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1-54 Contemporary African Art Fair, 1^ edizione a Marrakech: nuova tappa per l’artworld?

Hassan Hajjaj Kesh Angels, photograph by © Hassan Hajjaj, courtesy of the artist and Vigo Gallery
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1-54 African Art Fair – Marrakech

Una nuova tappa per l’Artworld? Ecco come è andata la prima edizione di 1-54 Contemporary African Art Fair a Marrakech

Si è svolta dal 24 al 25 febbraio la prima edizione spot della fiera 1-54 Contemporary African Art Fair a Marrakech, in Marocco, dopo il successo riscosso in questi anni dall’edizione di Londra (dal 2013) e di New York (dal 2015). A ospitarla il lussuoso Grand salon della La Mamounia, l’hotel preferito di Winston Churchill, che ha visto in questi giorni di fiera un affluenza di 4,000 visitatori, con 17 gallerie internazionali che offrivano un’ampia prospettiva dell’arte contemporanea africana.

Marrakech
La Mamounia Marrakech

Una fiera tutt’altro che “provinciale”:  Non sono mancati infatti ospiti internazionali di alto livello, in particolare importanti  curatori e direttori di museo  internazionali fra i quali si segnalano  il direttore del MoMa Glen Lowry e la curatrice della Tate Zoe Whitley che aveva co-curato con Mark Godfrey “Soul of Nation: Art in the age of black power“, una mostra che indagava il contributo dell’ “arte nera” allo sviluppo dell’Arte Americana. Oltre a loro presenti erano anche i  direttori e curatori del The Smithsonian, Seitz MOCAA e del Centre Pompidou. 

La fiera ha potuto poi contare sul portfolio di collezionisti anche internazionali costruito nelle precedenti edizioni a Londra e New York. A ciò si aggiunge il vantaggio che, essendo il francese praticamente la seconda lingua dei marocchini, la nuova location ha attratto numerosi espositori e collezionisti dei Paesi francofoni, che magari non sarebbero invece stati attratti dalle edizioni di New York in primavera e dell’autunno a Londra.

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1-54 African Art Fair – Marrakech -Courtesy of 1-54.

Le vendite pare siano state abbastanza numerose e ci sia stata una buona attività, sebbene il range medio di prezzi fosse nettamente inferiore rispetto a quello di altre fiere internazionali, in genere attorno i $1,000–$20,000.

Presente anche la galleria italiana Officine dell’Immagine, nota per presentare importanti nomi di fotografi del continente. Da quanto riportato che la galleria milanese avrebbe venduto praticamente tutto il proprio stand già prima della chiusura della fiera, con lavori che costavano fra i 2,000 e 18,000 dollari di Mounir Fatmi, Safaa Erruas e Farah Khalil venduti a collezionisti internazionali.

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Officine dell’Immagine at 1-54 NY 2016 © Katrina Sorrentino

Fra le gallerie internazionali era presente anche la Blain-Southern di Londra, che ha preso per la prima volta parte alla fiera e ha dichiarato ad Artnet che questa è stata un’interessante occasione per creare nuovi contatti, soprattutto di collezionisti internazionali, in un clima più rilassato. Nel loro stand grande interesse è stato rivolto soprattutto ai lavori di Abdoulaye Konaté (i cui prezzi vanno da $55,000 a $105,000) alimentati dalle crescenti commissioni e acquisizioni istituzionali dei suoi lavori, come quella del Museum of African Contemporary Art (MACAAL) recentemente aperto a Marrakech con la notevole collezione Lazraq. In fiera era fra l’altro presente anche lo stesso Othman Lazraq, che si è detto fiducioso sul rilancio dell’arte africana grazie anche proprio a questo tipo di fiere e istituzioni. Lui stesso girava proprio per nuove acquisizioni da destinare al museo.

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Blain Southern’s stand. Courtesy of 1-54.

La mission della fiera è  da sempre quella di promuovere la variegata scena artistica del contenente africano, grazie anche a un ambizioso programma di talks, eventi e soprattutto partnership con istituzioni locali. Il suo nome “1:54” deriva appunto dalle 54 nazioni che compongono il paese, presentando così un’ampia prospettiva di “un’arte africana” come un vasto insieme di realtà artistiche diverse racchiuse tutte dietro un unico format espositivo: variano infatti enormemente le storie, le esperienze raccontate e le tecniche artistiche utilizzate dagli artisti provenienti dai vari Paesi del continente, come da quelli cresciuti in realtà completamente diverse, ma che spesso hanno mantenuto un peculiare legame con le proprie pratiche e usi tradizionali, che si riflettono nella loro produzione.

Sicuramente negli ultimi anni si è visto un crescente interesse, anche internazionale, per l’Arte Africana, anche se più spesso rivolto a pochi nomi di  artisti “blue-chip” rappresentati già da  gallerie internazionali, come per esempio El Atnatsui o Abdoulaye Konaté. L’interesse crescente è tuttavia confermato anche dai recenti movimenti delle case d’asta che hanno iniziato a guardare anche a questo mercato, e soprattutto ai suoi artisti, come ha dimostrato Sotheby’s con la sua prima asta focalizzata unicamente sull’Arte contemporanea africana che, lo scorso 16 maggio 2017 ha totalizzato a Londra 2,794,750 GBP ($3.6 milioni) con 79 lotti di 116 venduti. Secondo ArTactic il volume delle vendite all’asta dell’arte africana nel 2017 avrebbe raggiunto i $5.6 milioni, contro i $4.3 del 2016 (sommando i risultati di Bonhams, ArtHouse e Sotheby’s).

