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Fontana rivelato. Un insolito Lucio in asta da Sotheby’s a Milano

lucio fontana

Fontana Revealed – 20 opere di Fontana dagli anni ‘40 agli anni ‘60 nell’asta di arte moderna & contemporanea di Sotheby’s a Milano del 20/21 maggio 2015

Al centro dell’asta di maggio un omaggio a Lucio Fontana. Sono stati scelti da Raphaelle Blanga e dal dipartimento circa 20 lavori dell’artista milanese – datati dal 1940 ai primi anni Sessanta – con il proposito di proporre una suggestiva panoramica  sulla sua produzione più insolita e rara.

I “tagli” degli anni Sessanta sono in quest’occasione esemplificati in colori inconsueti e brillanti: il fucsia, il verde intenso e l’arancione.

fontana

Dalla celebre Galleria Pierre di Stoccolma, proviene l’esemplare a unico taglio centrale  – in un fucsia vivace – con l’iscrizione “Pour Pierre … che bel colorino/mi piace”, la data è 1964 e la sua stima va dai € 500.000 ai € 700.000.

Dei tre, il Concetto Spaziale, Attese, verde acceso – a 5 tagli –  è quello di data più antica e risale al 1961 e proviene da una collezione privata di Varese (val. € 600.000-800.000) mentre quello arancione a tre tagli è datato 1963 e reca in catalogo una valutazione che oscilla tra € 500.000-700.000.

Lucio Fontana, Concetto Spaziale, Attese, 1961

In Manifesto Blanco Fontana scriveva: “La Materia, il Colore, sono i fenomeni il cui svolgimento simultaneo costituisce la nuova arte”. E in questo Concetto Spaziale, Attese, del 1963, un colore caldo e coinvolgente quale l’arancione, è come se maggiormente ci conducesse nella spazialità della tela.

Anticipa la serie delle Venezie, il Concetto Spaziale blu: graffiti e olio su tela del 1961, stimato € 450.000-650.000.

Segue Concetto Spaziale (1960) nero – con buchi inferti a disegnare una forma floreale – che precorre l’invenzione dei Teatrini e la scenografia firmata per il Ritratto di Don Chisciotte di Petrassi, realizzata alla Scala di Milano (1967): l’opera è stimata tra i € 450.000 e i € 650.000.

Fontana l’aveva affettuosamente soprannominato “Panettone”: si tratta di un gesso del 1956, di forma nero- verde su fondo verde chiaro, realizzato a pastelli e buchi (val. € 230.00-280.000).

Sono magnificamente conservate e di grande qualità le due carte assorbenti bianche di questa selezione, pubblicate nella recente monografia di Luca Massimo Barbero che raccoglie i lavori su carta di Fontana (val. €40.000-60.000, ciascuna).

FONTANA SCULTORE – BAROCCO & SPAZIALISTA

Fontana nasce scultore e il gruppo d’importanti Ceramiche datate dagli anni Quaranta agli anni Sessanta ne testimoniano la straordinaria maestria.

Lucio Fontana, Combate Indio, 1940

É del 1940 Combate Indio, terracotta bianca e nera (val. € 250.000- 350.000), di cui Crispolti scrive nel catalogo ragionato: è un magnifico esempio di quanto la misura dell’originalità di Fontana nel contesto della scultura figurativa argentina risultò avvertibile e proprio attraverso il suo scarto “Barocco”.

Come la precedente, anche Fondo Marino del 1947, ceramica smaltata e colorata (val. € 50.000-70.000) proviene da una collezione privata italiana e su entrambe le due sculture in ceramica la luce produce magnifiche riflessioni.

Lucio Fontana, Concetto Spaziale, 1951, terracotta bianco & nero (2)

Le terracotte astratte, dal colore opaco, rappresentano una versione scultorea dello Spazialismo, i cui paradigmi, come è noto, risalgono al 1946, data del Manifesto Blanco. Un esempio di grande qualità è la terracotta bianca e nera del 1951 Concetto Spaziale, stimata € 120.000-180.000.

