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Da Stonehenge a Banksy, da Pompei a Caravaggio: gli 8 più grandi misteri della storia dell’arte

Banksy. Foto via Flickr Banksy. Foto via Flickr

La Gioconda è il dipinto più conosciuto al mondo e gli storici dell’arte sono quasi certi di sapere chi rappresenta. Da dove viene dunque il mistero che la circonda? Perché ancora oggi continuano ad emergere nuove teorie su chi possa essere l’enigmatica donna dipinta da Leonardo nel 1503?

La risposta è semplice, e va cercata nella natura dell’uomo, che è amante dei misteri, di cui è piena la storia dell’arte.

Banksy
Banksy
Vi proponiamo otto enigmi meno noti, ma non meno interessanti, che hanno consumato storici ed esperti dell’arte per decenni o addirittura secoli. Riuscirete a risolverli?

>> I simboli di Jiahu – 6000 a.C., Cina preistorica

Replica di un guscio di tartaruga con iscrizioni Jiahu. Foto via Wikimedia Commons.
Replica di un guscio di tartaruga con iscrizioni Jiahu. Foto via Wikimedia Commons.

Nel 2003, gli archeologi che scavavano nelle tombe del Neolitico in Cina scoprirono dei gusci di tartaruga recanti segni -ora noti come simboli Jiahu- che alcuni ritengono costituire il primo esempio conosciuto di scrittura umana, scardinando quella cuneiforme sumerica (usata per la prima volta nel 3100 a.C.). Gli aderenti a questa teoria hanno indicato presunte somiglianze tra i simboli Jiahu e la prima scrittura cinese, delle iscrizioni risalenti alla dinastia Shang (1200-1050 a.C.).

Gli studiosi hanno all’unanimità definito i simboli come una forma di “proto-scrittura” che manca della componente linguistica necessaria per essere un vero testo, sebbene la loro somiglianza visiva con la scrittura Shang suggerisca che potrebbero non essere puramente simboli pittografici.

Un’altra domanda rimanda alla connessione tra i segni Jiahu e la scrittura Shang: sebbene visivamente siano simili essi sono separati da circa cinque millenni. Tuttavia, l’allettante possibilità di aver scoperto la prima lingua scritta al mondo sicuramente motiverà i futuri archeologi cinesi a scoprire tutti i segreti dei simboli Jiahu.

>> Stonehenge – 2500 a.C., Inghilterra preistorica

Stonehenge. Foto Wilfried Joh, via Flickr
Stonehenge. Foto Wilfried Joh, via Flickr

Sono pochi i misteri dell’arte che hanno catturato l’immaginazione popolare come il monumento preistorico di Stonehenge. L’enormità dei monoliti in pietra suggerisce sicuramente la grande quantità di pianificazione, coordinamento e lavoro che deve essere stata coinvolta nella sua costruzione.

Ma chi ha costruito questo sito? Per quale scopo? Il religioso britannico del XII secolo, Geoffrey di Monmouth, affermò che il mago arturiano Merlino creò la struttura grazie alla magia.

Tuttavia, la maggior parte degli studiosi moderni ritiene che Stonehenge -le cui pietre sono state datate con la tecnologia del radiocarbonio- fosse un sito rituale neolitico all’interno di un complesso sepolcrale di più larga scala, probabilmente costruito per allinearsi ad alcuni eventi astronomici. Ma, senza alcun documento scritto che fornisca degli indizi, il suo scopo potrebbe per sempre rimanere un mistero senza tempo.

>> La maschera di Agamennone – 1550-1500 a.C., Antica Grecia

Maschera di Agamennone. Foto via Wikimedia Commons
Maschera di Agamennone. Foto via Wikimedia Commons

Soprannominata “la Monna Lisa della preistoria” da Cathy Gere nel suo libro del 2006 La tomba di Agamennone, la cosiddetta “Maschera funeraria di Agamennone” fu scoperta nel sito greco di Micene dall’archeologo tedesco Heinrich Schliemann nel 1876.

