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Bruno Munari. Forma, funzione, colori e luce, a Napoli

Bruno Munari Vetrini a luce polarizzata, 1953 materiali vari 4,7x4,7 cm Courtesy Miroslava Hajek
Munari
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È allestita nelle sale della Fondazione Plart di Napoli, la mostra “Bruno Munari. I colori della luce”, fino al 20 marzo 2019.

L’artista milanese Bruno Munari è uno dei maggiori esponenti dell’arte programmata e cinetica, artefice di una ricerca estetica ad ampio raggio, incentrata sull’esplorazione e sulle relazioni fra il concetto di un’opera d’arte e il suo prodotto, attraverso una riflessione costante fra forma e funzione. E’ un percorso espositivo diviso in diverse sezioni. Ad accogliere i visitatori sono le opere degli anni Trenta e Quaranta del Novecento, la “Macchina Inutile”, del 1934, un’opera legata al futurismo milanese di quegli anni. L’artista afferma che per la sua particolare idea di astrattismo fluttuante nello spazio, la macchina, è un mezzo utile e l’arte, inutile. In “Macchina inutile” (aerea), egli crea delle opere da appendere al soffitto composte da bacchette di legno di balsa o di alluminio, fogli di cartoncino dipinti su entrambi i lati, vetro soffiato o fili di acciaio elastico, liberi di muoversi nello spazio. Lo scopo è di suscitare attraverso il dinamismo, la percezione di una forma instabile, in continua evoluzione.

Bruno munari
Macchina Inutile, 1934
guscio di zucca, bacchette di legno, alluminio
10x16x57 cm
Courtesy Miroslava Hajek

E’ una creatività che darà origine, insieme ai lavori di Alexander Calder, all’arte cinetica. Munari non vuole una riproduzione delle figure geometriche o astratte della pittura tradizionale, vuole soltanto liberare le forme nello spazio. Il suo interesse è rivolto alla interazione degli elementi con l’atmosfera e con l’ambiente circostante, utilizza forme geometriche semplici e riduce al minimo l’uso del colore nella composizione.

Nell’opera “Tavola Tattile”, del 1938, su una tavola di legno applica diversi materiali. L’obiettivo è di riscoprire quella polisensorialità che col passare degli anni svanisce, a favore dello sviluppo della logica, dei valori tattili, sonori, termici, materici, di durezza e morbidezza, di ruvidità e levigatezza, di fragilità e solidità, di equilibrio e staticità. Sono tutte opere che porteranno ad una ulteriore evoluzione, visibile nella installazione “Concavo convesso”, del 1947.

Bruno Munari
Vetrini a luce polarizzata, 1953
materiali vari
4,7×4,7 cm
Courtesy Miroslava Hajek

Formata da una rete metallica a maglia fine è collocata al centro dello spazio. E’ un mezzo per creare dal nulla, un ambiente in cui si attuano momenti di trasformazione di un’immagine. Munari elaborò uno spazio bianco cubico, con le ombre dell’oggetto proiettate sulle quattro pareti. Osservando l’installazione, l’oggetto, la luce e il movimento rievocano le immagini computerizzate della Digital Art che si svilupperanno nei decenni a venire.

Nella sala successiva, l’unica opera che riprende la pittura tradizionale è “Punto di luce”, del 1942, un dipinto a olio su masonite che sarà modello per le ricerche dell’artista sulle proiezioni dirette e polarizzate. Fulcro della mostra sono i lavori, (vetrini) di Proiezioni a luce fissa e le Proiezioni a luce polarizzata realizzate negli anni Cinquanta, con cui tende a conquistare una nuova spazialità che va oltre la realtà bidimensionale. Munari esplora la nozione di “dipingere con la luce”, arrivando ad un processo di smaterializzazione dell’arte attraverso l’uso di proiezioni di diapositive, le “Proiezioni Dirette”.

Munari
Macchina Inutile (Aerea), 1947
bacchette di alluminio colorate in testa
118x22x16 cm
Courtesy Miroslava Hajek

Sono composizioni con materiali organici, pellicole trasparenti e colorate in plastica, pitture, retini, e fili di cotone fermati fra due vetrini. Un collage di elementi che danno la sensazione di una nuova spazialità e tridimensionalità. E’ una “pittura proiettata” che raggiunge il suo apice quando l’artista scopre il modo in cui scomporre lo spettro di luce attraverso una lente Polaroid. Egli utilizza un filtro polarizzato e lo applica ad un proiettore per diapositive, ottenendo delle Proiezioni Polarizzate.

Nell’ultima sala, è possibile osservare i vetrini digitalizzati, un atto necessario per conservare e tramandare gli originali, a causa delle loro precarie condizioni strutturali. Interessanti nel percorso espositivo l’opera intitolata “Fossile del 2000”, del 1959, in cui componenti elettroniche e materiali metallici sono immersi in pezzi di plexiglass di forma irregolare, dagli effetti cromatici variabili e simili alla resina fossile.

Munari con le sue conoscenze e competenze ha inciso in maniera significativa allo sviluppo dell’Arte Cinetica e dell’Arte Programmata. Inoltre, la proiezione diretta e polarizzata hanno anticipato l’avvento delle video-installazioni multimediali, dell’arte interattiva, del Mapping, della Kinect-Art, e della Digital Art.

Munari
Vetrini a luce polarizzata, 1953
materiali vari
4,7×4,7 cm
Courtesy Miroslava Hajek

Informazioni utili

Bruno Munari. I colori della luce

Fondazione Plart, in via G.Martucci 48, Napoli

Fino al 20 marzo 2019

*Nella prima immagine: Vetrini a luce polarizzata (dettaglio), 1953, materiali vari, 4,7×4,7 cm. Courtesy Miroslava Hajek

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