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Van Gogh e i girasoli. La storia dolorosa della loro genesi in mostra ad Amsterdam

Il genio tormentato e dolente di Vincent van Gogh è in mostra a casa sua fino a settembre, nel Van Gogh Museum di Amsterdam, se mai ha avuto una casa questo artista povero e perseguitato perfino da se stesso, prigioniero senza scampo del suo male di vivere.

Alcune delle opere esposte nella rassegna dal titolo Van Gogh and the Sunflowers, i girasoli, sono state studiate da degli esperti che hanno rilevato come il giallo brillante dei fiori è diventato più scuro con il trascorrere del tempo, anche a causa di lavori di restauro eseguiti in modo improprio nel 1927 e 1961. Ma al di là di questo, la mostra racchiude assieme a quei capolavori la storia dolorosa della loro genesi.

Sunflowers Vincent van Gogh (1853 - 1890), Arles, January 1889 oil on canvas, 95 cm x 73 cm Credits (obliged to state): Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)
Sunflowers
Vincent van Gogh (1853 – 1890), Arles, January 1889
oil on canvas, 95 cm x 73 cm
Credits (obliged to state): Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)

Sono undici le serie di girasoli giunte a noi, ma probabilmente erano di più, a giudicare da alcune lettere scritte al fratello Theo, in cui aveva parlato entusiasta di almeno un altro o due dipinti. Di quelle undici serie, 4 sono stati fatti a Parigi e gli altri sette ad Arles, nella Casa gialla. I girasoli di Parigi si distinguono facilmente perché sono tutti stesi a terra, appassiti o recisi. Ma anche così conservano una luce propria che li rende oggetti simbolici, metafora della vitalità della natura. I girasoli permettono a Van Gogh l’uso dell’intero spettro del giallo, il suo colore preferito, grazie a una tecnica particolare: per realizzare queste serie, Van Gogh aveva posto sulla tela uno strato di colore sopra l’altro, senza aspettare che si asciugasse. Così la pittura è molto più densa e i colori stessi sono più decisi. I fiori sono disordinati, quasi spettinati, a rispecchiare in fondo l’animo più profondo dell’artista, che li tratteggia attraverso tocchi morbidi. I girasoli sembrano animarsi, perché in qualche modo Van Gogh si trasfigura in loro e nella loro emanazione, umana e mortale, che anche quando si piega e appassisce, conserva in sé la forza che gli ha dato il sole.

Allotment with Sunflower Vincent van Gogh (1853 - 1890), Paris, July 1887 oil on canvas, 43.2 cm x 36.2 cm Credits (obliged to state): Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)
Allotment with Sunflower
Vincent van Gogh (1853 – 1890), Paris, July 1887
oil on canvas, 43.2 cm x 36.2 cm
Credits (obliged to state): Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)

Come «La Notte stellata», i girasoli sono capolavori diventati veri e propri simboli della storia dell’arte. Ma queste undici tele sono tutte legate in qualche maniera al suo compicatissimo rapporto di amicizia instaurato con Paul Gauguin. A onor del vero, i due erano persone fra le più distanti che si potesse immaginare. Van Gogh era figlio di un pastore protestante, Theodorus detto Doro, e nipote di Vincent, un altro pastore protestante che aveva studiato teologia a Leiden, e da giovane voleva seguire le orme del padre, affascinato dal suo misticismo religioso. Poi scelse di fare il pittore, e fu molto prolifico, realizzando quasi 900 dipinti e più di mille disegni, ma riuscendo a vendere un solo quadro in tutta la sua vita, La vigna rossa. Senza l’aiuto del fratello Theo, che faceva da mercante d’arte, sarebbe morto di fame.

Paul Gauguin era figlio di intellettuali, e suo padre era un giornalista abbastanza famoso, costretto all’esilio da Napoleone III. Anche lui fu un pittore incompreso dalla sua epoca, ma aveva un carattere molto meno umorale e molto più facile del suo amico e riuscì a sopravvivere. Si conobbero a Parigi e tutt’e due provavano per l’altro una stima infinita. Con una differenza, però: Paul adorava l’amico, ma ne temeva gli aspetti quasi bipolari. Van Gogh ammirava anche moltissimo l’arte giapponese, che esercitava su di lui pure un’influenza culturale. Sognava di fondare una comunità di artisti ispirata proprio dai pittori giapponesi, che gli sembravano oltre che bravi, uomini saggi e intelligenti. Cominciò a pensarci sopra a Parigi, ma cercò di attuare questo progetto nel 1888 ad Arles, un posto di cui si era innamorato, abbagliato dalla sua luce, e dai campi di girasoli che stava a guardare rapito per giornate intere. Scrisse ai suoi amici pittori proponendo loro di vivere in comune per dividere idee e progetti nelle quattro stanze della Casa gialla che aveva affittato per 15 franchi al mese. Risposero tutti di no. Solo Gauguin disse di sì. Ma in realtà, lo fece soltanto per le pressioni di Theo, il fratello mercante d’arte, che gli propose un contratto di 150 franchi al mese per vivere con il fratello e produrre 12 quadri all’anno. Theo non lo pagò solo per ammirazione e amicizia. Voleva soprattutto che qualcuno tenesse d’occhio il suo fragile fratello.

