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La Cappella Sistina. Dentro la meraviglia di Michelangelo

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Impossibile non restare incantati da tanta bellezza. La Cappella Sistina rappresenta infatti, indubbiamente, un luogo magico e intenso, da vivere pienamente, nonostante la grande folla che ogni giorno si reca ad ammirare la serie di affreschi più famosi del mondo.

Nata come cappella palatina per volere di papa Sisto IV della Rovere (da cui prende appunto il nome), fu inaugurata ufficialmente con la celebrazione della prima Messa il 9 Agosto del 1483. Il pontefice per la sua realizzazione fece ristrutturare l’antica Cappella Magna, l’aula fortificata di età medioevale, destinata ad accogliere le riunioni della corte papale, dedicando la nuova cappella alla Vergine Assunta.

La Cappella Sistina però, così come possiamo ammirarla noi oggi, è quella realizzata dopo molti anni di lavoro e appare quindi molto diversa da come Sisto IV la concepì, vale a dire senza ancora gli interventi di Michelangelo, che qui lavorò alcuni anni dopo. Facendo uno piccolo sforzo di immaginazione, dobbiamo infatti andare a cancellare (per fortuna solo virtualmente) tutta la decorazione della volta e il celebre Giudizio Universale.

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Cosa avremmo trovato al suo posto? Nella volta un elegante cielo blu con stelle dorate dipinto da Piermatteo d’Amelia, mentre nella parete dietro all’altare vi erano due grandi finestre che completavano il giro con quelle presenti sulle pareti laterali. Ma non immaginiamoci però una Cappella Sistina priva di pitture o colori, perché Sisto IV aveva già chiamato a raccolta per la sua decorazione, gli artisti più famosi del tempo: Botticelli, Perugino e Pinturicchio solo per fare qualche nome.

Questi si dedicarono infatti ad ornare interamente le pareti laterali con una serie di affreschi divisi in tre fasce orizzontali: nella parte inferiore, finti drappi damascati con le insegne del pontefice (e i colori bianco e giallo del papato) su cui venivano appesi preziosi arazzi eseguiti su disegni di Raffaello; nella fascia intermedia, la più importante, furono dipinte scene di Storie Bibliche con episodi della vita di Mosè da un lato e di Cristo dall’altro; nella fascia superiore, all’altezza delle finestre, i ritratti dei pontefici voluti da Sisto IV per dimostrare la continuità del suo mandato con quello dei suoi predecessori.

Chi decise poi di chiamare Michelangelo ad apportare le prime modifiche, fu il nipote di Sisto IV, l’intraprendente Giuliano della Rovere, divenuto papa con il nome di Giulio II. Fu così che al maestro venne chiesto di andare a sostituire completamente la decorazione della volta, richiesta che non fu accettata con grande entusiasmo, visto che Michelangelo non amava affatto dipingere. Nonostante questo, ciò che andò a realizzare, con i suoi 800 metri quadrati di pittura “a buon fresco” (affresco), fu il suo primo capolavoro nella Cappella Sistina.

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Lavorando giorno e notte, in completa solitudine, su alti ponteggi e con la sola illuminazione delle candele, Michelangelo portò a termine l’intera opera in pochi anni, dal 1508 al 1512. All’interno di una possente architettura interamente dipinta, Michelangelo pose nove storie centrali, raffiguranti altrettanti episodi della Genesi – il più celebre è certamente la Creazione di Adamo – ponendo ai lati numerose figure di Ignudi che sostengono medaglioni con scene tratte dal Libro dei Re; alla base della struttura architettonica, pose poi dodici Veggenti, cioè Profeti e Sibille, che siedono su troni monumentali a cui si contrappongono, ancora più in basso, nelle vele e nelle lunette, gli Antenati di Cristo; realizzò inoltre, nei quattro pennacchi angolari, alcuni episodi della miracolosa salvazione del popolo d’Israele.

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Verso la fine del 1533, fu papa Clemente VII Medici ad incaricare nuovamente Michelangelo per modificare ulteriormente la decorazione della Sistina, dipingendo sulla parete d’altare il Giudizio Universale: il maestro però iniziò a lavorarci nel 1536 sotto il pontificato di papa Paolo III Farnese, completando l’opera nel 1541. La grandiosa composizione si incentra intorno alla figura dominante del Cristo, colto nell’attimo che precede quello in cui verrà emesso il verdetto del Giudizio.

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Accanto a Cristo è la Vergine, che volge il capo in un gesto di rassegnazione, non potendo più intervenire, ma solo attendere l’esito del Giudizio. Anche i Santi e gli Eletti, disposti intorno alle due figure della Madre e del Figlio, attendono con ansia di conoscere il responso: alcuni di essi sono facilmente riconoscibili, come per esempio San Pietro con le due chiavi, San Lorenzo con la graticola o San Bartolomeo con la propria pelle scorticata, in cui solitamente si riconosce l’autoritratto di Michelangelo.

Più sotto si trovano invece gli angeli dell’Apocalisse che risvegliano i morti al suono delle lunghe trombe e tutto intorno si distinguono i risorti in ascesa verso il cielo mentre recuperano i corpi, insieme ad angeli e demoni che invece sembrano fare a gara per spingere più dannati possibili nell’inferno. E ancora più sotto, vediamo il traghettatore Caronte che a colpi di remo e insieme ad altri demoni, fa scendere i dannati dalla sua imbarcazione per condurli davanti a Minosse, giudice infernale, ritratto con il corpo avvolto dalle spire del serpente. E dall’Apocalisse biblica il pensiero subito corre a Dante Alighieri che proprio così descriveva e immaginava il tutto nella sua evocativa Divina Commedia!

Approfondimento a cura di L’Asino d’Oro Associazione Culturale, che organizza visite guidate e passeggiate per andare alla scoperta di Roma con archeologi e guide turistiche abilitate della Provincia.

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