Print Friendly and PDF

Orologi e strumenti musicali: Martino Lurani Cernuschi racconta la sua collezione

Martino Lurani Cernuschi Martino Lurani Cernuschi
Martino Lurani Cernuschi
Martino Lurani Cernuschi

Nel cuore di Milano, nel distretto delle Cinque Vie che collegano Sant’Ambrogio al Duomo, ci imbattiamo nel palazzo di una delle storiche famiglie di Milano. Siamo a Palazzo Lurani Cernuschi, una delle dimore storiche della Lombardia che lo scorso 24 maggio ha aperto le sue porte ai visitatori in occasione della XXII edizione dei Cortili Aperti a Milano.

Ci accoglie Martino Lurani Cernuschi, distinto trentenne oggi organizzatore di eventi nel capoluogo meneghino ed entusiasta racconta che la giornata dei Cortili aperti organizzata dall’Associazione Dimore Storiche Italiane – ADSI è andata benissimo: “Non c’è stato un momento della giornata in cui il palazzo non sia stato invaso dai visitatori” – afferma.

Ci introduce poi alla sua collezione di orologi da edificio e strumenti musicali automatici che il 24 maggio il pubblico ha avuto l’opportunità di scoprire e visitare. Circondati da questi pezzi antichi e curiosi che rivelano la passione e la dedizione di Martino per questi oggetti, iniziamo la nostra chiacchierata.

Chi ha dato il via alla collezione?

Io. In famiglia non c’è nessuno che si interessi né di orologeria né di musica, almeno nelle ultime generazioni. Ma io sin da piccolo sono stato attratto dai meccanismi e dalle cose meccaniche, al punto che tentavo di smontare e rimontare i piccoli orologi che c’erano in casa creando enormi disastri. Contemporaneamente ho iniziato a studiare musica: volevo suonare l’organo da chiesa. Ho preso lezioni di pianoforte e poi sono passato all’organo. Ad 11 o 12 anni suonavo l’organo durante la messa, a Milano ma soprattutto in vacanza in Liguria. In vacanza al mattino andavo in spiaggia e nel pomeriggio prendevo l’autobus (perché i miei non mi accompagnavano a suonare l’organo) e andavo in tutti i paesini liguri a disturbare i preti per convincerli a farmi suonare l’organo delle loro chiese. Un giorno la mia passione per i meccanismi mi ha portato a chiedere al prete il permesso di salire sul campanile perché volevo vedere come era fatto il meccanismo del campanile. Titubante, mi ha fatto salire. E ho scoperto che l’orologio che si vedeva all’esterno era comandato da un piccolo motorino elettrico, mentre il vecchio meccanismo, meccanico, era stato abbandonato e stava per essere buttato via. Allora li ho fermati e gli ho detto: lo prendo io. Quello è stato il mio primo pezzo. Avevo 14 anni.

E oggi quanti pezzi conta la collezione?

Circa 40, 50 esemplari.

Meccanismi di orologi da edificio
Meccanismi di orologi da edificio

Perché proprio orologi da edificio?

E’ difficile dirlo. Mi piacciono i meccanismi e nell’orologio da edificio il meccanismo è molto più evidente rispetto ad un orologio domestico. Mentre in quest’ultimo vediamo il quadrante e la cassa che nasconde tutto il meccanismo, nell’orologio da edificio il meccanismo è lo stesso orologio. La cassa, quella che in casa si può considerare la cassa di legno, nell’orologio da edificio è tutto l’edificio. Nel caso di una chiesa, tutto il campanile è la cassa dell’orologio: è il meccanismo completo che comanda un quadrante esterno e di solito delle campane, staccate dal meccanismo. In gergo si chiamano infatti orologi a scheletro perché la bellezza del meccanismo è di per sé tutta parte estetica e a me affascina questo. Mi piace il meccanismo, mi piace vederlo in primo piano, non nascosto dietro una cassa. Ora gli orologi sono tutti elettronici, ma una volta erano meccanici.

Se ne trovano ancora in giro di orologi da edificio meccanici?

Specifico che si chiamano orologi da edificio (perché dire orologi da campanile è sbagliato) tutti gli orologi pubblici, quelli che si trovano sulle facciate degli edifici, sui campanili, sulle facciate dei palazzi, nelle stazioni ferroviarie. Ma sono orologi da edificio anche quelli che si trovano in strada, sebbene siano molto più piccoli. In Italia sono rari, mentre per le strade di Londra se ne trovano ancora molti vecchio stile, in ghisa o in ferro battuto.

