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Henri Cartier-Bresson a Roma. “L’occhio del secolo” in mostra all’Ara Pacis

Hyères. Francia, 1932. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy Fondation HCB
Hyères. Francia, 1932. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy
Fondation HCB

“La fotografia non è niente… La sola cosa che m’interessa è la vita, capisci”, dice Henri Cartier-Bresson a Vera Feyder, poetessa e drammaturga, che racconta il fotografo nel testo prodotto per il catalogo dell’esposizione “Paris à vue d’oeil” al Museo Carnavalet nel 1984.

Non era l’unico scritto a presentare Henri Cartier-Bresson in quel catalogo. C’era anche quello di André Pieyre de Mandiargues, scrittore e drammaturgo, che descrive il fotografo come “instancabile e sempre in compagnia della sua Leica, usata come una finestra sull’imprevisto per afferrare la bellezza che può apparire da un momento all’altro”. Un concetto caro ai surrealisti di Breton che Cartier-Bresson fa proprio per acciuffare con la sua Leica, che gli consentiva di realizzare un gran numero di scatti senza dover essere ricaricata, “la bellezza meravigliosa che può apparire da un momento all’altro”.

Henri Cartier-Bresson, New York (dettaglio), 1935. © George Hoyningen-Hune
Henri Cartier-Bresson, New York (dettaglio), 1935. © George Hoyningen-Hune

Oggi una retrospettiva sulla vita lunga quasi un secolo di quello che è considerato un fotografo leggendario. Una esposizione, al Museo dell’Ara Pacis di Roma in corso fino al 25 gennaio 2015, che rende omaggio ad un uomo, a dieci anni dalla sua scomparsa, che attraverso la curiosità, i percorsi e le influenze molteplici, ha fatto il fotografo.

Sorprende la presentazione di Henri Cartier-Bresson curata da Clément Chéroux, storico della fotografia e conservatore capo del Dipartimento Fotografico del Museo nazionale d’arte moderna al Centre Pompidou di Parigi. Sorprende perché rende omaggio all’evoluzione del cammino artistico di Henri in tutta la sua complessità e varietà, un percorso che rappresenta e attraversa la storia del Ventesimo secolo con lo sguardo di un uomo, che aveva la sua “finestra sempre aperta a cogliere la meraviglia che può apparire da un momento all’altro”.

L’esposizione copre l’intera vita di Henri Cartier-Bresson passando dalla passione per la fotografia, a quella parallela verso la pittura e il cinema  e mette in mostra oltre 500 opere tra scatti, disegni, dipinti, film e documenti.

Siviglia, Spagna, 1933. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy Fondation HCB
Siviglia, Spagna, 1933. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy
Fondation HCB

La mostra è divisa in nove parti,  le 350 stampe vintage d’epoca, le ristampe e i 100 documenti, tra cui i quotidiani, i ritagli di giornali, le riviste, i manoscritti, i film e poi i dipinti e i disegni, tracciano e accompagnano nelle diverse fasi di vita e di lavoro del fotografo francese.
Così si scopre, con la lentezza che permette la riflessione e l’associazione, che dagli anni di apprendistato a Parigi nell’accademia di André Lhote dove viene iniziato ai piaceri della composizione, e dalla frequentazione degli amici americani attraverso cui scopre Eugène Atget, il giovane Cartier-Bresson passa al seguito dei surrealisti di André Breton di cui lo attrae soprattutto lo spirito sovversivo, il gusto del gioco, lo spazio lasciato all’inconscio, il piacere degli andirivieni urbani, la predisposizione ad accogliere il caso.

Domenica in riva alla Senna, Francia, 1938. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy Fondation HCB
Domenica in riva alla Senna, Francia, 1938. © Henri Cartier-Bresson/Magnum
Photos-Courtesy Fondation HCB

Arrivano poi gli anni dell’impegno politico per la stampa comunista di cui condivide un feroce anticolonialismo, l’impegno nei confronti dei repubblicani spagnoli e una fede profonda nella necessità di “cambiare la vita”, e dell’apprendistato del fare cinema che, diceva Cartier-Bresson, gli aveva “insegnato a vedere”. In quanto militante comunista, il fotografo trovava che i film fossero un ottimo mezzo far passare meglio il messaggio grazie alla sua struttura narrativa e anche perché si rivolgevano a un pubblico più ampio di quello della fotografia.

