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La verità dietro l’impossibile: le visioni di Giorgio de Chirico in mostra a Milano

Giorgio de Chirico, Orfeo trovatore stanco Giorgio de Chirico, Orfeo trovatore stanco

Giorgio de Chirico, Orfeo trovatore stanco

Piazze, manichini, cavalli, gladiatori: c’è proprio tutto l’universo di de Chirico nella mostra che dal 25 settembre al 19 di gennaio è a Palazzo Reale, Milano. Curata da Luca Massimo Barbero e divisa in 8 sale, l’esposizione è densa di opere selezionatissime e si muove per accostamenti inediti, seguendo così l’impronta metafisica e stimolando la riflessione.

Nelle macro-divisioni senza velleità di approfondimento che possiamo apportare all’ambiente che ci circonda, possiamo ricorrere a quella secondo cui ci sono due tipi di persone: da una parte quelle che necessitano di un chiaro e preciso futuro, coloro che invece amano l’incertezza e l’imprevedibile dall’altra. Osservando le piccole stanze dense di inquietanti e mistiche figure, le immense piazze vuote di una fantasmica atmosfera, viene da pensare che Giorgio de Chirico non prediligesse di certo il consueto. Forse affidandosi a questo particolare percorso mentale, Luca Massimo Barbero ha curato la mostra de Chirico, a Palazzo Reale di Milano dal 25 settembre al 19 gennaio, proponendo accostamenti inediti. Curiosa quindi la coincidenza che vuole il percorso espositivo configurarsi esattamente come una piazza metafisica: realistica nei suoi elementi, straniante nel loro armonioso ma sorprendente accostamento.

Giorgio de Chirico, Figliol prodigo
Giorgio de Chirico, Figliol prodigo

Quindi la parola chiave diviene mistero e, insieme ad esso, la curiosità di svelarlo. Del resto l’enigma è linfa principale delle opere del pittore nativo di Volos, Grecia, che intravide nella modernità un grumo di ombre impossibili da disperdere. La sua arte è divenuta così luogo ideale dove riversare visioni (e non sogni, cari al Surrealismo) che fungessero da porte, appena socchiuse, per dimensioni all’apparenza reali ma, ad una visione più attenta, intimamente irrealizzabili. É stato il segreto di de Chirico – l’incantesimo con cui ha acceso i suoi quadri di una diffusa sospensione, di un’azione sul punto di essere, di un segreto in svelamento -, quello di costruire scene attingendo dal concreto per poi decontestualizzarle.

“Picasso smonta per riassemblare. De Chirico assembla per smontare”

Ester Coen

Ogni cosa si trova così sospesa, in un’attesa continua, una silenziosa potenzialità che mai si concretizza. E in esposizione c’è proprio tutto quell’universo di oggetti e simboli, presentati, come detto, secondo un ordine solo parzialmente cronologico e più specificatamente inteso a suggerire, a costruire, a immergere il visitatore nell’opera metafisica. C’è la biografia, costellata di movimenti – la Grecia, Parigi, Torino, Ferrara – che si mescola ai suggerimenti mitologici e genera opere dalla risposta differente a seconda della domanda che viene posta. Ci sono piazze deserte, stanze claustrofobiche, manichini e statue che le abitano senza saperlo. Ci sono immobili fumi cristallizzati in cieli feroci e inquietanti, provenienti da ferrovie che corrono verso una natura distante. I portici gestiscono oblunghe ombre che rapiscono i respiri: siamo già nell’angolo della scena, la presenza di qualcuno che non si vede incombe e dissemina il sospetto che ci sia molto di più di ciò che si vede.

Giorgio de Chirico, Muse inquietanti
Giorgio de Chirico, Muse inquietanti

Ce lo chiediamo noi, ormai rapiti dal quadro, se l’è chiesto Giorgio de Chirico, che una volta affermatosi come pittore metafisico – apprezzato, tra gli altri, da artisti come Picasso e critici come Apollinaire – ha risvoltato verso composizione romantiche, più esplicite, ma sempre dense di elementi, rimandi simbolici e piccoli portali verso altre riflessioni. Sontuosità pittorica che lo avvicina al barocco e ne contamina l’immaginario, illuminando i colori e rimescolando le varie suggestioni. Ecco i cavalli ciechi che corrono in paesaggi lunari dove la vista non serve, i gladiatori che tra celebrazione e dissacrazione riconquistano uno spazio nella narrazione artistica e un universo così vasto e complesso che oscilla dalla ripetizione dei soliti elementi e la loro eterogenea esplosione.

A chiudere la mostra un omaggio di Andy Warhol a de Chirico, una stampa che ripete cromaticamente variati la testa di un manichino che lo stesso pittore, nel corso della carriera, ha più volte ripreso e modificato in versioni che spesso differivano per lievi sfumature. Questo testimonia un’incessante fedeltà dell’artista alle visioni metafisiche in cui spesso si è astrattamente ritirato a vivere, ma anche la strana condizione in cui si muove l’uomo moderno: un’infinita possibilità di domande a cui un’infinita possibilità di risposte mai darà completezza.

Immagini dalla mostra "de Chirico", Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife
Immagini dalla mostra “de Chirico”, Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife

 

Immagini dalla mostra "de Chirico", Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife
Immagini dalla mostra “de Chirico”, Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife

 

Immagini dalla mostra "de Chirico", Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife
Immagini dalla mostra “de Chirico”, Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife

 

Immagini dalla mostra "de Chirico", Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife
Immagini dalla mostra “de Chirico”, Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife

 

Immagini dalla mostra "de Chirico", Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife
Immagini dalla mostra “de Chirico”, Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife

 

Immagini dalla mostra "de Chirico", Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife
Immagini dalla mostra “de Chirico”, Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife

 

Immagini dalla mostra "de Chirico", Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife
Immagini dalla mostra “de Chirico”, Palazzo Reale, Milano. Foto Artslife
Giorgio de Chirico, Orfeo trovatore stanco
Giorgio de Chirico, Orfeo trovatore stanco

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