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Noi siamo figli delle stelle

Interstellar-Nasa credit ©NASA

Siamo tutti nel fango, come diceva Oscar Wilde, «ma alcuni di noi guardano verso le stelle».

Interstellar-Nasa
credit ©NASA

Se è solo un modo di sognare o di cercare una immagine del futuro, non riusciamo a dirlo. Forse è un bisogno. Eppure l’astronauta della NASA Mae Carol Jemison, la prima donna di colore a volare nello spazio 22 anni fa a bordo dello Shuttle, giura che «non è irragionevole pensare che in cento anni potremmo viaggiare tra le stelle» e lo dice proprio come se fosse una cosa possibile, visto che lei studia davvero a questo progetto e ci ha fondato addirittura una fondazione che ha ricevuto mezzo milione di dollari di finanziamenti dal Dipartimento della Difesa Usa.

Lo dice con la passione della sua fede, citando il poeta Langston Hughes: «Tieni stretti i tuoi sogni perché se i sogni se ne vanno la vita è un campo sterile congelato dalla neve».

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Non è il mondo affamato, distrutto dall’uomo, raccontato da «Interstellar», ma qualcosa di simile. L’uomo che non sogna produce rovine. E se è per questo che guardiamo il cielo, va bene, per cercare una risposta alla nostra dimensione, così infinitamente piccola di fronte a un universo così infinitamente grande. Ma poi chi viaggerà dentro lo spazio, quale uomo andrà a conoscere le galassie, quello che sogna o quello che distrugge?

Certo, questa domanda si sperde nell’immensità del miraggio. Come dice Mae Carol Jemison, «le sfide spaziali producono grandi benefici: ogni dollaro speso per andare sulla Luna ne ha generati 10. La verità è che guardiamo alle stelle per migliorare la vita, qui e ora».

Di questi tempi, poi, forse va pure di moda. In Italia, nel mese di novembre è uscito nelle sale il kolossal «Intestellar», costato 165 milioni di dollari e realizzato con la consulenza di Kip Thorne, uno dei più grandi fisici teorici del mondo, docente del California Institute of Technology, che ne è diventato anche il produttore, e a Trento si è aperta al Museo delle scienze «Oltre il limite», la prima grande mostra prodotta in collaborazione con l’Istituto Nazionale di fisica nucleare e la partecipazione dell’Agenzia Spaziale Italiana, per illustrare un grande viaggio alla scoperta dell’universo e dei nuovi misteri, proprio mentre il lander Philae della missione Rosetta atterrava sulla superficie di una cometa inviando messaggi alla sala di controllo dell’ESA -Ente Spaziale europeo- di Darmstadt.

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Le immagini di di Rosetta verso la cometa 67P-foto credit ESA/Rosetta/Philae/CIVA

Ci stiamo avvicinando a piccoli passi alla previsione di Jemison. Bisogna andare. Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi diritti fino al mattino.

Ma quello che colpisce di più di questo viaggio è l’emozione che procura. Può darsi che guardare il cielo sia una forma d’arte. Prendiamo il film. E lasciamo perdere i giudizi di merito: non ne saremmo capaci. Leggiamo quelli degli altri, che ne sanno più di noi.

Giovanni Bignami, presidente del Comitato per la ricerca spaziale e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, non solo assicura che «prenderà molti Oscar e sarà campione di incassi» ma sottolinea soprattutto che «è da vedere, perché qui l’impianto scienza è solido, più di quello “fanta”.

Al contrario, per esempio di Solaris, che aveva una base fantaletteraria: nel caso di Interstellar questa è completamente assente». In America, questi film devono essere il più seri possibili per piacere. E Kip Thorne aveva già lavorato per «Contact», del 1997, mentre quella che veniva fino a ieri considerata la migliore pellicola del genere, «2001 Odissea nello spazio», aveva avuto la visione scientifica di Arthur C. Clarke.

Ma al di là dei buchi neri, del wormhole e di tutti gli altri aspetti più prettamente tecnici, è la sua filosofia che lo caratterizza, questo rapporto fra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande che non rappresenta solo il limite dell’uomo.

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La trama del film è in fondo semplice: in un mondo diventato invivibile per l’esaurimento delle risorse, dove anche la scienza viene rifiutata, degli utopisti cercano un altro posto nello spazio per salvare l’umanità, e cominciano un viaggio che è anche un percorso nella relatività del tempo e nei misteri della vita, per spingersi dove nessuno è mai arrivato prima, nei meandri di un territorio remoto dove le leggi della fisica possono anche venire stravolte. «Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle, un giorno, giuro che lo farò…»

In fondo, è la storia di Ulisse aggiornata su una navicella spaziale. Cambiano le motivazioni, perché questa volta la guerra è perduta per sempre, e cambiano i protagonisti, visto che in Intestellar è la figlia che aspetta Matthew McConaughey, ma la sete della conoscenza e l’avventura salvifica che nasconde il respiro del mare le aveva già scrutate Omero.

Però, tutta questa ricerca fra scienza e sogno, tutto questo guardare nel cielo, forse ci dice qualcosa. E’ vero che solo l’arte permette di dare un senso al tempo e allo spazio, laddove fisica e numeri non possono arrivare, ma il suo compito è diverso: intuisce, inventa, interpreta, registra e racconta. Non costruisce. Non l’ha mai fatto.

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La prima foto di Rosetta sulla cometa 67P-credit ESA

Bisogna arrabbiarsi per il morire della luce, combattere l’oscurità della mente e dello spirito, e l’arte serve a capire che bisogna farlo. Prima stella a destra, e poi diritti fino al mattino.

D’altro canto anche il progetto di Mae Carol Jemison procede spedito: l’obiettivo, spiega, «è superare entro un secolo le sfide che oggi impediscono di andare così lontano. Noi lavoriamo su diversi livelli, perché per prima cosa bisogna creare un’ambizione globale. E dobbiamo cercare risposte a un sacco di domande. Come mangeremo e come vestiremo gli esploratori per proteggerli?, e come reagiranno dal punto di vista psicologico?, e che cultura ci porteremo appresso? Interstellar, voi non ci crederete, ma può fare molto. Questi racconti di fantascienza aiutano a immaginare mondi nuovi anche a livello popolare».

Può darsi che alla fine del viaggio ci sia davvero un uomo delle stelle che ci sta aspettando in cielo. Possiamo sognarlo, per andare via da questo inverno, per andare via da qua.

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