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A tempo di Musja: apre a Roma un nuovo spazio per l’arte contemporanea

Chiharu Shiota, Letters of Thanks, 2017. Installazione: lettere di ringraziamento, lana nera. Kunsthalle Rostock, Germania. Foto di Thomas Häntzschel (Fotoagentur Nordlicht), Rostock. Copyright VG Bild-Kunst, Bonn, 2019 e l'artista. Chiharu Shiota, Letters of Thanks, 2017. Installazione: lettere di ringraziamento, lana nera. Kunsthalle Rostock, Germania. Foto di Thomas Häntzschel (Fotoagentur Nordlicht), Rostock. Copyright VG Bild-Kunst, Bonn, 2019 e l'artista.
Chiharu Shiota, Letters of Thanks, 2017. Installazione: lettere di ringraziamento, lana nera. Kunsthalle Rostock, Germania. Foto di Thomas Häntzschel (Fotoagentur Nordlicht), Rostock. Copyright VG Bild-Kunst, Bonn, 2019 e l'artista.
Chiharu Shiota, Letters of Thanks, 2017. Installazione: lettere di ringraziamento, lana nera. Kunsthalle Rostock, Germania. Foto di Thomas Häntzschel (Fotoagentur Nordlicht), Rostock. Copyright VG Bild-Kunst, Bonn, 2019 e l’artista.

Conto alla rovescia per il nuovo museo in apertura a Roma: Musja. Presieduto da Ovidio Jacorossi, imprenditore e collezionista, prende il via inaugurando un ciclo di tre mostre intitolato: The Dark Side.

La qualità spesso si accompagna all’ambizione. Per quanto riguarda Musja, se il tempo deve ancora inevitabilmente confermarci la validità del suo operato, l’aspirazione con cui nasce sembra tracciare un solco interessante per quello che verrà. Musja intende infatti dedicare il suo spazio interamente all’arte contemporanea e divenire dall’autunno un museo privato, presieduto da Ovidio Jacorossi, grazie alla vasta collezione di opere dal primo Novecento italiano ad oggi. Queste verranno affiancate, nel corso del tempo, alle tendenze contemporanee più innovative del panorama internazionale.

La serietà e l’ampio respiro del progetto sono testimoniati dal ciclo che – dall’8 ottobre al 1 marzo – aprirà l’attività espositiva del museo. The Dark Side, a cura di Danilo Eccher, è organizzato in tre momenti espositivi, distribuiti nell’arco di tre anni, e rispettivamente dedicati alla: Paura del Buio, Paura della Solitudine, Paura del Tempo. Ad introdurre la serie sarà quindi il timore dell’oscurità sono 13 grandi artisti internazionali, tra cui spiccano Gregor Schneider, Robert Longo, Hermann Nitsch, Tony Oursler, Christian Boltanski, James Lee Byars sino ai nuovi protagonisti della scena artistica contemporanea come Monster Chetwynd, Sheela Gowda, Chiharu Shiota.

Robert Longo, Untitled (3 Erics A-B-C), 1980 – 2000. Flash, grafite, carboncino su carta. Foto John Lamka, NY. Courtesy: l'artista & Galleria Mazzoli, Modena.
Robert Longo, Untitled (3 Erics A-B-C), 1980 – 2000. Flash, grafite, carboncino su carta. Foto John Lamka, NY. Courtesy: l’artista & Galleria Mazzoli, Modena.

Tra installazioni site specific e opere di grandi dimensioni trovano spazio anche eccellenze italiane, come le opere di Gino De Dominicis, Gianni Dessì, Flavio Favelli, Monica Bonvicini. Inoltre durante l’inaugurazione della mostra e con cadenza mensile nelle sale del museo si svolge tra il pubblico una inattesa performance del gruppo Differenziale Femminile composto da quattro attrici romane.

Il nucleo concettuale di The Dark Side ruota intorno all’accettazione della dimensione oscura della vita, da coinvolgere anche se di difficile comprensione. La si può intendere come la raccolta degli inciampi, delle indecisioni, dei momenti che richiedono riflessione e, dopo la loro comprensione, un nuovo inizio. Ogni principio porta con sè la paura di non sapere cosa accadrà, insieme al timore di non essere all’altezza.

“Si tratta quindi di un progetto rivolto all’ombra che ci accompagna sotto il sole, discreta, silenziosa, leggermente deformata e incerta ma sempre presente. Una sagoma scura di cui non si può fare a meno, che si muove nei nostri sogni, che ci accarezza nell’intimità, che ci spaventa solo per toccare il nostro coraggio”.

Flavio Favelli, Mobilia Essay. Ambiente Vecchio Caseificio, Castello di Serravalle (Bo), 2015. Foto: Dario Lasagni
Flavio Favelli, Mobilia Essay. Ambiente Vecchio Caseificio, Castello di Serravalle (Bo), 2015. Foto: Dario Lasagni

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