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DA VENEZIA. Ma perché a ogni Biennale bisogna sorbirsi le mostruose manone di Lorenzo Quinn?

Le grandi mani di Lorenzo Quinn in allestimento nella zona dell'Arsenale di Venezia Le grandi mani di Lorenzo Quinn in allestimento nella zona dell'Arsenale di Venezia
Le grandi mani di Lorenzo Quinn in allestimento nella zona dell'Arsenale di Venezia
Le grandi mani di Lorenzo Quinn in allestimento nella zona dell’Arsenale di Venezia

Brutte, sgraziate, goffe, prive di qualsiasi “volontà d’arte”. Ma pubblicatissime: a Venezia durante la Biennale Arte ricompaiono le grandi mani bianche dell’artista figlio di Anthony Quinn

Ormai rischia di diventare una specie di virus: arriva la Biennale arte di Venezia, e da qualche parte in giro per la città ti aspetti di veder spuntare dall’acqua delle inquietanti e gigantesche manone bianche. Era successo due anni fa, sul Canal Grande, nell’area di Rialto, quando sorgevano per “sostenere” i lati dell’Hotel Ca’ Sagredo. Tornano quest’anno, in zona Arsenale, tante manone intrecciate a formare una specie di galleria (degli orrori?). Ora, in occasione della Biennale se ne vedono, di installazioni per dir così “eclettiche”, a volte kitsch, altre con maggiore pregnanza artistica: ma nel caso delle “manone” c’è che puntualmente finiscono su tutti i giornali e invadono la rete, postate e rilanciate migliaia di volte.

Le grandi mani di Lorenzo Quinn in allestimento nella zona dell'Arsenale di Venezia
Le grandi mani di Lorenzo Quinn in allestimento nella zona dell’Arsenale di Venezia

Perché? Rischiamo volentieri l’accusa di malizia e dietrologia, e cerchiamo la risposta nel fatto che l’autore è il signor Lorenzo Quinn, ex attore ora artista che non nasconde di essere il quinto figlio del grandissimo e popolarissimo attore Anthony. Nessun moralismo, lo star system ha le sue regole e le sue liturgie, per cui vengano pure le migliaia di selfies con queste manone: ma la critica, ed i giornali che ci si aspetta mantengano un po’ di obbiettività, perché assecondano questi fenomeni tacendo che queste “opere” sono decisamente brutte, sgraziate, goffe, prive di qualsiasi “volontà d’arte”?

Le grandi mani di Lorenzo Quinn in allestimento nella zona dell'Arsenale di Venezia
Le grandi mani di Lorenzo Quinn in allestimento nella zona dell’Arsenale di Venezia

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11 Commenti

  • A me non dispiacciono, in particolare quelle che uscivano dall’acqua: non so se le definirei ‘arte’ in senso assoluto, in ogni caso vorrei far riflettere che è definita tale anche il dito di Cattelan scelto per decorare (…) piazza Affari a Milano. Farei volentieri uno scambio.

  • Se sono brutte sono BRUTTE. Punto.

  • Catalizzanti in ogni loro lato: sia per senso estetico che di concetto; l’arte non deve essere per forza ai limiti dell’astratto e della leggibilità per essere apprezzata. E’ una ragione in più per visitare la biennale.

  • Catalizzanti in ogni loro lato: sia per senso estetico che di concetto; l’arte non deve essere per forza ai limiti dell’astratto e della leggibilità per essere apprezzata. E’ una ragione in più per visitare la biennale.

  • A volte il termine “brutto” rende perfettamente l’idea di ciò che si intende. E aggiungere stonerebbe. Non ci sono altre qualificazioni per questi orrori che ci vengono propinati come eredità del nefasto Padiglione Italia di Sgarbi del 2011, allorquando Lorenzo Quinn venne scelto da Christian Maretti nel calderone dei malcapitati artisti italiani di quell’edizione. Non ce lo scolliamo più di dosso e dobbiamo sopportare – volenti o nolenti – i suoi inappropriati gigantismi. Al posto della manona reggi-hotel, è stata comunque piazzata una statua di leggiadra donzella argentata, polo opposto di una struttura di forze centrifughe che la vede tesa a lanciare/o trattenere il mondo raccolto in una fionda all’antica. Tremo all’idea della possibile sostituzione di questi avambraccioni intrecciati. Anche a Roma imperversa l’inopinato scultore, con minore eco delle gesta biennaliere, però. Un disastro vero che nessuno riesce ad arginare. Ma di simili episodi è ricco il mondo dell’arte: molte volte sono stati anche qui denunciati. Non so dire se Il Lorenzo era meglio da attore: se non altro, e su questo non c’è dubbio, almeno lui sì che era un bel vedere.

  • A volte il termine “brutto” rende perfettamente l’idea di ciò che si intende. E aggiungere stonerebbe. Non ci sono altre qualificazioni per questi orrori che ci vengono propinati come eredità del nefasto Padiglione Italia di Sgarbi del 2011, allorquando Lorenzo Quinn venne scelto da Christian Maretti nel calderone dei malcapitati artisti italiani di quell’edizione. Non ce lo scolliamo più di dosso e dobbiamo sopportare – volenti o nolenti – i suoi inappropriati gigantismi. Al posto della manona reggi-hotel, è stata comunque piazzata una statua di leggiadra donzella argentata, polo opposto di una struttura di forze centrifughe che la vede tesa a lanciare/o trattenere il mondo raccolto in una fionda all’antica. Tremo all’idea della possibile sostituzione di questi avambraccioni intrecciati. Anche a Roma imperversa l’inopinato scultore, con minore eco delle gesta biennaliere, però. Un disastro vero che nessuno riesce ad arginare. Ma di simili episodi è ricco il mondo dell’arte: molte volte sono stati anche qui denunciati. Non so dire se Il Lorenzo era meglio da attore: se non altro, e su questo non c’è dubbio, almeno lui sì che era un bel vedere.

  • Chi ha detto che sono brutte ?

  • Chi ha detto che sono brutte ?

  • Un articolo che invoglia con una domanda ma non dà grandi risposte – a parte questo, la chiusura che parla di “bruttezza” nel mondo dell’arte nel 2019 non si può sentire. Una banalità degna dello zio che ha fatto la quinta elementare e alla cena di Natale ti dice “eh almeno una volta l’arte era bella”. Ma lo zio perlomeno non scrive su un sito chiamato “artslife”.

    • Mi perdoni: lei sa di cosa si parla citando la mancanza di “volontà d’arte”? Suo zio alla cena di Natale argomenta beatamente di kunstwollen e del pensiero di Alois Riegl?

  • Un articolo che invoglia con una domanda ma non dà grandi risposte – a parte questo, la chiusura che parla di “bruttezza” nel mondo dell’arte nel 2019 non si può sentire. Una banalità degna dello zio che ha fatto la quinta elementare e alla cena di Natale ti dice “eh almeno una volta l’arte era bella”. Ma lo zio perlomeno non scrive su un sito chiamato “artslife”.

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