Schliemann era convinto che il volto dovesse essere quello del mitico eroe di guerra greco Agamennone, re di Micene ai tempi della leggendaria guerra di Troia. La scoperta, a suo avviso, confermò la mitica guerra di Troia come un vero evento storico, e Schliemann annunciò che aveva “osservato il volto di Agamennone”.

Tuttavia la datazione della maschera risale a diversi secoli prima del periodo della leggendaria guerra, e anche di Agamennone. Inoltre le ossa del re -che secondo la leggenda fu sepolto proprio sotto la sua maschera- non furono mai ritrovate e questo, insieme alla particolare personalità dell’archeologo (che fu addirittura denunciato per aver sottratto illecitamente in Turchia dei reperti risalenti alla città di Troia), ha spesso fatto pensare che la maschera fosse stata prodotta da lui stesso per venire acclamato. Il mistero rimane ancora oggi irrisolto.

>> La Villa dei Misteri – I secolo a.C., Pompei

Villa dei Misteri, Pompei
Villa dei Misteri, Pompei

Il culto del mistero proliferava nell’antico mondo ellenistico e fu recepito -insieme a molte altre usanze greche- dall’Impero Romano, dove fu accostato alle pratiche religiose. Nonostante il loro riconoscimento e la relativa accettazione, tali culti potevano essere esercitati solo in cerimonie private, di solito tenute nelle domus.

Sebbene l’ignoto che aleggiava intorno a queste manifestazioni abbia impedito la possibilità di conoscerle appieno, i dipinti murali della Villa dei Misteri di Pompei – conservatisi dopo l’eruzione del Vesuvio- sono uno dei più grandi esempi di pittura romana antica e danno una finestra su queste pratiche.

Dato che la residenza di Pompei in questione era destinata al culto del dio Bacco, quello che ci è rimasto è una rappresentazione  dei riti e dei tributi fatti al dio dell’ebbrezza e dei piaceri. Le pitture parietali della cosiddetta “Camera dei Misteri” rappresentano l’iniziazione di una giovane nobildonna e hanno enormemente aiutato gli studiosi a colmare le lacune riguardanti questo aspetto della vita dei romani, che era fino ad allora rimasto nell’ombra.

>> Le linee di Nazca – 500 a.C. – 500 d.C., Perù

Le linee di Nazca, Perù. Foto via Wikimedia Commons
Le linee di Nazca, Perù. Foto via Wikimedia Commons

Dalle colline più alte di Nazca -terre nel sud del Perù- si possono osservare dei giganteschi geoglifi  apparentemente scolpiti nella terra, recentemente protagonisti di un episodio che li ha visti danneggiati dopo che un tir, uscendo di strada, è passato nell’area protetta dove sono conservati da più di 1500 anni.

Lama, scimmie, ragni e pesci: queste forme erano rappresentate dagli artisti di Nazca, che rigiravano le rocce rosse e ossidate delle estese e aride pianure per rivelare il terreno più chiaro sotto di esse. La loro enormità e precisione, così come il fatto che siano progettati per essere osservati dall’alto, hanno disorientato i ricercatori che si interrogavano sul come e sul perché fossero stati creati.

La questione del metodo è sicuramente la meno controversa: con un po’ di pianificazione, strumenti relativamente semplici e attrezzature rudimentali come corde e pali (ritrovati nel sito) la gente di Nazca avrebbe creato questi monumentali opere. La domanda sul perché rimane: erano immagini che solo gli dei potevano vedere? Corrispondono alle costellazioni, si allineano con eventi astronomici o forse ancora indicano dei siti rituali?

Una teoria suggerisce che i geoglifi e le lunghe linee che li collegano corrispondano alle falde acquifere sotterranee della regione. Gli archeologi e gli antropologi comunque continuano a studiare le linee nel tentativo di rispondere a queste domande, mentre recentemente -nel 2016- altri segni nella terra sono venuti alla luce.

>> I Moai dell’Isola di Pasqua – 1250-1500, Polinesia

Moai. Foto di RS, via Flickr
Moai. Foto di RS, via Flickr

Quando il navigatore olandese Jacob Roggeveen sbarcò a Rapa Nui (Isola di Pasqua), nel 1722, la piccola isola nell’Oceano Pacifico sud-orientale contava solo 1.500-3.000 abitanti ma ospitava anche oltre 800 statue monumentali di figure umane stilizzate.