Orologio da edificio
Orologio da edificio

Dopo aver ottenuto il tuo primo orologio da edificio come è proseguita la tua avventura da collezionista?

Dopo il primo orologio, avuto a 14 anni, sono entrato nella forma mentale di poterne trovare altri. Allora ho iniziato a girare per altri paesini dell’entroterra ligure, solo che non era molto facile per un ragazzino di 14 15 anni.

I tuoi genitori ti appoggiavano?

Insomma, mica tanto. Diciamo che non mi andavano contro, ma nemmeno mi appoggiavano. A 14 15 anni, mi presentavo da questi preti e chiedevo di salire sul campanile. Poi i liguri, i preti liguri sono un po sospettosi. Non è stato facile, ma divertente. Mi studiavo degli escamotage: innanzitutto andavo sempre a suonare l’organo in chiesa. Il primo passo era quello: prima suonavo e poi chiedevo di salire sul campanile. Oppure quando c’erano le sagre di paese, vista la forte tradizione ligure dei campanari, c’era ancora chi saliva sul campanile a suonare le campane a mano. I campanili quindi erano aperti con i campanari che suonavano. Io mi segnavo tutte le date e andavo lì, dicevo di conoscere i campanari, salivo e così riuscivo a vedere i meccanismi degli orologi, e se eventualmente qualcuno era abbandonato e in disuso. Questo è stato l’inizio. Poi più avanti ho iniziato ad affinare i gusti. Perché salvo poche eccezioni i pezzi abbandonati non erano stratosferici. Io ormai avevo tutti i modelli disponibili e volevo iniziare ad evolvere la collezione, come qualsiasi collezionista. E allora ho iniziato a rivolgermi al mercato dell’antiquariato. Ero anche diventato amico del titolare di una ditta di Recco, in Liguria, che in passato produceva orologi meccanici e all’epoca faceva manutenzioni. Andavo sempre da questo signore a disturbarlo e a farmi raccontare cose sui vari modelli di orologi, sulla sua ditta e la mia passione per questi oggetti continuava a crescere. E’ grazie a persone come lui che ho continuato ad acquistare. Anzi a cercare, perché acquistare è facile: il problema è cercare.

E oggi dove cerchi?

Ora mi rivolgo al mercato antiquario, ma anche ad Internet e a privati. Ho iniziato ad acquistare in Italia, soprattutto in Liguria tramite conoscenti e antiquari, ma poi mi sono orientato più verso l’estero. In Francia e in Germania si trovano molti più pezzi e ci sono anche molti più collezionisti, mentre in Italia siamo solo sette ad avere una collezione abbastanza ampia. Quando ho iniziato, man mano che cercavo e acquisivo pezzi mi facevo una cultura, scoprivo meccanismi molto complessi e molto belli di cui non sospettavo minimamente. Il vero problema degli orologi da campanile infatti è che esiste pochissima bibliografia.

Catalogo di orologi da edificio
Catalogo di orologi da edificio

Come hai sopperito a questa mancanza?

Non sapendo dove sbattere la testa ho iniziato ad acquistare i cataloghi pubblicitari. Sul catalogo si trova tutto: tutti i modelli di orologi da campanile, ma anche da strada e da edificio, i prezzi, il peso. Così mi sono fatto una cultura. Ho centinaia di questi cataloghi: credo di avere l’archivio più fornito di tutta Italia sugli orologi da campanile e sulle fabbriche che li producevano.

Di che epoca sono i pezzi della tua collezione?

Per scelta io colleziono orologi datati dalla metà dell’Ottocento agli anni ’30/’40 del Novecento. Mi piacciono di più perché sono più complessi. Sono pezzi semi industriali, però hanno una lavorazione precisa. Non disdegno i pezzi più antichi, ci sono certi capolavori ineguagliabili, ma come passione mi piace l’idea della tecnologia, della rivoluzione industriale e allora ho scelto questo tipo di meccanismi. E sono quelli che si trovano a catalogo, prodotti su ordinazione, mentre prima, essendo pezzi più artigianali, non venivano catalogati.

Particolare orologio da edificio con sistema di sveglia.
Particolare orologio da edificio con sistema di sveglia.

Ci parli di un orologio particolarmente interessante della tua collezione?

