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Parma calcio muore come Madama Butterfly ma senza onore

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Parma-come-Madama-ButterflySimone l’abbiamo incontrato che usciva dal supermercato spingendo un carrello pieno di rotoli di carta igienica. Pochi capelli grigi e la tuta arancione.

Ha solo detto che li aveva pagati lui, mentre li caricava nel bagagliaio della macchina per portarli al Centro Sportivo di Collecchio, «una delle strutture più moderne e complete della Serie A», come c’è scritto nel depliant, con 7 campi di calcio, la palestra, i magazzini e gli uffici, la palazzina dei padroni per assistere alle partite dalla terrazza e un’altra per i giovani del viavio, 85.903 metri quadri sparsi fra tutti questi prati cintati da qualche cespuglio, dove arrivavano i pullman con gli ospiti a fare dei giri turistici per svelare «le stanze segrete» e le memorie del «glorioso Parma Football club».

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L’ultima volta erano venuti 8 mesi fa, il 14 giugno. Adesso ci vengono gli ufficiali giudiziari. I funzionari di Equitalia bussano tutte le mattine. Li abbiamo visti mentre riempivano i furgoni con i computer.

Hanno preso tutto, hanno chiuso anche il gas, come ha raccontato Hernan Crespo, vecchia gloria degli anni d’oro, che ora allena le giovanili: «Non abbiamo neppure più l’acqua calda per fare la doccia».

Almeno da ieri ci sarà la carta igienica, perché quella l’ha pagata Simone. Ma stanno svuotando tutto. E’ che quando finisce un mondo, succede di colpo, «e il tempo che hai avuto per pensarci non serve più».

Ha ragione Crespo. Sui bandi online dell’Istituto Vendite Giudiziarie di Parma, il lotto numero 7 specifica che il 5 marzo verranno messe all’asta anche «3 panche modulo spogliatoio in alluminio con cassetto portaoggetti e portascarpe e cuscino imbottito», al prezzo base di duemila euro l’una.

Una di quelle era la panchina dove l’allenatore Roberto Donadoni si sedeva prima delle partite e diceva che «dobbiamo lottare per avere quello che ci spetta. Non ce lo regala nessuno, ricordatevelo. Forza ragazzi».

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Adesso chissà se serve ancora lottare. Quando una partita è persa, uno non aspetta l’ora che finisca. Ma chissà se questa finirà mai. Non è solo il Parma calcio che fallisce. L’aeroporto rischia di venire chiuso perché non ci sono 2,5 milioni di euro per farlo funzionare.

Il debito del Comune viaggia tra i 600 e i 700 milioni, e la giunta sta pensando persino di tagliare gli aiuti per i disabili. Il Corriere della Sera ha scritto che anche la storica Biblioteca Palatina è ormai declassata. E sulla Gazzetta di Parma puoi leggere che il leggendario allestimento del Teatro Regio di Parma del Rigoletto, creato nel 1987 da Pierluigi Samaritani, è appena stato in tournée al Teatro dell’Opera Nikikai di Tokio.

Qui non ci viene più. La stagione del Regio presenta «L’elisir d’amore» di Donizetti a marzo e «Madama Butterfly» a giugno, oltre alla danza. Nient’altro che questo. Forse la gente ha altro da fare: in questi giorni sono scesi in piazza per protestare contro il degrado della città, che si manifesta soprattutto in quei quartieri ormai completamente consegnati allo spaccio e alla malavita.

Parma-Rigoletto-ph-Roberto-Ricci rigoletto-teatro-regio-di-parma

Giuliano Molossi, il direttore della Gazzetta di Parma, ammette che «non si può sfuggire alla sensazione di un declino ormai evidente su fronti diversi».

Quando invece i cronisti capitavano qui per raccontare Tamara Baroni e Katarina Miroslawa, le splendide donne dei grandi fatti di nera e di costume che svelavano i segreti e i peccati di questa piccola capitale affogata tra i campanili della Bassa e il lento, infinito scivolare del Po, finivano sempre per andare a imbucarsi in una di quelle trattorie degli amici di Verdi , dove il canto e la musica si perdevano nei racconti del Regio, del suo pubblico severo, del terrore che faceva, dei tenori distrutti dai fischi impietosi, ma pure della ricchezza che questa città ti sbatteva in faccia.

