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Letizia Battaglia, la forza dell’immagine. Per pura passione, a Roma

© Letizia Battaglia – Il Ballo, Festa di Capodanno a Villa Airoldi, 1985 – Courtesy l’artista © Letizia Battaglia – Il Ballo, Festa di Capodanno a Villa Airoldi, 1985 – Courtesy l’artista
© Letizia Battaglia – Il Ballo, Festa di Capodanno a Villa Airoldi, 1985 – Courtesy l’artista
© Letizia Battaglia – Il Ballo, Festa di Capodanno a Villa Airoldi, 1985 – Courtesy l’artista

Letizia Battaglia. Per pura passione, a cura di Paolo Falcone, Margherita Guccione e Bartolomeo Pietromarchi. Un viaggio nella realtà sociale e politica del nostro Paese, attraverso oltre 200 fotografie, documenti inediti, film, interviste. Al Maxxi, fino al 17 aprile 2017. www.fondazionemaxxi.it

Roma. Osservare le immagini in bianco e nero di Letizia Battaglia (Palermo, 1935), equivale a sfogliare, pagina dopo pagina, i capitoli di questo complesso romanzo popolare che è l’Italia. Dopo la preview palermitana, l’antologica della fotografa siciliana arriva nelle sale del Maxxi con un allestimento che ne esalta la forza espressiva. Con la curiosità della giornalista, l’istinto dell’antropologa, la sensibilità dell’artista e l’empatia femminile, Battaglia è una testimone importante della storia italiana degli ultimi quattro decenni, una reporter di prima linea, dagli scontri di piazza agli omicidi di mafia, dalle carceri agli ospedali psichiatrici: il suo obiettivo si trova sempre là dove è necessario raccontare, dove è necessario scuotere le coscienze. Per lei, la macchina fotografica è uno strumento d’impegno civile con cui fissare e diffondere avvenimenti, stati d’animo e scomode verità.

© Letizia Battaglia – Festa del giorno dei morti. I bambini giocano con le armi. Palermo, 1986 – Courtesy l’artista
© Letizia Battaglia – Festa del giorno dei morti. I bambini giocano con le armi. Palermo, 1986 – Courtesy l’artista

Delle agitazioni radicali degli anni Settanta, Battaglia ci restituisce il senso di violenta utopia che le animava, la forza di ideali e ideologie che oggi hanno in gran parte perso di significato, ma che all’epoca sono stati il punto di riferimento nella vita politica e sociale del Paese. Ma dove la sua opera di giornalista-reporter tocca l’apice del dramma e della partecipazione, è nel documentare gli omicidi di mafia degli anni Ottanta, nell’immortalare quei corpi straziati da una violenza invisibile eppure sotto gli occhi di tutti, compresi quelli della politica: emblematico lo scatto che ritrae Giulio Andreotti al fianco di Nino Salvo, un’immagine acquisita anche dalla DIA e utilizzata nel processo all’ex esponente democristiano, poi conclusosi con una clamorosa assoluzione. In questi volti di boss, faccendieri, cadaveri e politici è sintetizzata gran parte della storia della Prima Repubblica, con le sue vergogne, le sue omertose collusioni e l’avidità di potere.

© Letizia Battaglia – L’arresto del feroce boss mafioso Leoluca Bagarella. Palermo, 1980 – Courtesy l’artista
© Letizia Battaglia – L’arresto del feroce boss mafioso Leoluca Bagarella. Palermo, 1980 – Courtesy l’artista

Accanto a queste immagini, i volti di chi questo malcostume lo combatteva: icone forti, a loro modo strazianti per le tragedie interiori che spesso nascondono (basti pensare al disagio vissuto da uomini come il generale Dalla Chiesa e il giudice Falcone, letteralmente lasciati al loro destino di morte da quello Stato che avrebbe dovuto sostenerli); ma sono anche immagini di riscatto, se lette nella prospettiva storica degli importanti (anche se parziali) cambiamenti sociali dai quali l’Italia della II Repubblica è stata interessata – in particolare al Sud -, soprattutto grazie all’esempio, molto spesso eroico, di questi giudici, amministratori, poliziotti, cui l’Italia ancora oggi dovrebbe essere grata. Anche per questo gli scatti di Letizia Battaglia sono un monito, oltre che una testimonianza storica: incitano all’impegno civile, ci ricordano che se la strategia della tensione è stata lasciata da parte, la mafia continua a offendere il Paese attraverso una silenziosa e redditizia penetrazione economica nel tessuto sociale, da Nord a Sud. E poiché l’indifferenza è il clima favorevole al prosperare della criminalità, Battaglia va nella direzione di sensibilizzare i cittadini, di risvegliare il loro senso critico e civico.

