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CODEX. Antonio Biasiucci al Museo Archeologico di Napoli

La ricerca di una fotografia che sveli il significato profondo della vita e della morte, del nascere e dello scomparire. Antonio Biasiucci con CODEX, a cura di Gianluca Riccio in mostra al Museo Archeologico di Napoli fino al 18 luglio, rimette in gioco l’essenza delle cose. Un documento che racchiude e cela storie di vita passate che riprende forma e vita con gli scatti di Biasiucci. Un documento nel documento e del documento che rappresenta il passaggio di modi e di forme della catalogazione, dalla scrittura all’immagine, ma che è al contempo, nel contemporaneo, arte e perciò ridona vitalità al documento stesso.

004_CODEX_Biasiucci_Foto di Fulvio Ambrosio-2

Nata da una ricerca sull’Archivio Storico del Banco di Napoli, Biasiucci ha avviato “Residenze d’Artista” un programma di ospitalità produttiva dedicato ai principali esponenti della ricerca artistica contemporanea per la valorizzazione dei materiali all’Archivio Storico del Banco di Napoli, lanciato dalla Fondazione Banco di Napoli all’interno del progetto culturale ilCartastorie. Infatti il più grande archivio storico bancario del mondo raccoglie, in 330 stanze, sessantamila faldoni e libri contabili custodi di 17 milioni di voci che raccontano le storie degli antichi banchi, e regalano un affresco vivo di Napoli e di tutto il Mezzogiorno, dalla metà del 1500 ad oggi.

Moltitudini_foto di FULVIO AMBROSIO_MG_3062

Un tesoro di memorie catturato in CODEX, che nella lingua latina ha preso prima il significato della parte interna del fusto dell’albero poi della tavoletta cerata ad uso scrittura e infine di manoscritto formato da più fogli, che Antonio Biasiucci ha realizzato tra l’estate e l’autunno del 2015 nel corso della sua permanenza negli spazi dell’Archivio Storico del Banco di Napoli. Un ciclo di fotografie di grande formato che danno vita ad un polittico di 14 metri per sei rigorosamente in bianco e nero dove le storie degli uomini racchiuse nei faldoni prendono forma nello spazio perdendo la loro connotazione tipica di raccoglitori di documenti posti su scaffali. In questo modo i contenitori di raccolta dei manoscritti, scarnificati si trasformano in racconti di storie universali lasciate alle sensazioni degli spettatori che ammaliati dall’effetto delle immagini e dell’allestimento, ritrovano nei codici numerici ben visibili, le date, che li accompagnano la bellezza delle scritte a pennello e la possibilità di mutevoli letture. Non ultima quella sollecitata anche dal luogo in cui le immagini sono state allestite, il Museo Archeologico di Napoli, che mette in rilievo l’aspetto architettonico della composizione delle immagini: palazzi, forse, ma soprattutto colonne a sollecitare lo sguardo ad osservare oltre la sala d’allestimento, e spaziare tra i contenuti degli altri ambienti del Museo Archeologico.

Moltitudini_foto di FULVIO AMBROSIO_MG_3042

Ma quella di Antonio Biasiucci è una doppia mostra che parte dalla “Sala del soffitto stellato” del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove i manoscritti dell’Archivio Storico del Banco di Napoli raccontano di un luogo, l’archivio bancario, che si apre e si mostra alla città e che continua all’Archivio Storico del Banco di Napoli con un invito a scoprirne il contenuto. Infatti al terzo piano di Palazzo Ricca in via dei Tribunali 213 una sala completamente oscurata ospita la proiezione di fotografie dell’artista nato a Caserta. MOLTITUDINI, nome dato all’installazione realizzata in collaborazione con Stefano Gargiulo e Pasquale Scialò, sono immagini tratte dalla ricerca di Antonio Biasiucci “Volti/Pani” che qui invece prendono un nome e una forma site-specific dove i volti, i calchi in pietra e i pani vengono proiettati sul dorso dei faldoni riposti sugli scaffali.
Un invito questo, quindi, a stare nell’archivio, ad annusarlo, ad osservarlo, a restare e consultarlo per scoprire quelle molteplici storie degli uomini di cui sono ricche le pagine dei manoscritti. E la suggestione è talmente profonda a richiamare il contenuto di vita e morte di cui è ricca la ricerca estetica di Biasiucci, da aver trasformato in permanente l’installazione all’Archivio Storico del Banco di Napoli.
Una doppia personale, dunque, quella di Antonio Biasiucci che porta con MOLTITUDINI le persone dentro l’archivio e con CODEX l’archivio nella città, verso le persone.

2) Antonio Biasiucci, Codex, 2.1682, 2015 form. 110 x 137cm

Una ricerca che mette al centro il documento non solo nella semplice accezione di annotazioni su carta, ma come testimonianza dei racconti e della storia che si accompagna e si trasforma in ulteriore documento attraverso la fotografia. E cos’è, scarnificata del suo contenuto imminente, la fotografia se non essa stessa testimonianza, documento e sostanza?

Antonio Biasiucci - photo Augusto De Luca

Antonio Biasiucci nasce a Dragoni (Caserta) nel 1961. Nel 1980 si trasferisce a Napoli, dove comincia un lavoro sugli spazi delle periferie urbane e contemporaneamente una ricerca sulla memoria personale, fotografando riti, ambienti e persone del paese nativo. Nel 1984 inizia una collaborazione con l’Osservatorio Vesuviano, svolgendo un ampio lavoro sui vulcani attivi in Italia. Nel 1987 conosce Antonio Neiwiller, attore e regista di teatro: con lui nasce un rapporto di collaborazione che durerà fino al 1993, anno della sua scomparsa. Fin dagli inizi la sua ricerca si radica sui temi della cultura del Sud e si trasforma, in anni recenti, in un viaggio dentro gli elementi primari dell’esistenza. Ha ottenuto importanti riconoscimenti, tra cui nel 1992, ad Arles, il premio “European Kodak Panorama”; nel 2005 il “Kraszna/Krausz Photography Book Awards”, per la pubblicazione del volume Res. Lo stato delle cose (2004) e, nello stesso anno, il “Premio Bastianelli”. Numerosissime le mostre personali e le partecipazioni a mostre collettive, a festival e rassegne nazionali e internazionali. Ha collaborato inoltre a diversi progetti editoriali, e ha partecipato a importanti iniziative culturali di carattere sociale. Biasiucci è stato invitato fra gli artisti del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia del 2015.

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