Print Friendly and PDF

Atmosfere di luce. La grandissima retrospettiva su Claude Monet a Vienna

Claude Monet, Camille Monet et un enfant au jardin, Argenteuil, 1873, olio su tela, 57 × 74 cm Museum of Fine Arts, Boston (Anna Perkins Rogers)
Camille Monet et un enfant au jardin, Argenteuil, 1873, olio su tela, 57 × 74 cm. Museum of Fine Arts, Boston (Anna Perkins Rogers)

L’artista parigino non fu solo il capostipite dell’Impressionismo, ma anche, attraverso le sue fasi artistiche dal carattere innovativo, un precursore di buona parte dell’arte europea e americana del XX Secolo. Una grande antologica a cura di Heinz Widauer, con importanti prestiti dalla Russia, dal Giappone, dagli USA, dal Canada e dalla Francia, lo celebra all’Albertina, in collaborazione con il Musée Marmottan di Parigi, fino al 6 gennaio 2019.

Vienna. Quando giunse a conquistare una certa notorietà, comunque in misura inferiore a quanto il suo talento meritasse davvero, Claude Monet (1840–1926), era già cinquantenne, e all’epoca poteva già considerarsi appartenente alla Terza Età. Ma è il destino di tutti coloro che, nella scienza come nella filosofia e nell’arte, precorrono troppo i loro tempi muovendosi su sentieri che ai più appaiono ancora oscuri. Cento opere raccontano un’unica carriera pittorica sempre alla ricerca dell’innovazione, dal passaggio all’Impressionismo dopo gli inizi realisti come allievo di Boudin, fino alle atmosfere d’espressionismo astratto che rivelano la sua profonda inventiva pittorica, la cui pennellata contiene in nuce Cézanne, van Gogh, Picasso e Jackson Pollock.

Le Boulevard des Capucines, 1873, olio su tela, 61 × 80 cm. The Pushkin State Museum of Fine Arts, Mosca

Gli inizi furono assai modesti, si guadagnava da vivere come caricaturista a Le Havre, dove si era trasferito da Parigi a cinque anni al seguito della famiglia; tuttavia le sue caricature ottennero un certo successo fra il popolo, che ne apprezzava l’ironia pungente ma garbata. Un piccolo successo che lo convinse a proseguire sulla via dell’arte, nonostante la disapprovazione del padre. Suo primo maestro fu quell’Eugène Boudin (1824-1898) – a sua volta formatosi sui paesaggisti inglesi calati in Francia per dipingere le spiagge normanne -, che lo iniziò alla pittura di paesaggio en plein air, in modo da poter apprezzare e riprodurre i reali effetti di luce e i colori della natura. Fu tra le spiagge di Étretat, la campagna a nord di Parigi, e i sobborghi cittadini che il giovane Monet si scoprì grande pittore, andando oltre la lezione del maestro Boudin: infatti, attraverso una pennellata rapida, nei suoi primi paesaggi cattura gli effetti di luce in maniera assolutamente naturale, senza il pathos che aveva caratterizzato i paesaggi dei romantici. Inoltre, il tratteggio delle figure comincia a perdere accuratezza, guadagnando però in dinamismo.

Le train dans la neige. La Locomotive, Argenteuil, 1875, olio su tela, 59 × 78 cm. Musée Marmottan Monet, Paris