Chiunque abbia creato i Moai -è così che vengono chiamati i grandi totem- ha estratto la pietra dal cratere vulcanico di Rano Raraku e ha scolpito le statue sul posto, per poi trasportarle via terra e lasciarle lungo la costa, con i volti che guardano l’interno dell’isola.

Un’impresa straordinaria: i moai sono alti 13 piedi e pesano, in media, 14 tonnellate ciascuno. Diverse centinaia sono rimasti ancora incompiuti nella cava.

Quando l’esploratore britannico James Cook portò un membro dell’equipaggio polinesiano sull’isola, fu in grado di comprendere quello che i Rapa Nui dicevano e scoprì che le statue in realtà commemoravano i capi tribù defunti.

>> Decollazione di San Giovanni Battista, Michelangelo Merisi da Caravaggio detto Caravaggio – 1608, La Valletta (Malta)

Decollazione di San Giovanni Battista, Michelangelo Merisi da Caravaggio detto Caravaggio - 1608, La Valletta (Malta)
Decollazione di San Giovanni Battista, Michelangelo Merisi da Caravaggio detto Caravaggio – 1608, La Valletta (Malta)

È il maestro del barocco italiano, Michelangelo Merisi da Caravaggio –acclamato per le sue composizioni scure, l’uso della luce e la teatrale drammaticità che contraddistingue le sue scene- protagonista di uno dei grandi misteri della storia dell’arte.

Nel 1606 uccise un giovane in una lite a Roma -in un duello per una scommessa, o addirittura per una partita di tennis- ma le circostanze dell’evento sono in gran parte sconosciute.

Caravaggio fuggì a Napoli, poi a Malta e nel 1608 completò l’unico suo dipinto mai firmato, la Decollazione di San Giovanni Battista, una pala d’altare commissionata dall’ordine dai Cavalieri di Malta. A differenza dei suoi primi dipinti di Salomè e di San Giovanni Battista -tipicamente caratterizzati da un primo piano della testa della vittima- la sua pala della Decollazione trasporta l’evento biblico in termini quotidiani.

Vediamo un San Giovanni assassinato per la strada -come un uomo comune- e la firma dell’autore nel sangue del martire. Da qui la domanda di alcuni studiosi: Caravaggio compose forse questo dipinto come un’ammissione di colpa? Il mistero continua e, come nel caso del mortale incidente di Roma, le prove rimangono ancora oggi ampiamente circostanziali.

>> Banksy – 1993-oggi, UK

Banksy. Foto via Flickr
Banksy. Foto via Flickr

Impossibile scrivere sulle grandi incognite della storia dell’arte senza fare riferimento ad uno dei suoi più grandi e recenti misteri: il fatto che uno degli artisti viventi più famosi sia praticamente uno sconosciuto.

Sebbene lo street artist Banksy sia apparso sulle scene (o meglio sui muri delle città) nei primi anni ’90 -quasi tre decenni fa- con le sue forme stilizzate e decisamente provocatorie l’artista è riuscito nell’era dei social a custodire la sua identità in modo attentissimo, nonostante abbia lavorato a progetti di alto profilo mediatico, come il documentario del 2010 candidato all’Oscar “Exit Through the Gift Shop” o la costruzione di un hotel a Betlemme con “vista” sul muro che separa Palestina e Israele, nonché di un lunapark –Dismaland– sulle coste del Somerset.

Nonostante l’identità del graffiter non sia nota, le ipotesi sono state molte negli ultimi anni e l’ultima sembrerebbe seguire le tracce di un noto musicista inglese, secondo il Daily Mail.

Nel giugno 2007, Banksy costruì una “Stonehenge” di servizi igienici portatili al Festival di Glastonbury in Inghilterra: coincidenza o un ironica provocazione? Senza dubbio -ahinoi per i monoliti preistorici- ad oggi è lui l’ultimo e il più grande mistero dell’arte britannica. Ma la vera domanda è: abbiamo davvero bisogno di sapere chi è Banksy?

Fonte: artsy.net

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