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Germano Celant e il contratto Expo da 750 mila euro

Germano Celant al cento di una polemica per un presunto suo contratto con Expo 2015 del valore di 750 mila euro più iva per la curatela di una mostra
Germano Celant al centro di una polemica per un presunto suo contratto con Expo 2015 del valore di 750 mila euro più iva per la curatela di una mostra

Da una lettera di Demetrio Paparoni inviata a “Flash Art” esplode una rovente polemica sul “santone” della critica Germano Celant. Sembra che  per “la curatela e la direzione artistica dell’Area tematica Food in Art”, da realizzare nell’ambito dell’Expo di Milano, al critico Germano Celant verranno corrisposti 750.000 euro più IVA. Dei quali con la firma del contratto, che sarebbe avvenuta il 7 marzo 2013, già sarebbe stato corrisposto un anticipo di ben 292.000 euro. Secondo alcune indiscrezioni tale compenso fuori da ogni logica commerciale (si pensi che il compenso medio a un curatore della Biennale veneziana come Massimiliano Gioni è stato di 120.000 euro per un lavoro assai più lungo e complesso) potrebbe derivare dal fatto che Celant abbia trovato degli sponsor per la manifestazione artistica dell’Expo. Paparoni, giustamente, evidenza il fatto che anche se le motivazioni fossero queste si sarebbe dovuto scindere il compenso per il lavoro curatoriale da quello svolto da Celant come agente commerciale. Resta comunque lo scandalo, se veramente così fosse, per il coinvolgimento di un illustre critico conosciuto e apprezzato a livello internazionale nelle logiche poco trasparenti di un Expo 2015 che sta esplodendo come una pentola a pressione. E pensare che come scrive Paparoni nella sua lettera-denuncia, è necesario tenere ” a mente che in Italia ci sono pensioni da ottocento mila euro al mese; che Pompei cade a pezzi; che la giovane arte italiana è ormai inesistente all’estero, proprio grazie ai mandarini del sistema dell’arte italiano che promuovono solo se stessi; che il direttore della galleria degli Uffizi di Firenze guadagna 1.890 euro al mese e che a Firenze le sale dello stesso museo non sono adeguatamente deumidificate per assenza di fondi”. Se questa situazione contrattuale di Celant fosse vera ArtsLife si unisce a Paparoni nel denunciare questo contratto come un esempio di malcostume tipico di un’Italia che, speriamo, sta per essere spazzata via. Pur continuando ad apprezzare sul fronte del lavoro storico-critico una personalità come quella di Gemano Celant, questa storia se vera ha dell’incredibile. Forse veramente è arrivato il momento in cui Celant lasci più spazio alle giovani generazioni di curatori, molti dei quali bravissimi, eticamente straordinari e italiani, non trovano lavoro in Italia mentre sono apprezzatissimi e ricercati in tutto il mondo (si veda ad esempio Francesco Stocchi curator al al Boijmans Museum di Rotterdam). Per la cronaca, Demetrio Paparoni ha recentemente pubblicato con Ponte alle Grazie Il bello, il buono e il cattivo / Come la politica ha condizionato l’arte negli ultimi cento anni. Un capitolo del libro, dal titolo “L’Italia che ha dimenticato di essere stata fascista”, indaga inquietanti comportamenti, nell’ambito della cultura, dell’attuale classe politica italiana, da Silvio Berlusconi e dall’ex ministro Sandro Bondi all’ex assessore del Comune di Milano, Stefano Boeri. 

clicca qui per leggere il blog di Angelo Crespi sullo stesso argomento

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