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Sessistenza: il sesso e noi. Chi è l’impostore?

Sessistenza: il sesso e noi. Chi è l’impostore? Il nuovo saggio di Jean-Luc Nancy Sessistenza: il sesso e noi. Chi è l’impostore? Il nuovo saggio di Jean-Luc Nancy

Qualora si pensasse che ci sia ancora l’indicibile nel corpo, che parlare del sesso non sia compiacente con il fare del sesso, si dovrebbe provare a sfogliare le pagine dell’ultimo saggio di Jean-Luc Nancy “Sessistenza” (2019, Il Nuovo Melangolo, 143 pagine).
Se il linguaggio ha perso, infatti, l’attrattiva di creare e ricreare la realtà specie nell’ultimo decennio di scienze sociali e culturali, considerato incapace di rendere conto del senso multiforme delle relazioni umane, “Sessistenza” insiste sull’inadeguatezza del binomio sesso-linguaggio. Sia l’uno che l’altro non diventano mai strumenti per giungere all’insondabile, all’impenetrabile; piuttosto, ne svelano l’insita conoscibilità, immediatezza, mediante una critica ripetuta di ogni partizione dentro-fuori. Nancy evoca esperienze poetiche per dimostrare la fattibilità di un discorso sessuale in cui ciò che si fa non può non dirsi e ciò che si dice non può non farsi.

Il sesso ha bisogno di una lingua e la lingua non è esente dal s’essistere. È proprio nel lavoro di rimandi etimologici che – come ben sottolineato dalla curatrice Francesca R. Recchia Luciani – il testo disfa le sue forme mentre le costituisce. Sessistenza è, dunque, un neologismo che l’autore ha coniato per esprimere il carattere riflessivo “di farsi mondo: di rispondere al fatto stesso di esistere” (p. 58). Il prefisso ex- dal latino suggerisce ad entrambe le lingue (italiano e francese) l’esperienza (experiénce), l’eccitazione (excitation), l’esistenza (existence). Ex- sta per ciò che deriva, viene fuori da. Ma come premesso sopra non resta sulla posizione di provenienza quanto piuttosto rende visibile la doppiezza stessa del se stesso/a.

Il pregio teorico del saggio risiede sicuramente nell’articolazione del sesso come essenziale espressione dell’esistenza e peculiarità dell’animale parlante. Sin dai “Preliminari” Nancy ci avvia alla consapevolezza che «di null’altro più ne godiamo più ce ne viene una fatale concupiscenza» (p. 25) e questo è il tratto della vita, della morte, di ogni esistenza che non può non essere in-comune. Il godimento non è una soddisfazione e l’autore insiste con i suoi ancora, ancora, e ancora. Tutt’altro, il godimento esiste nella sua costante mancanza. «Il desiderio è sempre incommensurabile rispetto al piacere» (p. 104) e perfino la liberazione sessuale non apporta un progresso se si disconosce il ruolo della congiunzione erotica fra esseri senzienti e parlanti.

Sessistenza: il sesso e noi. Chi è l’impostore? Il nuovo saggio di Jean-Luc Nancy Anzi, “Sessistenza” parla del piacere quanto del dolore del sesso e non risparmia indugi nel declinare la necessità tanto dell’uno quanto dell’altro. Sarebbe molto coinvolgente approfondire tale carattere di necessità e di superfluità del sesso che qui l’autore intreccia in maniera un po’ sfuggente. Se il sesso non è sicuramente finalizzato meramente alla riproduzione, neanche per le specie animali non umane, e se la copulazione non è neanche condizione della riproduzione in alcune di queste, si delinea una ontologia sessuale basata non su differenze e zone corporee (sessuate). Bensì su tutto ciò che di eccedente abbiamo tuttavia bisogno cogente. Non è chiaro quanto l’insistenza del sesso sul piano dell’essere come azione più che come attributo si coniughi con l’esistenza stessa, che mantiene a mio parere un carattere di involontarietà e di aleatorietà che travalicano le caratteristiche tanto dell’umanità quanto dell’animalità.

Se, da un lato, la filosofia sin dalla sua fondazione si è interessata della forma sensibile della vita attraverso la Bellezza postulando che se ci fosse un’espressione sensibile dell’Intelligenza ne scaturirebbero “terribili amori” (Platone) e la Psicanalisi si sia concentrata – più che sulla nozione di ‘inconscio’ – sul concetto di ‘pulsione’ e di ‘libido’ quali forze motrici; la filosofia moderna pare aver perso quest’attitudine ad innamorarsi, a fare l’amore, a pensare il sesso. Molto pertinente risulta essere la discussione della sessualità come un singolare plurale, una totalità differenziata, ma non suddivisa in gusti, orientamenti, categorie che suppongono un principio ed una fine, o un confine giuridico. E a questo proposito il richiamo alla penetrazione attiva e passiva, contemporaneamente dell’altro/a e dall’altro/a, rende il gioco di sensi affamati, impazienti, mai saturi, di inglobare per essere.

S’essistere, appunto. In questo senso, allora, «lo stupro è negazione di sesso – e di linguaggio» (p. 92). La voracità del desiderio che di tutto gode e di tutto si ferisce presagisce un equilibrio, una stabilità nel movimento, una sussistenza nell’interruzione. Ma la prospettiva dell’essere posseduti quale autentica forma dell’essere (p. 129) resta lungi dal sospetto – amo modo di vedere – di rendere indiscutibile e incontrovertibile la verità del potere, e cioè di un’asimmetria che si protrae voluttuosamente, consensualmente, senza pulsione di rivoluzione.
La pulsione politica di “Sessistenza” avrebbe potuto meglio incarnarsi proprio in quello che rappresenta il suo “Postludio”: «La civiltà si espande e si lacera; rinuncia all’oscenità e mobilita la violenza» (p. 140). Cosa rende il sesso esposto nel linguaggio? Cosa siamo disposti ad ammettere che resti nascosto? Cosa vogliamo far(n)e del sesso senza la parola ‘amore’ e ‘figli’?

Potremmo continuare accorgendoci che nuove frontiere dell’esistenza, come l’asessualità, sono nuove preoccupazioni del desiderio e cambiamenti di socialità, e che il corpo si qualifica sempre più differentemente rispetto alla sessualità, alla spiritualità, all’individualità.
Non possediamo un sesso, ma siamo-sesso-che-si-fa, dunque. Sessistiamo.

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