Vi parlo di un pezzo che ho acquistato in Puglia che dimostra quanto un tempo l’orologio pubblico fosse importante per scandire la vita sociale. Infatti pochissime famiglie potevano permettersi un orologio domestico, soprattutto nei paesini. Questo orologio che proviene dalla Puglia, ma è stato prodotto in Friuli dalla ditta Solari Udine, oltre ad avere il meccanismo delle lancette, la suoneria dei quarti d’ora e la suoneria delle ore, ha anche un sistema che possiamo chiamare sveglia. C’è infatti una ruota con 48 tacche (una per ogni mezz’ora della giornata) che compie un giro completo in una giornata. E’ segnata con dei fori, in corrispondenza dei quali sono indicate le ore, e in questi fori si possono inserire nel foro corrispondente all’ora desiderata dei pioli, delle viti che si chiamano cavalieri, e al momento opportuno scatta un meccanismo e una campana inizia a suonare a martello, come una sveglia che rompeva le scatole e a tutto il paese. Io l’ho trovato montato e l’ho lasciato impostato agli orari che ho trovato nel paese, ovvero le 4 di mattina, quando i contadini si svegliavano per andare nei campi; le 8, l’orario dell’inizio della scuola; un altro piolo sulle 12.30,  credo indicasse la fine della giornata scolastica; alle 17 si segnalavano i vespri e alle 20.30 la ritirata, il coprifuoco. Questo dimostra che l’orologio regolava tutta la vita del paese.

Bellissimo e molto interessante. Ma quanto può costare un pezzo del genere?

Dipende dalle sue condizioni in cui lo trovi e in che circostanze lo trovi. I miei orologi non sono pezzi costosissimi, spaziano in una fascia che va dai 500€ ai 5.000€. Poi però esistono pezzi che valgono molto di più.

Martino Lurani Cernuschi
Martino Lurani Cernuschi accanto ad un carrion

Passiamo agli strumenti musicali. Quando e come hai iniziato a collezionarli?

Devo precisare, non sono propriamente strumenti musicali, ma strumenti musicali automatici. Siccome ho queste due grandi passioni, che sono gli orologi e la musica, in particolare la musica da organo, mi sono chiesto quale fosse il modo migliore per conciliare le due cose. Ed ecco lo strumento musicale meccanico, ovvero uno strumento musicale che produce musica grazie ad un meccanismo ad orologeria. L’esempio più lampante è il carrion, ma ci sono strumenti anche molto più complessi. Ho iniziato questa collezione 5 o 6 anni fa. Qui a Milano ho solo qualche esempio, la maggior parte li ho in campagna. Anche in questo caso mi affascina il meccanismo, la complessità degli strumenti al loro interno. Si va dall’organetto da strada, che veniva posizionato su un carrettino, ai carrion, agli autopiani, come quelli che spesso suonano da soli nei saloon dei film western.

Dove si possono ammirare e dove si acquistano oggi questi oggetti?

In italia c’è pochissimo. C’è un’associazione a Cesena che ha anche un museo, c’è un altro museo mezzo chiuso mezzo aperto… In Italia c’è pochissima cultura su questo tipo di strumenti. Mentre in Germania, in Olanda, in America c’è tantissimo. Lì fanno aste specializzate. Io queste cose le cerco nelle aste, ma sempre all’estero. In Italia mi capita, ma tramite collezionisti privati o qualche antiquario.

A che prezzo?

Qui i prezzi salgono moltissimo. Si va dai piccoli carrion da poche centinaia di euro, a grandi carrion da €50,000. Ho un carrion a dischi, l’antesignano del juke box in pratica, che per me è stato un vero affare, ma può valere anche €15,000.

Collezione Martino Lurani Cernuschi
Collezione Martino Lurani Cernuschi

Ti occupi tu dei lavori di riparazione?

La riparazione del meccanismo ad orologeria riesco a farla io – io mi diletto nel restauro degli orologi. Ma la parte musicale è molto più complessa. E purtroppo in Italia non c’è nessuno che sia in grado di occuparsene. Io tento di comprare gli strumenti già in ordine, almeno per la parte musicale. Ma se necessitano di restauri o riparazioni li spedisco in Svizzera o in Inghilterra. Il restauro di questi oggetti è complicato perché coinvolgono due maestranze: il costruttore di strumenti musicali e l’orologiaio. Difficilmente c’è una figura che sa fare entrambi. Io un pochettino ne so e qualche antiquario mi affida degli orologi con dentro meccanismo musicale anche piuttosto importanti, perché sanno che io me ne intendo e mi diletto.