Vincent van Gogh Painting Sunflowers Paul Gauguin (1848 - 1903), Arles, 1888 oil on canvas, 73 cm x 91 cm Credits (obliged to state): Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)
Vincent van Gogh Painting Sunflowers
Paul Gauguin (1848 – 1903), Arles, 1888
oil on canvas, 73 cm x 91 cm
Credits (obliged to state): Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)

Quando seppe che il suo amico sarebbe venuto, Vincent diventò euforico, cominciando a progettare lavori e comunanza di vita. Scrisse al fratello: «Nella speranza di passare i giorni con Gauguin in un nostro studio, pensavo di realizzare una decorazione per l’ambiente. Mi piacerebbero molto dei grandi girasoli». Da quel momento divenne un’idea fissa. Cominciò a dipingere e ridipingere. Van Gogh nel breve periodo in cui divise i suoi giorni con l’ospite, realizzò ben 200 dipinti e cento altre opere tra disegni e acquarelli, eccitato da questa convivenza con l’amico. Che invece non fu così prolifico, perché viveva con grande disagi la follia latente e i continui sbalzi d’umore del collega. Non durò molto l’idillio. Gauguin pativa troppo gli improvvisi cambiamenti caratteriali di Vincent, i passaggi incontrollabili da momenti d’euforia a stati depressivi, gli scatti d’ira, i silenzi. Vincent dà sempre più segni di malessere e ha piccole crisi psichiche che rendono nervoso e spaventato Paul. La rottura avviene durante una gita a Montpeiller al museo Fabre, e Gauguin decide di andare in Bretagna.

Dopo quella furiosa lite, Van Gogh si sarebbe tagliato l’orecchio, preso dallo sconforto e dalla rabbia, anche se a onor del vero l’episodio non è mai stato chiarito a fondo. Guaguin scappando quasi come un ladro aveva lasciato le sue tele nella Casa gialla. Scrive all’amico che non può passarle a riprendere, e che gliele lascia in cambio di due quadri suoi con i girasoli (altri due se li era già fatti dare a Parigi). Van Gogh gli risponde che lui non ci pensa nemmeno e non gli darà più niente e che si venga a riprendere la sua roba. Ma Gauguin non tornerà mai più indietro. Anzi si vende le due tele che aveva di Van Gogh per pagarsi il suo viaggio nel Sud del Pacifico. E’ il 1890. Paul è lontano quando Vincent si spara un colpo di pistola al petto nelle prime ore del 29 luglio 1890, ponendo fine alla sua vita, in un campo nei pressi di Auverse. Il funerale ha luogo il giorno dopo e la sua bara è ricoperta da dozzine di girasoli, i fiori che amava così tanto.

Sunflowers Gone to Seed Vincent van Gogh (1853 - 1890), Paris, August-September 1887 oil on canvas, 21.2 cm x 27.1 cm Credits (obliged to state): Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)
Sunflowers Gone to Seed
Vincent van Gogh (1853 – 1890), Paris, August-September 1887
oil on canvas, 21.2 cm x 27.1 cm
Credits (obliged to state): Van Gogh Museum, Amsterdam (Vincent van Gogh Foundation)

Per uno scherzo del destino, dopo un’esistenza artistica da incompreso, le sue opere cominciavano ad attirare l’attenzione dei grandi mercanti proprio negli ultimi mesi della sua vita. C’è sempre qualcosa di incomprensibile nella scansione del fato. Cento anni dopo aver realizzato i primi girasoli, il 30 marzo 1987 a Londra il suo «Vaso con 15 girasoli» fu venduto all’asta da Christie’s alla cifra più alta mai sborsata all’epoca per un dipinto: il giapponese Yasuo Goto, magnate dell’assicurazione, lo pagò 39 milioni di dollari, 4 volte il record precedente, dell’Adorazione dei Magi di Andrea Mantegna, acquistato nel 1985 a 12 milioni. Pochi mesi dopo, fu di nuovo Van Gogh a battere se stesso, quando l’imprenditore australiano Alan Bond firmò un assegno di 54 milioni di dollari per gli Iris.

Ma i girasoli erano come lui. Non potevano essere dei numeri uno. Appassivano splendenti.