ALBERTO BURRI – CRETTI & FORME DA UNA RACCOLTA PRIVATA

Tutta la ricerca di Alberto Burri ha avuto al suo centro il rapporto con la Materia e tra i vertici della sua indagine sta l’esperienza dei Cretti, qui declinata in tre esemplari di piccole dimensioni, che provengono da una raccolta privata.

Alberto Burri, Bianco Cretto, 1972

I Cretti sono creazioni nelle quali Burri fa colare un denso impasto ottenuto con la miscela di bianco di zinco e caolino, sottoposto poi a essicazione coperto da colle viniliche. Nel procedimento di essicazione si crea il Cretto. Come si può riscontrare in questi tre esempi dell’asta di Milano, Burri, che negli anni Settanta aveva già al suo attivo la ricerca materica dei Sacchi e delle Combustioni, con i Cretti si indirizza verso un percorso più “paritario”, per così dire, tra l’artista e la materia stessa. Sono opere che raccontano di visioni, come ben evidente nell’opera Bianco cretto, dove lo spazio centrale trova un connubio armonioso con la materia relegata ai margini.

Questi tre lavori, data la loro intima dimensione, attestano la volontà di Burri di creare un rapporto personale – quasi simili ad antiche anconette portatili di devozione. La data dei Cretti, due bianchi e uno nero, è 1972 e la stima è € 150.000-200.000 (ciascuno).

Di Burri, in catalogo, altre cinque opere per un excursus fino ai Cellotex degli anni ‘80, con Nero Mi (stimato € 150.000-200.000) e – con la stessa stima – Cellotex P4 del 1984, già esposta a Parigi nel 1985.

 Alberto Burri, Cellotex P4, 1984

MOVIMENTO SPAZIALISTA – IMPORTANTE CORPUS DI OPERE ANNI ‘60

Terzo tema portante di quest’asta milanese è il corpus – sceltissimo – di opere degli Spazialisti anni ‘60-‘70, capitanate da un lavoro di assoluta coerenza di Enrico Castellani, datato 1960, che anticipa la produzione successiva dell’artista: Superficie Bianca, stima € 250.000- 350.000. È una delle diciassette tele estroflesse eseguite da Castellani con il supporto della resina poliestere, tra il 1972 e il 1976, Superficie datata 1973 e stimata € 550.000-700.000.

Già nella nota collezione milanese di Gianni e Mina  Malabarba, il grande Scheggi Intersuperficie curva bianca fu protagonista dell’importante mostra di Roma del 1970, Vitalità del Negativo nell’arte italiana 1960-1970, Palazzo delle Esposizioni, e nel 1976 della monografica curata da Franca Scheggi alla Galleria di Arte Moderna di Bologna.

Paolo Scheggi, Intersuperficie curva bianca, 1969

L’opera, eseguita nel 1969, è tra i vertici della breve e intensa produzione di Paolo Scheggi e ha una stima di € 400.000-600.000 A questa seguono in catalogo Zone Riflesse del 1963 (val. € 200.000-250.000) e Intersuperficie Curva Bianca del 1967, altro apice della creazione artistica dello spazio operata da Scheggi (val. € 250.000-350.000).

Nel 1964 Agostino Bonalumi realizza Blu, grande estroflessione di cm 140×100, dalla ricca storia espositiva che inizia nel 1965 a Milano da Arturo Schwarz (val. € 200.000-300.000), cui segue Rosso, un magnifico esempio dei Quadri-Oggetto del 1966: Rosso emerge tra le sculture tridimensionali realizzate dall’artista e pensate come estensione della pittura.  L’opera, tra i pezzi più belli della mostra che la Galleria del Naviglio dedicò ad Agostino Bonalumi nel 1967, è stimata € 180.000-250.000.

Agostino Bonalumi, Rosso

ARTE POVERA

Anche qui selezionate presenze. Provengono da un’importante collezione italiana due carte di Alighiero Boetti della fine degli anni Settanta, che fanno parte della serie di collage, che raccontano episodi della sua vita (val € 50.000-70.0000, ciascuno).