Ormai pittore di carriera – anche grazie alla frequentazione a Bougival di Pissaro e Sisley -, nel 1870 si trasferisce in Normandia, a Trouville, con la moglie Camille e il figlio Jean, ma a causa della guerra franco-prussiana pochi mesi dopo preferisce rifugiarsi a Londra, dove scopre la nebbia sul Tamigi e gli effetti cromatici che ne derivavano. Nella capitale inglese si era rifugiato, assieme a pittori quali Pissarro e Sisley, anche il gallerista Durand-Ruel, che poco dopo lo avrebbe “lanciato” sul mercato dell’arte. Rientrato in patria nel 1871, dopo la caduta della Comune parigina, si stabilì ad Argenteuil dove rimase, con rari e brevi intervalli, fino al 1878. Fu in questi anni che visse la sua prima grande stagione pittorica, quella legata all’Impressionismo, della quale anche “Treno nella neve. Locomotiva” (1875), non meno della nota “Impression, soleil levant”, può essere considerata un manifesto: il colore non è più definito in maniera netta, come nei dipinti di appena quattro anni prima; la compenetrazione delle sfumature, la pennellata rapida e sfuggente, gli effetti di luce, dimostrano l’interesse quasi esclusivo di Monet per il colore. Il soggetto, per lui, ha sempre avuto una posizione secondaria, mentre la sua attenzione si concentrava invece su ciò che si frapponeva tra lui e il soggetto stesso, ovvero la luce, l’ombra, la pioggia, la neve, la nebbia. La natura da lui dipinta è bella di per sé; non è grandiosa e intima come quella di Courbet, o nostalgica come accade in certe opere di Pissarro. Che sia un giardino fiorito di rose usato come sfondo per la moglie Camille, o la Senna ad Argentuil, o ancora le strade innevate della cittadina, sempre si apprezza la piattezza prospettica mutuata dalle stampe giapponesi che allora erano molto diffuse e apprezzate in Europa, l’incompiutezza del disegno che lascia intuire le figure senza rivelarne l’esatta conformazione, la pennellata fluida e pastosa che copre tutta la tela; elementi che sorreggono un uso innovativo del colore, ragione per cui, ancora oggi, Monet è considerato il “maestro della luce”.

L‘Église de Vétheil, neige, 1878/79, olio su tela, 52 × 63 cm. Musée d‘Orsay, Paris

Pur attraversando eventi storici importanti (come la guerra franco-prussiana e la Comune parigina) e vivendo un’epoca di profondi cambiamenti sociali, politici e di costume, a differenza di colleghi quali Manet, Renoir o Degas, Monet non fu mai particolarmente interessato alla politica, alla società e alla Belle Époque nei suoi aspetti più sfolgoranti, sensuali e a volte anche sordidi. Era invece molto affezionato alla sua quiete domestica, e concepiva la pittura soltanto come uno strumento per afferrare e fissare sulla tela ciò che la natura ha d’inafferrabile, ovvero quei fenomeni fisici e atmosferici di variazione della luce e dei colori che conferiscono ai soggetti una relativa “indeterminatezza” ottica, a seconda di come la luce vi interagisce. Da un punto di vista concettuale, è assai meno moderno dei colleghi sopra citati, già inseriti in un clima di agitazione sociale che prendeva le mosse dalla narrativa naturalista di Emile Zola. Nonostante ciò, Monet ha avuto un peso determinante sullo sviluppo dell’arte del Novecento, in particolare attraverso la seconda fase della sua carriera, sviluppatasi agli inizi degli anni Ottanta dell’Ottocento, dopo lo sfaldamento del movimento impressionista (che ufficialmente esisterà fino al 1886). Per ragioni economiche, dovendo far fronte ai troppi debiti, Monet si trasferì con la famiglia a Vétheuil, dove continuò a dipingere la natura, ma introducendo uno stile pittorico assai innovativo: i frutteti in fiore divennero un tema ricorrente dei suoi quadri, così come il paesaggio circostante al piccolo borgo campestre. Il tratto va sempre più allontanandosi dal dato di realtà, a beneficio di una figurazione che, almeno negli sfondi, sfuma nell’indeterminatezza dell’astrattismo.

Rock Needle vu à travers la porte d’Aval, Étretat, 1886, olio su tela. National Gallery.