 

Van Gogh and the Sunflowers

21 June 2019 – 1 September 2019
www.vangoghmuseum.nl

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  • Un documentario compiacente col museo Van Gogh,totalmente confusionario e fuorviante fin dall’inizio sulla corretta genesi della sequenza temporale di realizzazione delle 5 versioni,2 da 12 e 3 da 14 girasoli realizzate ad Arles tra il settembre 1888 e il gennaio 1889.E’ noto che Vincent fece una cornicetta di legno tinta di arancione per le prime 2 versioni destinate ad abbellire la camera di Gauguin.Queste due cornicette sono ancora visibili applicate attorno al telaio della versione di Amsterdam e a quella di Filadelfia trasferito però dal falsario C.E.Schuffenecker nel 1896 sulla copia Yasuda insieme alla etichetta della mostra dei XX a Bruxelles nel 1890.Il documentario in base a un errore che dura oramai da 134 anni,sostiene che le prime 2 versioni sono quelle di Monaco di Baviera e di Londra.L’equivoco iniziale genera altri frutti perversi perché il museo Van Gogh colloca la realizzazione del Yasuda a novembre 1888,addirittura sotto gli occhi di Gauguin che riprende Vincent nell ‘atto di dipingerlo.Cosa assurda e fuorviante,perché il Yasuda è una copia esatta del Londra,che a sua volta è stato realizzato alla fine di gennaio 1889 come copia dell’Amsterdam!Vincent poi a gennaio 1889 avverte Theo che sta facendo 2 copie assolutamente identiche agli originali.Più avanti nel racconto i tecnici restauratori del museo Van Gogh sulla scia degli errori precedentemente annunciati,affermano che l’aggiunta del listello di legno dipinto aggiunto in alto è stata fatta direttamente da Vincent fin dall’inizio.Dimenticano di dire che Theo nel dicembre 1889 avverte Vincent di aver fatto fare cornici piatte e bianche per i girasoli,lasciando però attorno al telaio la cornicetta arancione già esistente.In base a queste mie deduzioni è più logico affermare che il listello aggiuntivo superiore dell’Amsterdam deve essere stato aggiunto dal solito Schuffenecker,durante un restauro proditoriamente eseguito alle spalle di Johanna Bonger all’inizio del 1901,prima di essere esposto fuori catalogo alla fine della prima mostra importante di Van Gogh tenutasi dal 15 al 30 marzo 1901 nelle sale della nuova galleria dei fratelli Bernheim Jeune a Parigi sotto l’egida del critico poeta Julien Leclercq,amico e colluso di Schuffenecker.Nel documentario Il direttore della National Gallery di Londra Riopelle fa un veloce accenno alla dichiarazione di un anonimo(che poi sono io)che il quadro sarebbe falso perché privo di firma!,dimenticando che nel primo simposio sui girasoli a Londra il 15 maggio 1998 esposi tramite la giornalista Geraldine Norman,ben 7 motivi per cui il quadro era da ritenersi un falso,spiegandoli uno per uno,davanti all’evidente imbarazzo stizzoso di Louis Van Tilborgh,rappresentante del museo Van Gogh. Il giorno dopo il prestigioso The Guardian riprendeva il fatto in prima pagina,subito sotto l’annuncio della morte di Frank Sinatra.Nel marzo 2002 nel corso del secondo e ultimo simposio sui girasoli ad Amsterdam,Van Tilborgh sancì unilateralmente l’autenticità del Yasuda,tuttora sostenuta,affermando che il quadro era stato inviato da Vincent a Theo e poi venduto da Johanna Bonger nel marzo 1894 a Schuffenecker attraverso la vedova del pere Tanguy.Questa è la mia verità che sostengo con coerenza fin dal mio primo articolo apparso sulla terza pagina del Corriere della Sera il 27 gennaio 1994,ben 28 anni fa,in cui già si affermava che il Yasuda era all’inizio una copia di studio fatta da Gauguin dopo il maggio 1889 poi rimaneggiata da Schuffenecker nel 1896,sostituendo il telaio con quello del Filadelfia per via dell’etichetta Pottier incollata sul retro che doveva far apparire il quadro come autentico.E possiamo dire che Schuffenecker con diabolica perspicacia ci riuscì come risulta dal catalogo della mostra della LIBRE ESTHETIQUE del 1904 dove il Yasuda,inviato da Schuffenecker per venderlo, viene preso per l’Amsterdam.Questa è la vera storia anche se ignorata del falso d’arte probabilmente più clamoroso di tutti i tempi.Per la cronaca il quadro fu acquistato il 30 marzo 1987 dalla Yasuda che poi nel 1992 destino’ al museo Van Gogh una donazione di 50 milioni di dollari per la costruzione della nuova ala del museo progettata da un architetto giapponese e inaugurata nel giugno 1999.E questa è sicuramente una brutta storia…..

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