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Massimiliano Gatti

Massimiliano Gatti
Massimiliano Gatti, Warana eh, fine art giclée inkjet print on Photo Rag cotton paper, 2013

Lo studio di Massimilano Gatti (Voghera, 1981) non è proprio a portata di mano, visto che vive e lavora tra l’Italia e il Medio Oriente. Di questa tensione sono permeate le sue serie fotografiche.

«Sono laureato in Farmacia. Ho finito un anno prima e ho deciso di specializzarmi in Biochimica, lavorando in un laboratorio di Granada. Poco dopo ho deciso di iscrivermi alla CFP Bauer di Milano per studiare fotografia e ho abbandonato quella carriera, che peraltro amavo molto. Quando ho terminato gli studi, ho avuto l’opportunità di seguire delle missioni archeologiche, in Siria e in Iraq, per documentare il lavoro svolto da une équipe dell’Università di Udine. Questo mi ha permesso di approfondire la conoscenza della cultura locale e, parallelamente, di sviluppare la mia ricerca artistica».

Massimiliano Gatti
Massimiliano Gatti

Nel tuo lavoro, infatti, hai messo a frutto questa opportunità professionale.
Sì. Per esempio, nel 2013, ho seguito il progetto PARTeN dell’Università di Udine nel censimento di potenziali siti archeologici della terra di Ninive, nel nord dell’Iraq a partire dallo studio di materiali sulla superficie del terreno, senza scavare.
A lato del mio lavoro puramente scientifico, ho avuto tra le mani tracce molto varie, sia di carattere archeologico sia di origine bellica, su cui ho creato un mio progetto artistico: “In superficie”, in cui ho operato una sorta di appiattimento storico, ma che ha permesso di capire come l’Iraq non sia solo una zona di guerra, ma anche la culla della nostra civiltà. Talvolta dal punto di vista formale è difficile distinguere tra forme ceramiche e bombe, nonostante ci siano oggetti datati diecimila anni fa, oppure dieci anni fa.

Massimiliano Gatti,
Lo studio di Massimiliano Gatti in Siria

Quindi hai isolato questi frammenti e li hai decontestualizzati per ricostruire però la storia del luogo da cui provengono.
Voglio far superare la nozione della terra di conflitti. L’oggetto in sé è una figura di una fetta di storia. Attuo un appiattimento, la stessa cosa che ha fatto naturalmente la terra con questi materiali, lasciandoli in superficie.

Massimiliano Gatti
Massimiliano Gatti, Warana eh, fine art giclée inkjet print on Photo Rag cotton paper, 2013

Dal punto di vista formale le immagini, che hanno ricevuto il Premio BNL in occasione di MIA Fair 2015, ricordano altri tuoi progetti. Penso in particolare a “Peta”, sulla memoria di tuo padre, e a “Lampedusa o dell’esteso deserto”.
Nel 2012 ho partecipato al Premio San Fedele, il cui tema era “L’approdo”. Ho scelto di concentrarmi sugli oggetti persi dai migranti al loro arrivo a Lampedusa e che provengono dal Porto M gestito dall’associazione Askavusa; per me questi oggetti diventano figura dell’esperienza del migrante. Hanno fatto un viaggio, così come i loro proprietari. Queste persone lasciano tutto, ma scelgono di portare con sé oggetti apparentemente di poco conto: un libro, la Bibbia, il Corano, una teiera, una musicassetta… Ancora una volta provo a confutare il luogo comune, raccontando la singola storia, non la massa. Smembrando il gruppo in tante parti aumenta inevitabilmente il livello di empatia, forse è per questo che è un’operazione che non viene fatta di frequente, anche a livello politico.
Sono foto stampate su carta cotone e lasciate libere di adattarsi alle condizioni microclimatiche. Voglio rappresentare un destino in divenire. Il migrante è ancora in viaggio, si sta ancora muovendo, così come si muove la carta.

Massimiliano Gatti
Massimiliano Gatti, L’invisibile dentro, fine art giclée inkjet print on Photo Rag cotton paper, 2011

In contrasto però con il modo con cui ritrai questi oggetti.
Per immortalarli li ho appesi, cercando di aumentare il più possibile l’effetto di decontestualizzazione. Per questo molti sono rappresentati con una prospettiva fotograficamente non corretta: per dare la sensazione di qualcosa di instabile. L’estetica che utilizzo, però, è scientifica. In questo periodo sto realizzando un nuovo lavoro sui profughi siriani a Milano, una serie di ritratti: anche in questo caso voglio che sia il soggetto a parlare, eliminando ogni interferenza.
La rappresentazione è sempre molto pulita, cerco di ottenere un’atmosfera velata da cui il soggetto emerge come una sorta di reliquia.

Massimiliano Gatti,
Massimiliano Gatti, L’invisibile dentro, fine art giclée inkjet print on Photo Rag cotton paper, 2011

Da un lato quindi ritrai gli oggetti, dall’altro, invece, con questo nuovo lavoro dedicato ai profughi siriani a Milano ti sei aperto alle persone.
È un progetto in divenire, che richiede uno sforzo di contatto: vado nella casa Suraya, un centro di accoglienza per famiglie nato da Farsi Prossimo, prendo confidenza e alcuni dei migranti accettano di farsi fotografare. La maggior parte delle persone che vedono questi ritratti trova in essi una somiglianza con se stessi. Voglio far capire che potrebbero essere noi, riposizionando le loro storie.

Massimiliano Gatti,
Massimiliano Gatti, In superficie, fine art giclée inkjet print on Photo Rag cotton paper, 2014

Si tratta quindi di un lavoro diverso rispetto a “Spectrum”, in cui invece acuivi la paura del diverso, giocando sul luogo comune.
In ogni caso cerco di sfatare un pregiudizio, raccontando e analizzando svariati aspetti della realtà mediorientale che ho conosciuto.

Rientra in questo obiettivo anche la serie “Warana eh”, in cui ti concentri sull’architettura?
Si tratta ancora una volta di un progetto realizzato nell’Iraq del Nord, nel Kurdistan, in un’area di forte sviluppo edilizio. Ho immortalato lo spazio retrostante le case delle new towns, costruite in modo da permettere la creazione di nuovi edifici contigui. “Warana eh” è un’espressione difficilmente traducibile, un invito a guardare al futuro. Non è solo uno spazio fisico-architettonico, ma un’aspettativa: uno spazio dedicato a una nuova famiglia che creerà lì la propria storia.

Massimiliano Gatti,
Massimiliano Gatti, In superficie, fine art giclée inkjet print on Photo Rag cotton paper, 2014

La maggior parte dei tuoi lavori è caratterizzata da un’intensa luminosità.
Anche questo aspetto è legato al mio rapporto con il Medio Oriente. In Iraq c’è una luce forte, che appiattisce le ombre. È la luce che mi rimane negli occhi e che cerco di restituire. Poco scientifica e poco drammatica. È la mia cifra estetica.

www.massimilianogatti.com

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