, a cui ora aggiunge anche il Kenya e il Marocco, che lui come gli altri partecipanti alla trasmissione stanno cercando di coinvolgere. Questo gli permette anche di preannunciarmi che si tratta di un ulteriore prestigioso evento, promosso da lui, legato questa volta sia al Marocco che all’Italia.

È stato lui, infatti, ad invitare personalmente Isabella Rossellini a realizzare una serata di canto a Casablanca, proprio nel locale della grande attrice nonché madre di Isabella, Ingrid Bergman e di Humphrey Bogart. Quando lo saluto, le sue ultime parole rievocano i nostri discorsi e la serata meravigliosa, ma senza dimenticare il vero obiettivo del tutto: e cioè che anche con la nostra intervista stiamo collaborando a promuovere la massima trasmissione televisiva su scala mondiale, animata da dodici nazioni sostanzialmente tutte sullo stesso livello.

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