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Fragile sensualità. I bellissimi scatti “italiani” di Francesca Woodman a Venezia

Francesca Woodman - From Eel Series, Venice, Italy, 1978 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, Venice-London Francesca Woodman - From Eel Series, Venice, Italy, 1978 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, Venice-London
Francesca Woodman - From Eel Series, Venice, Italy, 1978 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, Venice-London
Francesca Woodman – From Eel Series, Venice, Italy, 1978 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, Venice-London

Una mostra dedicata alle fotografie del periodo italiano della Woodman, durante il quale assorbì la lezione compositiva di maestri quali Giotto e Piero della Francesca, oltre agli scultori classici. Un legame indissolubile tra antico e contemporaneo, per tramite del corpo femminile, soggetto principale degli scatti italiani della Woodman. Alla galleria Victoria Miro, fino al 15 dicembre 2018. www.victoria-miro.com

Venezia. Una vita breve e una carriera artistica brevissima, eppure capace di esercitare una notevole influenza sulla fotografia dell’ultimo quarto del Ventesimo Secolo. Un amore incondizionato per l’Italia e i suoi antichi maestri, che ne ispirarono l’opera e ne educarono la sensibilità formale. Senza spiegazioni, alla maniera di Ermetici e Surrealisti, le sue fotografie continuano ad affascinare chiunque le osservi, così come la sua figura, per certi versi misteriosa, continua a porre più di un interrogativo. A quasi quarant’anni dalla prematura scomparsa, la Galleria Victoria Miro rende omaggio a Francesca Woodman (1958-1981) con una mostra incentrata sulle fotografie realizzate in Italia, fra il 1977 e il 1978, quando frequentò a Roma la Rhode Island School of Design, approfittandone anche per conoscere più a fondo l’arte della Penisola, aiutata in questo dai ricordi dell’infanzia in Toscana, dove la famiglia (statunitense) possedeva una tenuta per trascorrervi lunghi periodi di vacanza. Del Bel Paese assorbì quegli straordinari equilibri dell’arte classica e antica, con cui affinare la sua ricerca fotografica, che l’aveva attratta sin da giovanissima, ancora tredicenne. In Italia conobbe l’inizio della maturità artistica, che con molta probabilità, se il destino non avesse voluto altrimenti, avrebbe conosciuti ulteriori sviluppi. I suoi scatti sono paragonabili, a brevi composizioni poetiche, sorta di raffinati haiku con i quali condividono la pulizia narrativa, e dove gli equilibri compositivi dell’arte italiana incontrano la moderna tecnica della performance.

Francesca Woodman - Self Portrait, Easter, Rome, 1978 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, Venice-London
Francesca Woodman – Self Portrait, Easter, Rome, 1978 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, Venice-London

La fotografia è tecnica dall’etimologia suggestiva: dal greco fotos (luce) e grafein (scrivere), designa la “scrittura della luce”, formula appena poetica per riassumere la capacità tecnica di fermare, in maniera più realistica della pittura, l’essenza di ciò che per secoli era parso avere natura divina, ovvero quegli effetti di sole, d’ombra e di luna, mai appieno riprodotti nemmeno dagli artisti più talentuosi. Woodman fa di luce e ombra, pieno e vuoto, sostanza narrativa per regalare allo sguardo dell’osservatore momenti artistici fra vita quotidiana e dimensione onirica, atemporale. Un fine erotismo sottende a scatti che interpretano il corpo femminile con rispetto e delicatezza, esaltandone la dolcezza dei tratti; corpi che sono scrigni di segrete angosce e fantasie peccaminose, sottilmente provocanti, al punto da riportare alla mente le inquietanti nudità di Franz von Stuck, nelle quali il piacere erotico diviene un mezzo per soddisfare in maniera estrema il perenne desiderio dell’altrove. Adottando strategie performative, in Self-deceit Woodman presta il proprio corpo ai suoi scatti, lascia che si rifletta nel vetro specchiato, e adotta pose scultoree di gusto classico.

Francesca Woodman - Self-deceit no 5 Rome Italy, 1978 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, Venice-London
Francesca Woodman – Self-deceit no 5 Rome Italy, 1978 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, Venice-London

La serie Anguilla (1978) richiama l’omonimo componimento di Eugenio Montale, dove la caparbietà di questo misterioso vertebrato che risale le correnti e si riproduce in luoghi inospitali, è accostata alla potenza dell’istinto materno, alla forza di volontà che ogni donna esprime nell’allevare ed educare i figli. Woodman suggerisce un accostamento di forma, sul piano della sinuosità, che evoca visivamente la capacità di risalire le correnti, di eludere gli ostacoli, di ospitare in sé la vita e accudirvi. Un’immagine quasi mistica, che rimanda alle Madonne protettrici dipinte da Piero della Francesca.

Francesca Woodman - Untitled Rome Italy 1977-1978 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, London-Venice
Francesca Woodman – Untitled Rome Italy 1977-1978 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, London-Venice

Un denso, caduco e gattopardesco odore di corpi caldi, miele e zagare, polvere e legno di cipresso, avvolge questi scatti che sono traduzioni, in luce, ombra, pieni e vuoti, di una ricerca di equilibrio e leggiadria non soltanto formali ma anche e soprattutto spirituali, di ricerca ossessionata di un “oltre” che forse non era più possibile raggiungere. Acquista allora un senso l’affermazione che fece poco prima di suicidarsi, gettandosi da una finestra di un grattacielo di New York nel gennaio del 1981: «Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffè e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate». In questa luce, l’erotismo espresso dalle fotografie si pone come il mascheramento di fragilità interiori, di un irrisolto conflitto con se stessi (a questo rimanderebbe il nascondersi dietro il vetro riflettente), di un non sentirsi all’altezza. Morire per delicatezza verso se stessi: un gesto morale affascinante nella sua tragicità, e che merita rispetto prima ancora che comprensione.

Francesca Woodman - November has been a slightly uncomfortable baroque, 1977-78 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, V
Francesca Woodman – November has been a slightly uncomfortable baroque, 1977-78 © Charles Woodman Courtesy Charles Woodman, and Victoria Miro, V

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