Di che epoca sono gli strumenti musicali della tua collezione?

I miei pezzi vanno dalla fine del ‘700 agli anni ’20 del ‘900. Ho anche strumenti non automatici, soprattutto organi grandi.

Martino Lurani Cernuschi
Martino Lurani Cernuschi

A proposito di organi, si dice che Verdi venisse a suonare un organo di un tuo antenato, è vero?

Si! Avevo un antenato che si chiamava Francesco Lurani che abitava qui vicino in via Lanzoni, nel Palazzo Visconti. Era appassionato di alpinismo e di musica ed era in contatto con molti musicisti dell’epoca, tra cui Verdi che spesso andava a trovarlo a casa sua. Era appassionato di organi e se ne era fatti installare due in casa. Affascinato dalla modernità, intorno al 1980/85 si era fatto costruire in casa uno dei primissimi organi a trazione elettrica. All’epoca era una novità pazzesca, ma la corrente a fine ‘800 era disponibile in poche zone di Milano e non era distribuita a tutti gli orari del giorno. Allora lui si era fatto costruire una stanza con gli accumulatori, così in caso non ci fosse elettricità in giro, lui avrebbe potuto comunque suonare l’organo. Giuseppe Verdi era affascinato da questo strumento e spesso andava a suonarlo a casa del mio antenato. Poco dopo l’organo ha iniziato ad avere grossissimi problemi elettrici, perché i fili erano scoperti… Francesco Lurani lo ha tenuto, ma è morto molto presto, nel 1912. Si sa che l’organo è rimasto a Palazzo Visconti fino al 1917, ma poi si sono perse le tracce. Io l’ho cercato ma notizie dell’organo non ne ho ancora trovate. Mi piace dire “ancora”! Esiste un libro che parla di organi molto tecnologici e all’avanguardia e che cita l’organo di via Lanzone: gli autori del libro ci avevano contattato per avere maggiori informazioni, ma tutto quello che si sa è questo. Sicuramente l’organo è stato venduto e poi è scomparso perché era ormai obsoleto nel 1917. Quindi magari l’hanno utilizzato come pezzi di ricambio, o l’hanno inglobato in qualche altro organo, ma dubito che sia rimasto intero.

La tua passione per la tecnologia ha quindi discendenze lontane…

Sì, c’era una forte passione per la tecnologia in famiglia. Per esempio il mio bisnonno è stato tra le prime 100 persone in Italia a possedere un’automobile negli anni ’80 dell’Ottocento. Aveva il quadriciclo della Benz, quella che poi è diventata Mercedes-Benz. C’è un articolo uscito su una rivista degli anni ’30 che elenca le prime 100 persone ad avere un’auto in italia. Tra questi, oltre al bisnonno, c’è Giacomo Puccini e un sacco di personalità interessanti abbagliate da questo progresso della tecnica che era l’automobile. E il bisnonno non si è fermato perché dopo ha comprato altre vetture, ma non abbiamo più niente di tutto questo.

Strumento musicale automatico, antesignano del Juke Box
Strumento musicale automatico, antesignano del Juke Box

Ritornando agli organi, come il tuo antenato Francesco Lurani anche tu hai degli organi installati in casa… 

Sì, ho acquistato organi a canne e me li sono fatti installare in casa. E ce n’è uno a cui sono particolarmente affezionato, un organo che è stato un mio sogno sin da quando ero piccolo e che ora posseggo. Si tratta dell’organo che si trovava in via Cappuccio 7, nel chiostro di Villa Uccelli. Quest’organo è stata una mia sorta di ossessione. L’organo mi è sempre piaciuto, lo sentivo in chiesa, poi ho iniziato a studiarlo, a 14 anni ero organista a S. Angelo in via Moscova e a 17 in Sant’Ambrogio. Quando gli amici dei miei genitori venivano a sapere che suonavo l’organo e che mi piacevano gli organi a canne, mi chiedevano se sapevo che in Casa Uccelli c’era un organo. A me sembrava una cosa spaziale l’idea che potesse esserci un organo a canne in una casa. Io me lo immaginavo solo in chiesa o in qualche grande sala da concerto. Sono riuscito ad andare a vedere quell’organo intorno ai 13 anni.

Che tipo di organo era?