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Abdoulaye Konaté – courtesy of Blain Souther

Ma chi sono i collezionisti dell’arte Africana Contemporanea?  La principale fonte di domanda sono soprattutto i “High-Net-Worth Individuals” delle maggiori economie del continente, ovvero la Nigeria e il Sud Africa. L’aumento della domanda è stato guidato anche dalle grandi corporations africane: fra queste la Borsa della Nigeria (The Nigerian Stock Exchange NSE), che possiede una vasta collezione di Arte Africana Contemporanea. Tuttavia è cresciuto negli ultimi tempi anche l’interesse dei collezionisti internazionali. Ad alimentarlo soprattutto mostre e fiere fra cui appunto la stessa 1:54 African Contemporary Art Fair con i suoi appuntamenti di Londra e New York, ma anche la  57^ Biennale di Venezia, con il gran numero di artisti africani presentati e 8 nazioni del continente che potevano contare su un proprio specifico padiglione nazionale per presentare la propria ascesa artistica locale al mondo.

D’altra parte la scena artistica africana varia enormemente di paese in paese. Per quanto riguarda l’arte contemporanea abbiamo visto emergere negli ultimi anni il Sud Africa, con il Zeitz MOCAA aperto lo scorso anno a Cape Town e il lancio di fiere come Cape Town Art Fair e Joburg

Anche la Nigeria ha visto crescere il proprio livello di benessere (sebbene sempre diversamente distribuito) grazie all’economia del petrolio, che ha alimentato lo sviluppo di una scena artistica locale, come ha dimostrato il suo sostegno economico al lancio della fiera International contemporary art fair Art X LAGOS nel  2015.

E ora viene Marrakech, da sempre terra di connessione fra Africa, Europa e Medio Oriente, luogo di fascino esotico, che già in passato ha attirato  molti artisti e uomini di cultura e che ha visto recentemente importanti segnali di una possibile rinascita culturale creativa: fra questi indubbiamente la recente apertura del Museo Yves Saint Laurent (con la sua sicura capacità di richiamo internazionale) ma anche del Museum of African Contemporary Art (MACAAL) che ospita la notevole collezione di arte africana contemporanea della famiglia Latzman.
A questo si aggiunge una vivace scena artistica locale, messa in luce anche grazie alla Biennale di Marrakech. Quest’ultima si sarebbe dovuta tenere proprio in questo mese in contemporanea alla fiera, ma è stata purtroppo cancellata a settembre per mancanza di fondi.  Tuttavia la direttrice di questa edizione della fiera El Glaoui si dice fiduciosa sulle sorti della scena artistica locale: il Nord Africa ha sviluppato un’importante scena artistica negli ultimi anni, con numerose case d’asta nate in tutto il paese e circa 10 gallerie in ogni grande città, molte delle quali partecipano ormai a fiere anche internazionali. Alcuni nomi  di queste sono Comptoir des Mines Galley 127 nella città di Guéliz e  Loft Art gallery L’atelier 21 di Casablanca. Molti degli artisti marocchini hanno poi ormai consolidato i propri prezzi a buone quotazioni anche nel mercato internazionale. Fra questi Mahi Binebine che avrebbe già  raggiunto i $210,000 in asta, e Hassan Hajjaj , ritenuto un po’ “l’ Andy Warhol del Marocco”.

Hassan Hajjaj
Kesh Angels, photograph by © Hassan Hajjaj, courtesy of the artist and Vigo Gallery

“Penso ci sia una stretta correlazione fra l’economia di un paese e come si sviluppa la sua scena artistica,” ha detto la direttrice Touria El Glaoui in un’intervista ad artnet “Ci stiamo confrontando con l’intero continente, non con un solo paese, e tutti sono a un diverso livello di sviluppo” 

Fiere come queste sono sicuramente un’importante occasione per promuovere, valorizzare e far conoscere  ai collezionisti internazionali, ma soprattutto a quelli locali il variegato scenario della produzione artistica locale,  diventando  un’importante opportunità per creare una possibile rete che unisca il continente, connettendo istituzioni locali, collezionisti e possibili investitori per creare un sistema dell’arte africana sostenibile e fertile.

Questi certo sono processi lunghi, ma che potrebbero avere anche importanti conseguenze per un rilancio culturale/creativo dell’economie spesso depresse dei singoli paesi. Il tempo necessario non è necessariamente una cattiva cosa, come ha notato la direttrice: “Ovviamente noi non vogliamo una bolla, un’accelerazione continua folle come la Cina o il Sud America. Il mio desiderio è che ci possa essere una crescita continua e costante, piuttosto che un boom del singolo momento”

www.1-54.com

Fonte: Artnet

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