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L’incontrollabile forza dell’assenza: Cesare Viel tra arte e ricordo, al PAC di Milano

Cesare Viel, Il giardino di mio padre. Gli oggetti sotterrati. Foto Artslife Cesare Viel, Il giardino di mio padre. Gli oggetti sotterrati. Foto Artslife
Cesare Viel, Infinita ricomposizione
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Cesare Viel trasforma il PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) di Milano in uno spazio psicologico. Arte e memoria raccontano come l’assenza sia in realtà una forma di presenza. Dal 13 ottobre all’1 dicembre.

Guardate una donna anziana nella sua piccola e spoglia casa. Insieme al freddo aleggia un pò di tristezza tra le pareti rovinate, ma non importa: lei dorme intensamente sotto le coperte calde, quelle si, del suo letto. Fuori dal buio del cielo piovono scrosci intensi sul tetto in lamiera. Migliaia di schiocchi al secondo creano un tappeto di suoni che bagna, rilassandolo, il sonno della donna. All’improvviso le nuvole cedono però la loro densità e allargano le maglie diradandosi. Silenzio. L’anziana, turbata dalla repentina interruzione, si sveglia. Non ritroverà più il sonno.

Un’assenza, a volte, può valere più di una presenza. Quanto conta quel non c’è più?

Veramente non c’è più?

Ci sono tutti al PAC di Milano. Forse non tutti, ma certamente sono tanti gli ospiti che Cesare Viel convoca per la sua mostra Più nessuno da nessuna parte. E in effetti fisicamente non ci sono che lui e i suoi collaboratori (chiamati a riattivare, nell’inaugurazione di oggi, le installazioni orfane delle performance con cui sono nate), ma lo spazio psicologico dell’assenza è affollato di compagni. Ci sono papà, mamma, gli amici andati e gli scrittori rimasti. Vita privata, vita pubblica; gli incontri, le relazioni: tutto il vissuto dell’artista partecipa a questo simposio della memoria, a cui ognuno di noi è ammesso.

Cesare Viel, Il giardino di mio padre. Gli oggetti sotterrati. Foto Artslife
Cesare Viel, Il giardino di mio padre. Gli oggetti sotterrati. Foto Artslife

Le opere – installazioni, fotografie, video, performance – intrecciano il tema dell’infanzia con quello scultoreo (Lost in Meditation), il tema letterario con quello storico (Diario contemporaneo) o il tema artistico con i meccanismi del linguaggio (Infinita ricomposizione). Un’analisi profonda e toccante, che sfrutta il potere della narrazione per immergersi nella vita e strapparne l’essenza (o almeno nel suo aspetto relazionale). L’elemento letterario non è solo ispirazione artistica (tornano spesso le figure di Virginia Woolf, Emily Dickinson, Primo Levi, Gertrude Stein) ma soluzione processuale che porta ogni opera a cibarsi di una vicenda precisa, in grado però di farsi universale.

É il caso di Aladino è stato catturato. Nel 2000, a Pescara, Viel fu costretto a variare totalmente il suo progetto espositivo a tre giorni dall’inaugurazione di una mostra a cui era stato invitato, si sentì ingabbiato dalla fretta. Obbligato a trovare una soluzione e impossibilitato a realizzarla in così poco tempo, l’artista ha reso il problema stesso il centro dell’opera. Chiuso in una gabbia di legno (oggi esposta in due esemplari al PAC) – fiabescamente comprensiva di un tappeto e una lampada – trascrisse su fogli di carta colorati i suggerimenti che un mazzo di tarocchi gli rivelava. Viel si circondò progressivamente dei possibili destini alternativi che il destino gli porse davanti. Nelle gabbie vuote, sullo sfondo della sua voce registrata che canta un’ipnotica melodia francese tratta da Jules et Jim di Truffaut, ancora prova a farlo.

Cesare Viel, Aladino è stato catturato. Foto Artslife
Cesare Viel, Aladino è stato catturato. Foto Artslife

In mostra 10 ambienti dove si celano le tracce di un’esistenza che, filtrata ed esaltata dai sentimenti che genera, si apre alla comprensione e alla condivisione di tutti. Siamo le letture che abbiamo fatto, siamo gli artisti che ci hanno sconvolto, siamo i bambini che correvano dalla nonna in campagna, siamo gli adulti non cresciuti che ancora non riescono a comunicare con il padre. Siamo la nostra memoria. Cesare Viel ci offre un’ulteriore opportunità di affrontare i ricordi, superare i traumi, vivere con i fantasmi che, a volte, possono essere amici. Lo fa con le sue opere, con la mostra curata (e accuratamente narrata nella guida fornita) da Diego Sileo e dai suoi collaboratori. Ma lo fa in particolare con una di queste: Il giardino di mio padre. Gli oggetti sotterrati. Oggi 12 ottobre, alle 18, l’artista scaverà nella grande vasca di terra adagiata nel parterre del museo alla ricerca degli oggetti perduti del padre, precedentemente sotterrati. Una performance metaforica, dove Viel andrà a recuperare i silenzi, le parole mancate, le occasioni sprecate per abbreviare la distanza col padre. Finché lui è stato in vita, Viel non ci è riuscito.

E voi?

Cesare Viel, Lost in Meditation
Cesare Viel, Lost in Meditation

 

Cesare Viel, Il giardino di mio padre. Gli oggetti sotterrati. Foto Artslife
Cesare Viel, Il giardino di mio padre. Gli oggetti sotterrati. Foto Artslife

 

Cesare Viel, Gertrude. The Making of Americans. Foto Artslife
Cesare Viel, Gertrude. The Making of Americans. Foto Artslife

 

Cesare Viel, Più nessuno da nessuna parte. Foro Artslife
Cesare Viel, Più nessuno da nessuna parte. Foro Artslife

*Cesare Viel, Infinita ricomposizione

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