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Vivian Maier e la disperata ricerca di un’identità, a Trieste

Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY
Vivian Maier, Untitled, Chicago, IL, 1974 ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

70 autoritratti, tra bianco e nero e colore, raccontano Vivian Maier quando, da sconosciuta bambinaia, passava il tempo a fotografarsi per affermare la propria presenza.

Dal 20 luglio al 22 settembre 2019 il Magazzino delle Idee a Trieste presenta, per la prima volta in Italia, la mostra Vivian Maier, The Self-Portrait and its Double, a cura di Anne Morin, realizzata e organizzata dall’Ente per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con diChroma photography, Madrid, John Maloof Collection e Howard Greenberg Gallery New York.

70 autoritratti, di cui 59 in bianco e nero e 11 a colori, questi ultimi mai esposti prima d’ora sul territorio italiano. Nel suo lavoro ci sono temi ricorrenti: scene di strada, ritratti di sconosciuti, il mondo dei bambini – il suo universo per così tanto tempo – e anche una predilezione per gli autoritratti, che abbondano nella produzione di Vivian Maier attraverso una moltitudine di forme e variazioni, al punto da essere quasi un linguaggio all’interno del suo linguaggio. Un dualismo.

 

Vivian Maier, Self-portrait on a beach in New York’s Staten Island, 1954 ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

 

L’interesse di Vivian Maier per l’autoritratto era più che altro una disperata ricerca della sua identità. Ridotta all’invisibilità, ad una sorta di inesistenza a causa dello status sociale, si mise a produrre prove inconfutabili della sua presenza in un mondo che sembrava non avere un posto per lei. Il suo riflesso in uno specchio, la sua ombra che si estende a terra, o il contorno della sua figura: come in un lungo gioco a nascondino, tra ombre e riflessi, in mostra ogni autoritratto di Vivian Maier è un’affermazione della sua presenza in quel particolare luogo, in quel particolare momento. Caratteristica ricorrente è l’ombra, diventata una firma inconfondibile nei suoi autoritratti. La sua silhouette, la cui caratteristica principale è il suo attaccamento al corpo, quel duplicato del corpo in negativo “scolpito dalla realtà”, ha la capacità di rendere presente ciò che è assente. L’intenzione dell’esposizione – che ripercorre l’incredibile produzione di una fotografa che per tutta la vita non si è mai considerata tale, e che, anzi, nel mondo è sempre passata inosservata – è proprio quello di rendere omaggio a questa straordinaria artista, capace non solo di appropriarsi del linguaggio visivo della sua epoca, ma di farlo con uno sguardo sottile e un punto di vista acuto.

 

Vivian Maier, 1955 ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

 

Filmati SUPER 8 mm. Accompagna gli scatti fotografici in mostra una serie di filmati in super 8mm realizzati dalla stessa Vivian Maier, che ci permettono di seguire il movimento dell’occhio dell’artista. Nel 1960 inizia infatti a filmare scene di strada, eventi e luoghi. Il suo approccio cinematografico è strettamente legato al suo linguaggio da fotografa: è una questione di esperienza visiva, di un’osservazione discreta e silenziosa del mondo che la circonda. Non c’è narrazione, nessun movimento della macchina (l’unico movimento cinematografico è quello della carrozza o della metropolitana in cui si trova). Vivian Maier filma quello che la porta all’immagine fotografica: osserva, si ferma intuitivamente su un soggetto e lo segue. Ingrandisce con la lente per avvicinarsi senza avvicinarsi e concentrarsi su un atteggiamento o un dettaglio (come le gambe e le mani di individui in mezzo alla folla). Il film è sia una documentazione (un uomo mentre viene arrestato dalla polizia, oppure i danni causati da un tornado) sia un oggetto di contemplazione (la strana processione di pecore ai mattatoi di Chicago).

Findig Vivian Maier Il film. In occasione della mostra Vivian Maier The Self-Portait and its Double Il Magazzino delle idee ERPAC, in collaborazione con la Casa del Cinema di Trieste presenta il film-documentario Finding Vivian Maier, diretto da John Maloof e Charlie Siskel, tra le nomination per il Premio Oscar 2015 come miglior documentario. La pellicola, che conclude il percorso della mostra, proiettata in una saletta cinematografica allestita per l’occasione, è stata realizzata dal giovane regista che è anche la persona a cui si deve la scoperta di Vivian Maier, John Maloof. Fu lui, infatti, nel 2007, ad acquistare in un mercatino di Chicago una scatola contenente una decina di negativi di cui non si conosceva né la provenienza e né l’autore. Questa scoperta ha determinato una “caccia al nome” che si concluse solo dopo la morte della fotografa, nel 2009. In questo docu-film il regista racconta una storia avvolta nel mistero, perché l’identità di Vivian Maier fotografa è sì venuta alla luce postuma, senza che lei potesse ricevere alcun riconoscimento in vita, ma la storia della sua vicenda personale si è rivelata intricata, dolorosa e costellata di interrogativi rimasti inevitabilmente senza risposta. Finding Vivian Maier è dunque un omaggio alla figura enigmatica di un’artista vissuta nell’ombra della sua grande passione.

 

Vivian Maier, 1978, ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

 

Informazioni utili

 

Magazzino delle Idee, Trieste

20 luglio – 22 settembre 2019

Da martedì a domenica 10.00-20.00 / lunedì chiuso

Aperture straordinarie: 15 agosto

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