Print Friendly and PDF

Genova la “Superba” cade di nuovo a pezzi, sbriciolando la storia

Genova-alluvione

Un tempo dicevano che era Superba, la chiamavano così. Povera Genova, adesso, vittima del cielo e delle ingiustizie che continua a farsi. L’ex candidato sindaco Enrico Musso se l’è presa con 4 dirigenti del Comune che hanno appena avuto un aumento di stipendio, anzi, «retribuzioni di risultato» per essere precisi, tra i 6 e i 17mila euro, grazie al «buon lavoro svolto per la sicurezza idrogeologica della città».

Abbiamo visto. Il dirigente numero 4 aveva come obiettivo proprio la messa in sicurezza del territorio; complimenti, 17.164, 53 in più, per un totale lordo all’anno di 123mila euro. Il dirigente numero 3 aveva il compito di occuparsi della «scanalatura dei torrenti Bisagno e Chiaravagna con gli interventi di adeguamento idraulico»: premiato anche lui 9.405, 44, lordo annuo 109mila.

Un po’ meno premiati, gli alluvionati. Una dei 4, Marina Bocchiardo, sì è difesa così, dall’accerchiamento dei giornalisti di Sky: «Non possiamo mica fermare l’acqua con le mani». Certo che no. E il sindaco, Marco Doria, poteva non andare a teatro la sera che è cominciato tutto, se nessuno l’aveva avvisato? Il fatto è che le assurdità non sono mica solo queste.

Dal luglio 2012 sono fermi a Roma i soldi già stanziati per i lavori di prevenzione e di messa in sicurezza del torrente Bisagno. E’ il solito Tar del Lazio, che fa questo di lavoro, e che, a sua volta, attribuisce la colpa a chi fa i bandi. Fate voi. In realtà, hanno bloccato tutti quei milioni solo a causa di un ricorso presentato nel luglio 2012 da 10 ditte escluse dalle gare di appalto. Da allora, l’indispensabile e onnipresente Tar del Lazio non ha ancora deciso niente.

In compenso, spiega Giuseppe Caruso, presidente della II sezione Tar Liguria, «nel caso in questione c’è stato un problema di competenze su una vicenda molto complessa». Bisognerebbe dirgli che è la vita che è complessa, più di tutti i «casi in questione», e la burocrazia la complica solo ancora di più.

alluvione-genova

Ma a cosa serve? Genova è il simbolo di tutte le bellezze consumate dal peccato. E’ ancora Superba, disposta come un anfiteatro in una insenatura, con i suoi palazzi antichi «tra i più belli del mondo», secondo Wikipedia, e le case e le ville d’epoca distribuite su pendii scoscesi che digradano verso il mare, ma il suo splendore è come infiacchito per la vizza calura di una tarda estate, come se cominciasse a spegnersi prima di un autunno.

La sua epoca cinquecentesca e barocca, i suoi palazzi Cambiaso (del 1565), Parodi (1567), il municipio, lo splendido edificio dell’Università (1636), il Palazzo Bianco e il Palazzo Rosso, resistono affacciati con i loro effetti prospettici su un declino non solo architettonico, ma anche umano.

Dopo l’esondazione del Fereggiano nel 2011, in cui furono uccise 6 persone, nel mirino della Procura era finita anche la cementificazione selvaggia, la mancata pulizia dei rivi, oltre alle carenze nella prevenzione. L’inchiesta si aprì dopo l’esposto di 14 commercianti, che ce l’avevano soprattutto con il sindaco di allora e l’assessore, abbastanza colpevoli, magari, ma non certo gli unici responsabili.

Come disse bene il procuratore capo Michele Di Lecce, sin dall’inizio le polemiche si sono subito concentrate «sui motivi che hanno determinato la morte di 6 persone, non sulle ragioni».

alluvione-genova

Eppure le cause non sono sperdute nella notte dei tempi: basterebbe cercare i permessi e le autorizzazioni concessi a costruire in zone incredibili, compreso il letto del torrente killer, perché questo è successo e continua a succedere nella splendida e civilissima Genova. Un anno dopo i 6 morti dell’alluvione, la città s’è preparata a discutere come se niente fosse la costruzione di un enorme edificio in via Maritano, a metà strada tra Teglia e Bolzaneto, undici orrendi piani di color choc per un’altezza di circa 40 metri su un’area di 5mila metri quadri, con vista collinare sull’autostrada Genova-Milano.

La città che era Superba ha già fatto collezione di angoscianti palazzi con le quinte a formicaio, come la tristemente nota Diga del quartiere Diamante, la casa albergo delle Poste in via Linneo, oltre a un mucchio di insediamenti in via Tofane o in altre zone rubate alle sue alture e soffocate dal cemento.

Eppure sembra non bastargli, perché questa è la vera tragedia della Liguria, sommersa da costruzioni che hanno devastato il suo impianto idrogeologico, e che continuano ancora adesso, dopo l’alluvione del 2011 e dopo quella di questi giorni. Anziché fermarsi e rispettare la loro fortuna, vanno avanti imperterriti.

Purtroppo, anche le alluvioni vanno avanti. Ogni volta che piove ce n’è una. Però, al confine con le magnifiche Cinque Terre, lambite pure loro da frane e allagamenti, adesso sono pronti a costruire un sylos e un outlet. Costruiamo, costruiamo, che qualcosa resterà.

Aveva ragione don Gallo. Quando gli chiesero che cosa chiederebbe a Dio dopo l’alluvione di Genova, lui rispose così: «Gli chiederei perché non ha fatto l’Undicesimo Comandamento: Rispetta la natura».

genova
Alluvione del 1970

Commenta con Facebook

leave a reply

*