Come ne capivano qui di musica, da nessuna parte, dicevano. Anche questo non c’è più.

Nel declino della città è rimasto solo quel senso di solidarietà tanto emiliano, che resiste finché dura. Hernan Crespo racconta che i ragazzi delle giovanili riescono a farli giocare solo grazie al sacrificio dei giardinieri che lavorano a proprie spese per loro. «E per andare in trasferta, usiamo le nostre macchine. Paghiamo la benzina e li portiamo noi».

Parma-Hernan-Crespo/ph-Marco Vasini

Crespo aveva visto costruire questo centro sportivo mattone su mattone, e il giorno dell’inaugurazione il primo gol l’aveva segnato lui. Potrebbero metterci il suo nome da qualche parte, qui dentro. Solo che non serve più. Stanno svuotando anche la palestra, come c’è scritto sul bando giudiziario: per un macchinario per gli esercizi di squat si parte da 400 euro.

Per una semplice panca, di quelle dove stanno seduti i giocatori, mentre si infilano i calzettoni e le scarpe, negli umori di uno spogliatoio, il prezzo base è 300. Poi ci sono in vendita anche i pullmini, un furgone, un’automobile della società, e si va a cominciare dai duemila o al massimo dai 3500 euro. Vengano, signori, vengano.

Se questo è il destino, prima o poi dovranno tintinnare anche le manette. Non è che servirà a qualcosa. Ma sarà inevitabile. Attorno a questa moribonda per ora ci sono gli sciacalli. Arrivano, guardano, promettono e se ne vanno, appena capiscono che il guadagno non vale la candela.

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Per l’aeroporto erano arrivati dei cinesi, della Izp, spariti nel nulla senza che nessuno abbia capito neppure quando sia successo. Invece la società di calcio era stata comprata da un petroliere albanese, Rezart Taci, che ha rivenduto tutto in fretta e furia prima di rimetterci troppo.

L’ha presa uno che simboleggia bene questo disastro, Giampietro Manenti, con il suo aspetto dimesso, la stessa giacca di vecchio taglio stazzonata, quello sguardo appannato, quelle promesse tristi e terribili, giocate sulla pelle di chi ci investe ancora la sua vita e la sua passione: la sua società in Slovenia non ha neanche un capannone, ma solo un ufficio dentro una palazzina sperduta nella periferia desolata di un piccolo paese. Che soldi può mai avere Manenti?

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E cosa sta cercando? Il fatto è che il fallimento di Parma città, così simile a quello del calcio, è cominciato quando il vorace blocco di potere costruito sul mattone ha conquistato il comune con il suo uomo immagine, Pietro Vignali, un sindaco che sembrava un dj con il parrucchino e l’abbronzatura da lampada: qualcuno però l’aveva votato, ed erano stati in tanti, anche se a una semplice occhiata appena attenta, poteva già sembrare uno improponibile.Parma-ex-sindaco-pietro-vignali

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Parma-Pietro-Vignali L’ex sindaco Pietro Vignali al momento dell’arresto nel 2014 per corruzione e truffa

Col Parma calcio non sono stati gli elettori, ma l’allegra compagnia della Lega, un’accozzaglia di presidenti dai dubbi trascorsi gestiti dal duo Tavecchio e Lotito, che sono molto peggio di Totò e Peppino.

Le disgrazie non vengono mai da sole. Dispiace per Simone che s’allontana con la sua macchina piena di carta igienica. E per Alessandro Lucarelli, il capitano, che sta dicendo che adesso pure la lavanderia si rifiuta di prendere le loro maglie da pulire. «Lo faremo noi, a casa». Tira su il finestrino. C’è un po’ di sole. Ma non bisogna crederci troppo. Non è un bel giorno.

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