Per poi attraversare la scelta del fotogiornalismo che combacia, nel 1947, con la nascita dell’agenzia Magnum fondata insieme a Robert Capa, David Seymour, George Rodger e William Vandivert. Ricerca che lo porta in giro per il mondo a produrre reportage fino agli anni Settanta.

In concomitanza, Cartier-Bresson fotografava periodicamente alcuni soggetti particolari, incrociati nei vari paesi toccati durante i viaggi e nel corso degli anni. Ne risultano immagini che si interrogano su alcune grandi questioni sociali della seconda metà del Novecento, che assumono il valore di vere e proprie inchieste.

Fotografie realizzate senza l’urgenza imposta dalla carta stampata, che sono spesso più ambiziose. Tali inchieste, tematiche e trasversali, descritte da Cartier-Bresson stesso come una “combinazione di reportage, filosofia e analisi sociale” sono legate all’antropologia visiva. A quel genere di esplorazione dell’uomo in cui gli strumenti di registrazione analogica svolgono un ruolo essenziale.

Roma, 1959. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy Fondation HCB
Roma, 1959. © Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos-Courtesy Fondation
HCB

“Sono visivo – diceva, tra l’altro, Cartier Bresson – […]. Osservo, osservo, osservo. È con gli occhi che capisco”. E lui amava essere presente, vedere per scattare e cogliere, oltre i limiti del tempo e delle tecniche, l’imperfettibile e per questo bello.

L’ultima parte dell’esposizione esplora la vita di Henri Cartier-Bresson dagli anni Settanta in poi, quando smette di accettare i reportage, si ritira dall’agenzia poiché ritiene che la Magnum si allontani sempre più dallo spirito con cui era stata creata e si concentra sulla supervisione dell’organizzazione del suo archivio, sulla vendita delle foto, sulla pianificazione di mostre o di libri.

Non lascia mai la sua Leica per realizzare, però, solo ogni tanto immagini più contemplative. Il disegno, invece, riacquista centralità insieme alle visite a mostre e musei. Intanto la sua fama internazionale cresce e trasforma Henri Cartier-Bresson in una leggenda vivente. In quanto testimone di quasi cento anni, quelli che vanno dal surrealismo alla Guerra Civile Spagnola, dalla seconda Guerra Mondiale alla decolonizzazione alla Guerra Fredda, il fotografo viene trasformato per definizione ne “l’occhio del secolo” e l’esposizione al Museo dell’Ara Pacis di Roma ne mostra l’evoluzione umana complessa, curiosa, appassionata. E cos’è un fotografo se non questo?

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INFORMAZIONI UTILI:

Henri Cartier-Bresson
26/09/2014 – 25/01/2015
Museo dell’Ara Pacis, Nuovo spazio espositivo Ara Pacis
Orario
Dal 26 settembre 2014 al 25 gennaio 2015
Martedì-domenica 9.00-19.00
La biglietteria chiude un’ora prima
Il venerdì e sabato, per l’intera durata della mostra, prolungamento dell’orario di apertura, del solo spazio espositivo (Via di Ripetta), fino alle 22.00 (ultimo ingresso ore 21.00)
Chiuso il lunedì

Biglietto d’ingresso
Biglietto solo mostra “Henri Cartier-Bresson” (ingresso da Via di Ripetta):
– Intero € 11,00
– Ridotto € 9,00
– Speciale Scuole € 4,00 ad alunno (ingresso gratuito ad un docente accompagnatore ogni 10 alunni)
– Speciale Famiglie € 22,00 (2 adulti più figli al di sotto dei 18 anni)

Ridotto:
– giovani fino ai 26 anni
– adulti oltre i 65 anni
– insegnanti in attività
– giornalisti con regolare tessera dell’Ordine Nazionale (professionisti, praticanti, pubblicisti)
– possessori RomaPass (dal 3° ingresso)
– possessori di carta di credito American Express utilizzata per l’acquisto del biglietto di ingresso – fila dedicata
– abbonati mensili ed annuali metrebus con presentazione alla cassa dell’abbonamento

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