Aerei (val. € 180.000-250.000) di Alighiero, è un lavoro costituito da tre pannelli di grande bellezza, realizzati con un tratto a biro molto uniforme, in un turchese-azzurro per un cielo infinito e fitto di aerei. Come è noto Boetti era affascinato dagli aerei e continuamente li disegnava: già nel 1977 la galleria Il Collezionista di Roma presentò una mostra sugli Aerei di Boetti disegnati da Guido Fuga, architetto e fumettista italiano.

Uomo che inchioda filo spinato di Michelangelo Pistoletto è un’opera cruciale degli anni ‘70 italiani e in particolare torinesi, perché molti sono i temi che vi si intrecciano. Nel lavoro, infatti, è fotografato da Paolo Mussat Sartor un Tucci Russo di spalle (che fino al 1974 aveva collaborato con l’antesignana Galleria Sperone di Torino) in atto di creare una sorta di cortina di filo spinato a segnare l’inizio di una propria vita autonoma come gallerista (galleria che aprirà nel 1975 in un garage torinese). Uomo che inchioda filo spinato (val. € 200.000-300.000) è un’opera testimone del biennio torinese del 1974-75, anni di forte opposizione e contestazione sociale.

Michelangelo Pistoletto, Uomo che inchioda filo spinato, 1974

I CONCETTUALI – TRE OPERE DEGLI ANNI ‘70 DA UNA COLLEZIONE PRIVATA MILANESE: AGNETTI, ALVIANI e COLOMBO

È di Vincenzo Agnetti – assai raro in asta – Cultura cancellata dalla forma e tradita dal contenuto, bachelite di cm 70×70 del 1970, stimato € 25.000-35.000, cui segue Superficie a testura vibratile del 1971, alluminio quadrato su tavola di Getullio Alviani, (val.€ 40.000-50.000) e Spazio elastico cubo, ferro smaltato e animazione elettromeccanica di Gianni Colombo (val. € 40.000-50.000), un lavoro del 1968 dal ricco percorso espositivo internazionale.

Dal Monument Man Salvatore Scarpitta (durante la Seconda Guerra Mondiale l’artista lavorò al recupero e alla catalogazione delle opere d’arte trafugate dai nazisti), un quadrato rosso e potente Red Ladder n. 2, val. € 250.000-350.000) datato 1960 e già proveniente dalla galleria newyorkese di Leo Castelli.

scarpitta

Negli anni Sessanta, Mario Masenza, succede al padre nella gioielleria di famiglia di Via del Corso a Roma e concepisce l’idea di far incontrare il mondo del gioiello e quello dell’arte con l’illuminato supporto di Palma Bucarelli, l’allora mitica direttrice della Gnam di Roma e collezionista di gioielli d’artista. Di questa atmosfera creativa a tutto tondo, è bell’esempio la parure composta di bracciale e collier di Afro, 1960, stimata € 30.000-50.000.

Non possiamo non citare due capolavori dello stesso anno, il 1962: Piero Dorazio, Bande (val.€ 50.000-70.000) e Superficie 448 di Giuseppe Capogrossi, iconico olio su tela, già nella collezione Modugno di Roma, esposto a Torino nel 1962 alla Galleria Civica d’Arte Moderna in Struttura e Stile; la valutazione per questo dipinto, di cm 210×180, è di € 200.000-300.000.

Giuseppe Capogrossi

Ultimo, nel breve racconto di questo appuntamento d’asta di Milano, ma tra i primi nella storia dell’arte del ‘900, Giorgio Morandi con un’opera-perno: Natura Morta del 1953, eseguita specificamente per l’artista di Costantinopoli, ma veneziano d’adozione, Leone Minassian, accompagnata da un carteggio tra i due artisti, una sorta di lascito didattico e insieme affettuoso tra il maestro bolognese – di quindici anni più anziano – e il giovane turco-veneziano. La tela ha una stima di € 450.000-600.000.

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