Comincia in questi anni la modernizzazione della pittura, ma fu poco apprezzata al punto che i collezionisti americani chiedevano espressamente che i quadri fossero rifiniti a dovere, considerando l’incompiutezza di Monet come una mancanza di qualità dell’opera. Ciò fu motivo di bonaria discussione con il gallerista Durand-Ruel, che faticava non poco a vendere le sue opere. “Scogliera a Porte d’Amont” ben illustra il nuovo corso del pittore, con l’ampia e rapida pennellata che traccia appena la roccia e affida al solo cambio cromatico la distinzione fra terra, mare e cielo. Questo stile, che nel Novecento si ritroverà nell’informale e nell’espressionismo astratto, all’epoca era, per i più, inconcepibile. La vena sperimentatrice di Monet non si fermò qui e per le serie dedicate alla falesie normanne, o alla valle della Creuse nella Francia centrale, si può parlare di pittura espressionista: ancora lo studio della luce nelle differenti ore del giorno, ma con un tratto pittorico che, attraverso il colore, accentua la tridimensionalità dei volumi, anche grazie alla consueta prospettiva schiacciata di stampo giapponese e a una più compatta stratificazione di pennellate che saturano la tela. A questo proposito, anche gli studi sulla Cattedrale di Rouen, nelle varie ore del giorno, costituiscono uno dei punti più alti della pittura di Claude Monet, con la pennellata eterea che sembra elevare ancor di più le slanciate forme gotiche dell’edificio sacro; o ancora, tra la fine del secolo e l’inizio del successivo, le nebbiose vedute londinesi, con il Tamigi protagonista di straordinari effetti pittorici che precorrono l’espressionismo astratto degli anni Cinquanta. Eppure, anche molti suoi colleghi, fra cui Renoir e Pissarro, non espressero commenti favorevoli. Incurante di ciò, dal buen retiro di Giverny – la tenuta che già nel 1883 aveva affittato e che sette anni più tardi riuscirà ad acquistare -, Monet spostò ancora avanti la lancetta dell’arte, partendo dalle celeberrime ninfee e dal giardino che circondava la casa. In queste opere, straordinariamente moderne e che avrebbero potuto essere state dipinte anche solo pochi anni fa, Monet fu il primo pittore a “liberare il segno”, anticipando di decenni le intuizioni di artisti quali Jackson Pollock, Mark Rothko e Cy Twombly. Protagonista assoluto è il colore, che suggerisce la presenza di paesaggi, fiori, piante, acqua sfrangiando però il quadro compositivo tradizionale e aprendo la strada all’arte concettuale della percezione allargata.

Nymphéas, 1908, olio su tela, 92 × 81 cm. Callimanopulos Collection

A distanza di un secolo, quelle pitture sono ancora moderne, seducono per la loro fluidità, il loro dinamismo, per l’intensità dei colori che sembrano bruciare la tela, consumarla sotto il loro peso e creare un onirico fuoco d’artificio che illumina le più estreme regioni dell’arte. Tuttavia questi colori, intensi ma oscuri, rivelano anche la stanchezza morale di chi ha subito gravi lutti (la scomparsa della moglie e del figlio Jean a distanza ravvicinata), ha dovuto barcamenarsi nella povertà prima di riuscire ad affermarsi e ottenere un certo benessere economico, e, generalmente, ha sempre riscosso il biasimo della critica. Eppure, pochi artisti, pur frequentando quasi sempre lo stesso tema, sono stati capaci di attraversare fasi creative così differenti e originali. Talmente originale che la sua arte è stata pienamente apprezzata soltanto in seguito.

Nymphéas, 1907, olio su tela. Musée Marmottan Monet, Parigi

Claude Monet, l’epopea del genio incompreso. La grande antologica a Vienna

Informazioni utili

Claude Monet
21 settembre 2018 – 6 gennaio 2019

Albertina, Albertinaplatz 1, 1010 Vienn
Austria

Tutti i giorni | 9:00 – 18:00
mercoledì e venerdì | Dalle 9:00 alle 21:00
Tutti i giorni festivi sono soggetti agli orari di apertura del rispettivo giorno della settimana.

Orari di apertura speciali per Natale:
26 – 30 dicembre | tutti i giorni 9: 00-21: 00
1 – 5 gennaio | 9: 00-21: 00 tutti i giorni

www.albertina.at

Commenta con Facebook

leave a reply

*