Era un organo a canne, grosso con la tastiera e tutto, ma al suo interno aveva anche un sistema automatico che lo rendeva uno strumento musicale automatico. E’ stata la fine. Non ho più ragionato. E’ un pezzo del 1913, costruito a New York a trazione elettrica. Nel 1913 la trazione elettrica era già in uso da un po’ di anni, ma si trattava comunque di uno strumento tecnologicamente molto avanzato. Guido Uccelli di Nemi l’ha acquistato nel 1937 o ’38 da un avvocato di Genova. Anche Guido Uccelli era appassionato di musica e voleva creare in casa sua, e ci è riuscito, un polo musicale dove i bravi musicisti si riunivano a suonare per le persone della buona società di allora di Milano. Quest’organo aveva una particolarità: stava in un salone che aveva un soppalco dove era installata la console, ovvero la tastiera dove si suonava, mentre tutto il meccanismo stava in cantina. Si suonava nel salone, ma la musica arrivava da sotto, grazie a due grosse botole che si aprivano nel salone, ma l’organo non si vedeva. Era molto discreto: senti e non vedi. Dicevo, verso i 13 anni l’ho visto la prima volta, poi sono andato a rivederlo a 17, ma lo strumento non funzionava perché l’ingegnere era morto nel ’17 e gli eredi l’hanno suonato sempre meno e poi un allagamento della cantina aveva danneggiato l’organo gravemente. Rivedere quell’organo ha aumentato il mio entusiasmo e ho iniziato a raccogliere informazioni su questo tipo di strumenti e sulla ditta che lo aveva prodotto, la Eolian Company di New York. E ne ho fatto un’ossessione. Ho iniziato ad acquistare libri e prodotti pubblicitari, tutti i cataloghi, così vedevo come erano fatti. Avevo questa ambizione. Nella fantasia più sfrenata sognavo di possedere quest’organo, ma non avrei mai pensato di riuscire a possederlo veramente. Però poi mi sono fatto coraggio verso i 25 anni quando ho conosciuto meglio sia Giovanna che Franco Majno e siamo diventati amici. Ad un certo punto ho detto loro che ero interessato a quell’organo che era la mia ossessione dall’età di 11 anni e ho chiesto se qualche erede della loro famiglia fosse interessato allo strumento. Dopo aver consultato tutti gli eredi mi hanno detto che la persona che lo possedeva fisicamente era una delle figlie dell’ingegnere Uccelli, ormai anziana e malata, che non si è mai sposata e non aveva figli. Hanno anche confessato di essere preoccupati per il futuro di quell’organo perché nessuno dei nipoti Uccelli si sarebbe preso l’incarico del restauro costosissimo e vedendo la mia passione, mi hanno detto che ne avremmo riparlato dopo la morte della figlia dell’ingegnere Uccelli. Io ero molto contento. Era sempre un forse, se, ma, però la speranza c’era. Qualche anno dopo ho appreso da un quotidiano che la signora Uccelli era mancata. Sono andato al funerale a Sant’Ambrogio e le ho suonato l’organo. Quando ho finito di suonare si sono avvicinati a me Giovanna, Franco e tutti gli altri nipoti, che non sapevano che sarei venuto. Mi hanno ringraziato e mi hanno detto che l’organo del nonno sarebbe stato mio. Me l’hanno regalato. E nonostante la triste ricorrenza, io ero felicissimo per il fatto dell’organo. Oggi lo strumento è in campagna, tutto smontato per via del restauro che è talmente complesso, difficile e costoso che devo farlo con molta calma.

Martino Lurani Cernuschi
Martino Lurani Cernuschi

Sei stato presidente del Gruppo Giovani Lombardia dell’Associazione delle Dimore Storiche Italiane. Come valuti il lavoro dell’associazione e il suo impegno e quanto la sezione giovani è importante per la trasmissione dei valori della conservazione di questo patrimonio?

La cosa positiva di questa associazione, nonostante alcune difficoltà, è che coloro che aderiscono sono persone che hanno un minimo di entusiasmo nell’aprire questo tipo di edifici, queste realtà. Perché tante volte i proprietari di queste case sono gelosi, hanno mille paure e ansie ad accogliere sconosciuti. Mi ricordo che quando ero presidente faticavo per organizzare i Cortili aperti. Palazzo Lurani Cernuschi è aperto solo in questa occasione: io sono ben contento di aprirlo per i Cortili. E mi impegno anche parecchio perché questi orologi sono molto pesanti e trasportarli in cortile e nel chiostro è faticoso.