© Letizia Battaglia - Via Pindemonte, Ospedale Psichiatrico, Palermo 1983, Courtesy l’artista
© Letizia Battaglia – Via Pindemonte, Ospedale Psichiatrico, Palermo 1983, Courtesy l’artista

Non c’è retorica né melodramma nei suoi scatti, che raccontano un’Italia difficile, ferita, a suo modo reticente eppure orgogliosa, che trova nella Sicilia il suo ideale archetipo. In quella metà degli anni Ottanta, la cronaca nera si mischia alla vita quotidiana degli italiani (una vita che dalla cronaca è purtroppo segnata): i mercati di quartiere, le processioni, i matrimoni, le feste mondane. Una realtà che suo malgrado convive con la violenza, il crepitio dei colpi di pistola sembra intrecciarsi con le risate dei bambini, con il sentimento religioso, con il fasto e lo squallore. Il racconto per immagini della città di Palermo – oltre a possedere un respiro iconografico che rimanda alla pittura barocca italiana e spagnola -, è condotto con una sensibilità d’indagine tale da esaltare l’intimità degli individui.

© Letizia Battaglia – La sposa inciampa sul velo. Casa Professa, Palermo, 1980 – Courtesy l’artista
© Letizia Battaglia – La sposa inciampa sul velo. Casa Professa, Palermo, 1980 – Courtesy l’artista

Donne e bambini sono i protagonisti più ricorrenti, come fossero l’anima più autentica della città, di una Palermo sospesa fra passato e presente, fra Oriente e Occidente, a metà fra un palazzo spagnolesco e un suk arabo. In particolare i bambini sono gli attori e gli spettatori più inermi e innocenti, mentre giocano o camminano per le strade, persino quando si trovano in mano un’arma, oggetto purtroppo familiare. E sempre, dalla pellicola, gli sguardi intensi, orientali e orgogliosi (“i siciliani sono Dèi”, scriveva Tomasi di Lampedusa). Perché Palermo (e la Sicilia tutta) non significa soltanto mafia e violenza, ma anche e soprattutto dignità, coraggio, pragmatismo, silenzio e bellezza.

© Letizia Battaglia – La conta. Dopo la Processione dei Misteri gli uomini contano i soldi delle offerte. Trapani, 1992 – Courtesy l’artista
© Letizia Battaglia – La conta. Dopo la Processione dei Misteri gli uomini contano i soldi delle offerte. Trapani, 1992 – Courtesy l’artista

Accanto alla Palermo popolare, i ricevimenti mondani e i grandi balli a Villa Airoldi ci restituiscono il fascino gattopardesco e un po’ consunto dell’aristocrazia siciliana, la sua sensualità barocca che nasconde un criptico senso di morte, di nostalgia per un più glorioso passato, e di timida fiducia nell’avvenire.

La sensibilità di Letizia Battaglia la porta a documentare anche la realtà di aree sociali solitamente lasciate ai margini per la loro problematicità: le carceri e gli ospedali psichiatrici. Battaglia invece, v’insinua l’obiettivo per raccontare, ad esempio negli scatti inediti dalla “Real Casa dei Matti” (l’antica struttura di custodia per le persone con disagio mentale), la sensibilità artistica dei pazienti con i quali realizzò, come volontaria della struttura, numerosi laboratori teatrali. Volti che rivelano la loro inclinazione alla maschera greca, plasmata da una tragicità vecchia di secoli, nel cui sguardo brilla la sublime follia di Empedocle e Archimede.

© Letizia Battaglia – Nella spiaggia della Arenella la festa è finita. Palermo, 1986 – Courtesy l’artista
© Letizia Battaglia – Nella spiaggia della Arenella la festa è finita. Palermo, 1986 – Courtesy l’artista

E ancora, i volti di intellettuali scomodi: fra questi, Dario Fo, Franca Rame, Pierpaolo Pasolini, che come lei hanno indagata la realtà per smuovere le coscienze, per demolire le certezze del sistema.

Letizia Battaglia non cerca lo scatto estetico, ma quello sociologico fra sono cronaca e letteratura. Si tratta di una mostra affascinante, rude ed elegante, dolorosa e ironica insieme, l’ideale complemento iconografico del reportage Casa nostra, che Camilla Cederna realizzò negli stessi anni. Una mostra d’ambito artistico, certo, ma anche e soprattutto civile, che per la sua capacità d’incuriosire e far riflettere è sperabile possa essere visitata da tante scolaresche, che potranno avere uno strumento in più per capire il nostro Paese – dove è perché ha fallito nel progresso civile degli ultimi venti anni -, e anche, probabilmente, per leggere i giornali con un maggior senso critico. Ed essere cittadini più consapevoli.

Tutte le informazioni: http://www.fondazionemaxxi.it/events/letizia-battaglia-per-pura-passione/

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