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Commistione tra linguaggi senza tempo. Arte e fotografia si incontrano in Svizzera

Honoré Daumier Nadar élevant la Photographie à la hauteur de l’Art in “Le Boulevard”, 1862 Litografia, 222 x 272 mm Honoré Daumier Nadar élevant la Photographie à la hauteur de l’Art in “Le Boulevard”, 1862 Litografia, 222 x 272 mm

Honoré Daumier Nadar élevant la Photographie à la hauteur de l’Art in “Le Boulevard”, 1862 Litografia, 222 x 272 mm

Arte e fotografia hanno alternato momenti di contrasto ad altri di collaborazione. La Pinacoteca cantonale Giovanni Züst ne racconta la vicenda, tratteggiando i punti di vicendevole scambio. Dal 20 ottobre 2019 al 2 febbraio 2020.

Il rapporto tra arte e fotografia non è mai stato lineare. Ha vissuto, anzi, sorti alterne: momenti di connessione profonda si sono alternati a fasi di strappi netti, con improvvisi ritorni quando sembrava che ormai non si sarebbero più incontrate. Se infatti ora possiamo considerare la fotografia un’arte a tutti gli effetti, al momento della sua diffusione ottocentesca (1839) le sue caratteristiche tecniche l’hanno distanziata dal mondo della creatività. Rende perfettamente l’idea il dipinto che apre la mostra Arte e Arti. Pittura, grafica e fotografia nell’ottocento, alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Roncate (Mendrisio).

La riproduzione fedele della realtà ha portato interesse e paura nel mondo dell’arte, dando vita a un confronto probabilmente ancora aperto. Così il pittore Alessandro Guarnassoni si ritrae tra il cavalletto e la macchina fotografica, a sottolineare il rapporto controverso tra le due pratiche. A volte utilizzata come ispirazione (e base) per dipinti o sculture, la fotografia portava con sè l’opportunità e la minaccia della riproduzione tecnica dell’opera d’arte. Da qui la divisione tra mezzo tecnologico (fotografia) e creativo (pittura) che per anni ha tenuto fuori dal mondo artistico la fotografia. Anche se, come l’esposizione intende dimostrare, il vicendevole scambio tra le due dimensioni testimonia un rapporto più collaborativo che antagonistico.

Alessandro Guardassoni Autoritratto con cavalletto e macchina fotografica 1860 circa Olio su tela - 125 × 92 cm Bologna, Fondazione Gualandi a favore dei sordi
Alessandro Guardassoni, Autoritratto con cavalletto e macchina fotografica, 1860 circa
Olio su tela – 125 × 92 cm
Bologna, Fondazione Gualandi a favore dei
sordi

Basti pensare alle tecniche di stampa, spesso derivate anche dal mezzo impressivo. Proprio nel territorio di confine della grafica si trova il primo punto d’incontro tra arte e fotografia: Arras, in Francia, è il luogo dove la sperimentazione ibrida si fa più intensa. I protagonisti sono il pittore Camille Corot (1796-1875) e i colleghi e amici Constant Dutilleux, Alfred Robaut e Charles Desavary. Questi, appassionati di fotografia, furono i primi ad immortalare il pittore francese. Insieme poi svilupparono una tecnica di stampa raffinata e particolare: il clichè-verre, realizzata impressionando fotograficamente una lastra di vetro segnata con una punta di metallo a inchiostro. Gli artisti iniziano a sperimentare questa pratica ibrida, immortalando e raffigurando i dintorni della foresta di Fontainebleau, celebre luogo di ritrovo per i giovani in fuga da una Parigi devastata dal colera. Il risultato, ma soprattutto il procedimento, sta attirando ora l’interesse che, per via della sua natura ibrida, nel passato non è riuscita ad ottenere.

Da qui la rivalità dicotomica va affievolendosi, lasciando spazio ad una serie di Corrispondenze, che danno anche nome a una specifica sezione della mostra. Qui il tributo che la pittura deve alla fotografia emerge su tre linee principali, evidenziate dal confronto diretto tra disegno, fotografia e dipinto della stessa opera.
L’ispirazione: i pittori traggono soggetti e idee dalle fotografie, spesso realizzate proprio da loro. Così una fotografia scattata a un barca da Filippo Franzoni diviene la base da cui poi il pittore trarrà La vela, sfumandone i contorni lacustri e immergendola in un acqua di sogno. Allo stesso modo Luigi Monteverde combina diverse fotografie realizzando un dipinto che nasce dal reale ma lo modifica, creando l’inedita scena de Arriva il postino.