Cortile di Palazzo Lurani Cernuschi, Milano
Cortile di Palazzo Lurani Cernuschi, Milano

Il cortile di Palazzo Lurani Cernuschi è una delle poche cose che si sono conservate dopo il bombardamento della Seconda Guerra Mondiale…

Sì, il Palazzo è stato bombardato nell’agosto del ’43 e oggi si conservano solo i muri, la facciata neoclassica e il cortile. Perché è stato colpito dalle bombe incendiarie, non da quelle dirompenti, quindi è bruciato, ma i muri e le strutture delle stanze si sono conservate. Però è stato rifatto tutto, degli interni non è rimasto proprio niente. Una volta era molto bello: c’erano le sale con gli specchi, gli affreschi, le boiserie. Era un palazzo molto bello.

Quali sono le difficoltà nella gestione di una dimora di tale prestigio?

Bisogna considerare la cosa non solo come un grande privilegio, ma anche come un grande onere. E’ qualcosa che va fatto con passione, sapendo di doverlo fare solo per passione. Lo scopo principale è riuscire a metterle a reddito perché, non voglio scadere nella banalità, ma il problema principale è che la gestione degli edifici molto grossi è molto costosa. In particolare sono difficili da gestire le case di campagna, perché gli edifici di città bene o male si riescono ad affittare, ma le dimore di campagna sono sempre chiuse e non si affittano, se non per qualche matrimonio. Sono enormi, hanno bisogno di continue manutenzioni e non portano alcun reddito. L’ADSI dà anche dei consigli su questo fronte. Innanzitutto promuove dei convegni per capire come agire a livello tecnico e teorico.

Il palazzo è centralissimo a Milano. Qual è il tuo legame con la città?

Molto immodestamente posso dire di essere uno dei milanesi più antichi che esistano a Milano. Secondo me le famiglie che vivono, documentate a Milano, si contano sulle dita di due mani. Il milanese doc è una razza in via d’estinzione. La mia famiglia è documentata a Milano dalla fine del ‘300, come famiglia Lurani. Mentre dalla fine del ‘400 ho le documentazioni che attestano la linea di discendenza diretta da Leone Lurani che probabilmente ha iniziato la scalata sociale. All’inizio del ‘500 i Lurani erano mercanti di tessuti, di stoffe, e avevano la loro bottega in una contrada vicinissima al Duomo. Con questo commercio si erano arricchiti e hanno iniziato la scalata sposandosi tra nobili e ottenendo titoli e privilegi. Intorno alla fine del ‘500 hanno acquistato un feudo vicino a Lodi, così sono entrati a far parte quasi di diritto della nobiltà e hanno coronato il loro successo nella seconda metà del 1600 con la concessione del titolo comitale, ovvero conti del feudo che erano due paesini della provincia di Lodi, Caselle Lurani e la sua frazione Calvenzano. Subito dopo sono entrati a far parte del patriziato milanese e la storia si è evoluta. Però ci sono stati vari personaggi e vari momenti di ricchezza enorme e di disastro finanziario. Lo stemma della mia famiglia contiene l’Araba fenice che è proprio un uccello leggendario che rinasce dalla ceneri, muore, brucia e rinasce dalle ceneri. E questo rappresenta proprio il susseguirsi degli alti e dei bassi che possono capitare in una saga familiare.

Martino Lurani Cernuschi
Martino Lurani Cernuschi

Per concludere, quali sono i tuoi progetti futuri riguardo alla collezione?

Il mio sogno è fare un museo privato e visitabile. Il futuro in realtà mi preoccupa un po’ perché il problema di tante collezioni è che i genitori collezionano e ai figli non interessa niente di queste collezioni. Io non ho figli e non sono sposato… vedremo nel futuro. Ma mi sono sempre chiesto come gestire questa collezione quando io non ci sarò più. Sono tonnellate e tonnellate di roba: gli orologi sono grossi, ma gli strumenti musicali lo sono ancora di più. Bisognerà trovare un sistema per tenerla come collezione, il suo valore è proprio essere una collezione. Gli orologi in sé hanno valori relativamente bassi. Difficilmente un orologio come valore economico supera i €5000, il suo valore è essere parte della collezione.

 

 

Commenta con Facebook

leave a reply

*