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Antonio Ligabue espressionista tragico a Roma. Una grande retrospettiva al Vittoriano

Antonio Ligabue Antonio Ligabue
Antonio Ligabue Testa di tigre, 1953-1954
Antonio Ligabue, Testa di tigre, 1953-1954

A partire dal prossimo 11 novembre, il Complesso del Vittoriano (Ala Brasini) di Roma, ospiterà una grande  mostra dedicata al personalissimo mondo creativo di Antonio Ligabue, uno dei protagonisti dell’arte italiana del XX secolo. L’esposizione, promossa dalla Fondazione Museo Antonio Ligabue di Gualtieri, è curata da Sandro Parmiggiani (direttore della stessa fondazione) e da Sergio Negri, direttore scientifico, con l’organizzazione generale di Arthemisia Group e C.O.R.

Parmiggiani definisce Ligabue un “espressionista tragico” che ha sempre rappresentato l’aspetto più drammatico della vita. Oltre 100 opere ripercorrono la sua particolare attività artistica in cui si riflette una concezione dell’esistenza come perenne battaglia. I soggetti rappresentati nei dipinti sono spesso predatori, animali esotici e della foresta, che egli sentiva amici più degli uomini. Amava imitarli prima di iniziare a dipingerli, in una sorta di rituale magico. Negli autoritratti si può notare l’interesse di Ligabue per l’abbigliamento, quasi volesse restituire al suo personaggio quella dignità che per tanti anni non gli fu riconosciuta dalla sua gente, per la quale era semplicemente “il matto”. Nei rari momenti di serenità amava dipingere paesaggi agresti  in cui fondeva il presente  al passato dell’infanzia trascorsa in Svizzera, dimostrando grandi doti mnemoniche e capacità d’immaginazione. In questo senso, tra gli olii esposti occorre ricordare “Carrozza con cavalli e paesaggio svizzero”  (1956 – 1957). Tra gli altri celebri dipinti dell’artista segnaliamo anche “Tavolo con vaso di fiori (1956) e ” Gorilla con donna” (1957-1958) , nelle foto.

Antonio Ligabue Aquila con volpe, 1944
Antonio Ligabue, Aquila con volpe, 1944

Oltre i dipinti, saranno esposte anche alcune sculture in bronzo come Leonessa (1952-1962) e Lupo Siberiano (1936). I soggetti sono gli stessi della pittura, ma rappresentati con una adesione realistica maggiore. Una sezione sarà dedicata anche alla produzione grafica con disegni e incisioni. In questo senso va precisato che, anche se si ritrovano nei disegni gli stessi soggetti dei dipinti, questi tuttavia, non sono mai semplici lavori preparatori delle tele. Si tratta quindi di una produzione distinta da quella pittorica.

La produzione artistica di Ligabue è intimamente legata alla sua vicenda umana e non poteva pertanto mancare una sezione dedicata alla sua vita, segnata dall’abbandono, dal vagabondaggio e dall’emarginazione. Nato a Zurigo nel 1899 da una ragazza madre italiana, fu ben presto affidato a una coppia indigente, costretta a spostarsi in cerca di lavoro. Iniziò quindi per lui una lunga odissea di nomadismi e di violenze che lo portarono al primo ingresso in manicomio nel 1917, a causa di una crisi di nervi. Autodidatta, solo la sua arte riusciva a donargli sprazzi di serenità. Seguirà poi l’espulsione dalla Svizzera su denuncia della madre e anni di vagabondaggio fino a quando si stabilirà a Gualtieri. Seguiranno ancora anni difficili e ricoveri fino all’incontro salvifico con lo scultore e pittore Renato Marino Mazzacurati che gli darà la possibilità di coltivare il suo immenso talento.

Antonio Ligabue Leonessa che azzanna una zebra, 1950-55,  olio su faesite, 72 x 88 cm.,                 Collezione Banca Popolare di Bergamo
Antonio Ligabue, Leonessa che azzanna una zebra, 1950-55,
Antonio Ligabue
Antonio Ligabue

Informazioni utili

LIGABUE

Dall’11 novembre 2016 all’8 Gennaio 2017

Sede Complesso del Vittoriano (Ala Brasini), Via di San Pietro in Carcere.

www.ilvittoriano.com

Telefono : 068715111 (info e prenotazioni per le mostre)

Email: ufficiogruppi@arthemisia.it

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  • Complimenti per l’articolo e per come è stato scritto.
    Raccontare Ligabue con tanta semplicità e chiarezza, non può far altro che comprenderlo più facilmente e renderlo accessibile a molti.
    L’evento aiuterà sicuro poi, ad empatizzare la sua già derelitta esistenza e la sua grandezza artistica.

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