Luigi Monteverde Arriva il postino 1908 Olio su tela - 41 × 51 cm Lugano, Museo d’arte della Svizzera italiana, collezione Città di Lugano
Luigi Monteverde, Arriva il postino, 1908
Olio su tela – 41 × 51 cm
Lugano, Museo d’arte della Svizzera italiana,
collezione Città di Lugano

Emerge poi l’aspetto di studio, di ricerca, che gli artisti apportano alla fotografia trasportandola su tela. Qui in particolare è il ruolo della luce (già segnalato da alcuni dipinti di Corot) a venire analizzato a fondo: grazie al supporto della foto, il pittore è in grado di modulare il chiaroscuro e ha tutto il tempo necessario per impostare la scena con le migliori condizioni visive, senza temere che scompaiano. Così ha fatto Angelo Morbelli, i cui celebri refettori sono immersi in un’atmosfera perfettamente calibrata (Etremets. Mi ricordo quand’ero fanciulla), dove l’ombra mette in risalto la luce e le figure giacciono silenziose in un momento etereo. Con l’appoggio fotografico anche Achille Tominetti è riuscito a infondere la perfetta luminosità a opere come Pastorella e L’aratura nel mio paese, immergendole nell’abbacinante chiarore di un sole intensissimo.

Anche quando non utilizzata come supporto, la fotografia rimane utile all’artista per diffondere la propria opera. La moltiplicazione seriale del dipinto permette di raggiungere un pubblico prima inaccessibile, anche stampando le opere su libri, giornali e cartoline appositamente pensate per la diffusione.

Angelo Morbelli Entremets. Mi ricordo quand’ero fanciulla 1905 Olio su tela - 67 × 107 cm Collezione privata
Angelo Morbelli, Entremets. Mi ricordo quand’ero fanciulla, 1905
Olio su tela – 67 × 107 cm
Collezione privata

Questa pratica diviene così antesignana dell’odierna ossessione per le immagini, principale veicolo di comunicazione social. Una ripetizione senza fine che trova quindi origine proprio nella nascita della fotografia, da subito portatrice del miraggio dell’abuso che se ne sarebbe fatto. In un cortocircuito cronologico lo rappresenta alla perfezione una stampa (di Honoré Daumier) posizionata ad inizio mostra: da una mongolfiera – sulla quale campeggia la scritta “fotografia” – il fotografo Nadar fotografa una Parigi ricoperta della stessa scritta “fotografia”.

“L’immagine di un fotografo che fotografa la fotografia […] nella lito di Daumier il fotografo scatta la foto di un mondo trasformato in fotografia”

Susan Sontag, Odio sentirmi vittima, Il Saggiatore, Milano 2015, pp. 64-65

Honoré Daumier Nadar élevant la Photographie à la hauteur de l’Art in “Le Boulevard”, 1862 Litografia, 222 x 272 mm
Honoré Daumier Nadar élevant la Photographie à la hauteur de l’Art in “Le Boulevard”, 1862 Litografia, 222 x 272 mm

 

Filippo Franzoni La vela 1895 circa Olio su tela - 62 × 44,5 cm Collezione privata
Filippo Franzoni, La vela, 1895 circa
Olio su tela – 62 × 44,5 cm
Collezione privata

 

Antonio Fontanesi Frontispice de l’Album 1863 1863 Cliché-verre (à la pointe sur papier au charbon?) - 135 × 174 mm Ginevra, Musées d’art et d’histoire
Antonio Fontanesi, Frontispice de l’Album 1863
Cliché-verre (à la pointe sur papier au charbon?) – 135 × 174 mm
Ginevra, Musées d’art et d’histoire

 

Jean-Baptiste Camille Corot La Ronde gauloise 1857 Cliché verre (à la pointe) – 183 x 145 mm Capriasca, Collezione Aprica
Jean-Baptiste Camille Corot, La Ronde gauloise, 1857
Cliché verre (à la pointe) – 183 x 145 mm
Capriasca, Collezione Aprica

 

Achille Tominetti, Pastorella
Achille Tominetti, Pastorella (dettaglio9. Foto Artslife

 

Arte e Arti. Pittura, grafica e fotografia nell'ottocento
Arte e Arti. Pittura, grafica e fotografia nell’ottocento. Foto Artslife

 

Achille Tominetti, L'aratura al mio paese
Achille Tominetti, L’aratura al mio paese. Foto Artslife

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