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Leonardo? Omosessuale con il complesso di Edipo. Parola di Sigmund Freud

Particolare dell'autoritratto di Leonardo conservato nella Biblioteca Reale di Torino Particolare dell'autoritratto di Leonardo conservato nella Biblioteca Reale di Torino
Particolare dell'autoritratto di Leonardo conservato nella Biblioteca Reale di Torino
Particolare dell’autoritratto di Leonardo conservato nella Biblioteca Reale di Torino

Un sibillino appunto vergato sul Codice Atlantico spinge Freud a leggervi segnali dell’omosessualità di Leonardo Da Vinci. Nel saggio uscito nel 1910 emerge poi il ruolo nodale della madre Caterina

Non ne potete proprio più di questa esagerata overdose di Leonardo Da Vinci? Ne avete abbastanza di questo celebratissimo cinquecentenario, siete stanchi di trovarvi continuamente quel nome davanti, qualunque giornale vi capiti in mano, qualunque trasmissione tv scegliate, in qualunque paesino vi rechiate? Spiacenti, dovrete sopportare anche questo articolo: che tuttavia introduce una chiave diversa, niente dissertazioni ampollose, niente approfondimenti scientifici, niente contestualizzazioni socio-culturali, qui si va sul personale, sul privato, sull’inconfessabile. Ma non crediate che abbiamo raschiato il barile per sottoporvi del basso “gossip” da ombrellone: a tenere alto il tono c’è nientedimeno che il padre indiscusso della psicanalisi, Sigmund Freud. Complice un articolo del quotidiano spagnolo ABC, che mette al centro dell’attenzione il saggio Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci, pubblicato da Freud nel 1910 e poi rivisto e corretto nelle edizioni del 1919 e nel 1923, e ripubblicato appunto in occasione del quinto centenario.

Sigmund Freud
Sigmund Freud

Nel più classico degli approcci freudiani, il testo si lancia in una rilettura psico-biografica della figura di Leonardo fra sogni, dinamiche familiari, pulsioni sessuali. A partire da un rapido appunto scritto dal grande artista sul Codice Atlantico, nel mezzo della trattazione del volo degli uccelli, uno dei suoi primi ricordi di quando era bambino: “Questo scriver si distintamente del nibbio par che sia mio destino, perché ne la mia prima ricordazione della mia infanzia è mi parea che, essendo io in culla, che un nibbio venissi a me e mi aprissi la bocca colla sua coda, e molte volte mi percotessi con la coda dentro alle labbra”. Musica per le orecchie del celebre psicanalista, che dà della frase una sfaccettata serie di interpretazioni, proiettandole sullo sviluppo del futuro genio rinascimentale e sul tenore dei suoi rapporti familiari e sociali.

Codice Atlantico (Codex Atlanticus), f. 860 recto

La prima, quasi scontata, vede nel nibbio evocato da Leonardo il membro maschile, e nel suo indugiare sulla sua bocca il paradigma di una fellatio. Per lo studioso sono segnali chiari dell’omosessualità del soggetto, rafforzati da un’infanzia vissuta con un forte legame materno, e con padre ben poco presente: fattispecie confermate dalla biografia leonardesca. Elementi rafforzati dall’affetto mostrato e documentato per i ragazzi che accoglieva come allievi nella sua bottega. Ma c’è una seconda interpretazione, che tira in ballo più direttamente la madre, suggerendo a qualcuno l’esistenza di una sorta di complesso di Edipo: la coda del nibbio che il bambino accoglie passivamente in bocca per Freud rimanderebbe alla suzione dal seno materno, un possibile atteggiamento passivo, anticipatore della futura omosessualità. Su queste corde, il passo è breve per rileggere anche alcuni dei capolavori del vinciano, inclusa la Gioconda: “Le donne sorridenti non sono altro che la rappresentazione di Caterina, la madre”, scrive Freud, “e occorrerà iniziare a riflettere sulla possibilità che fosse sua madre a possedere il misterioso sorriso recuperato nella dama fiorentina”.

Un particolare della Gioconda di Leonardo
Un particolare della Gioconda di Leonardo

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