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180 milioni di euro per 595 interventi. Perché diluire in mille rivoli le poche risorse del Mibac?

L'Acquedotto Mediceo di San Giuliano, fra i destinatari di fondi Mibac L'Acquedotto Mediceo di San Giuliano, fra i destinatari di fondi Mibac
L'Acquedotto Mediceo di San Giuliano, fra i destinatari di fondi Mibac
L’Acquedotto Mediceo di San Giuliano, fra i destinatari di fondi Mibac

Risuona con Bonisoli la sindrome della politica delle “scarpe spaiate” di Achille Lauro: nessun intervento strutturale importante, soldi a pioggia a piccoli o piccolissimi interventi

È un refrain che torna spesso nelle cronache e nei commenti socio-politici: folkloristico paradigma dei prodromi di un certo clientelismo dell’Italia che fu, ma che purtroppo – in altre forme – continua ancora ad essere. Lo ricordiamo velocemente: parliamo della politica delle “scarpe spaiate” attuata negli anni ’50 a Napoli da Achille Lauro, il quale ai comizi distribuiva ai suoi potenziali elettori centinaia di scarpe sinistre, consegnando le destre solo dopo il voto, presumibilmente favorevole. L’aneddoto torna alla mente leggendo l’ultima trionfale nota diffusa dal Ministero per i beni culturali: che informa su 180 milioni di euro destinati alla tutela del patrimonio culturale italiano, nel quadro di un programma biennale approvato dal Ministro Alberto Bonisoli e riguardante – udite udite – cinquecentonovantacinque interventi. 595! Tradotto: 302mila 521 euro per ciascuno degli “interventi”!

Il ministro Alberto Bonisoli a Pompei
Il ministro Alberto Bonisoli

Ora: tutti noi siamo ben consapevoli dei problemi atavici del patrimonio culturale italiano, rispetto al quale siamo paradossalmente penalizzati dalla consistenza, qualitativa ma anche pragmaticamente numerica. In altre parole: paesi come la Francia, o la Germania, hanno gioco facile a gestire il loro, di patrimonio culturale, quando devono confrontarsi con non più di 3 o 4 città d’arte, pochi musei concentrati nei grandi centri, un tessuto storico-artistico nemmeno paragonabile con il nostro. In Italia, le risorse disponibili devono essere spalmate su un profluvio di fronti, dalle grandi città ai piccoli gioielli lasciatici in eredità da una storia lunghissima e molto generosa. Ma resta un fatto che il budget del nostro Mibac naviga attorno allo 0,2 % del PIL, contro percentuali europee che sono anche di 5 volte superiori. E in questa situazione, polverizzare le poche risorse disponibili in una nebulosa di piccoli o piccolissimi interventi tradisce miopia e mancanza di progettualità.

Achille Lauro
Achille Lauro

I principali interventi sulle due annualità – precisa la nota – riguardano, ad esempio, a Roma, il Monumento a Vittorio Emanuele II (3, 9 milioni di euro) e la Crypta Balbi (3,5 milioni di euro); a Pisa, l’Acquedotto Mediceo di San Giuliano (3,2 milioni di euro); a Napoli, Castel Sant’Elmo e il Museo Archeologico Nazionale (ciascuno finanziato con 3 milioni di euro), a Bologna, l’ex Convento dell’Annunziata (2,1 milioni di euro). Ma poi ci sono i 30mila euro per la Chiesa di Santa Maria Abbarano di Tornimparte, i 46mila euro per il Convento dei Cappuccini di Roccella Jonica, i 9.900 euro per la realizzazione di una scaffalatura alla Biblioteca Nazionale di Cosenza. Tutti interventi indubbiamente necessari e utili, non lo mettiamo in dubbio: una sorta di “manutenzione ordinaria” indispensabile per il nostro ricco e variegato patrimonio. Ma nella palese assenza di azioni “straordinarie”, ha ancora senso polverizzare le risorse in tanti piccoli o piccolissimi rivoli? Piuttosto che optare per interventi strutturali importanti, che ci diano finalmente musei, monumenti e siti archeologici adeguati al terzo millennio? “Frutto di un puntuale lavoro di ricognizione sui territori, attraverso il coinvolgimento di tutti gli istituti periferici del Ministero”, ha chiarito Bonisoli: è malizioso pensare che questa frammentazione risponda a una sorta di nuovo clientelismo funzionale, sulla scia dell’italianissimo “diamo poco, diamo a tutti”?

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