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Pompei. Una storia italiana

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Il servizio di ArtsLifeTV a cura di Luca Zuccala e Stefano Bernardeschi

Pompei 2013 d.C. La storia vergognosa di una delle più importanti testimonianze archeologiche dell’umanità abbandonata al suo destino. Un sito al collasso, metafora di un paese in rovina di cui ancora oggi (luglio 2013) non si scorgono segni di rinascita. Una storia di degrado tipicamente italiana fatta di crolli, scempi e infinite devastazioni.

(Foto: Luca Zuccala © ArtsLife)

L’ultima disgrazia risale al 13 luglio con la caduta di alcune pietre sulla Via Stabiana nella zona del Teatro Piccolo. Il tutto a distanza di nemmeno una quindicina di giorni dall’ultimatum dell’Unesco per un intervento risolutivo del Governo per evitare che Pompei sia cancellata dalla lista del Patrimonio dell’Umanità. Il rapporto stilato dagli ispettori internazionali parla chiaramente di “carenze strutturali, infiltrazioni d’acqua e mancanza di canaline di drenaggio, danni riportati dalla luce agli affreschi, costruzioni improprie non previste dal precedente piano, mancanza di personale“. E in più rimarca la forte “preoccupazione” di “ulteriori crolli” nonché il “deterioramento di dipinti murali, pavimenti a mosaico e altre decorazioni“. Tutto inesorabilmente vero e verificabile passeggiando in loco. Uno stato di totale degrado a cui vanno sommati la presenza di cani randagi, visibilissimi lungo il percorso, e relativi “bisogni” in giro per il sito (emblematica la situazione nella quale ci imbattiamo nella Fullonica di Stephanus, una delle lavanderie sopravvissute all’eruzione, in via dell’Abbondanza: il cane che ha appena lasciato i suoi “ricordi” dorme sereno nell’atrio mentre i turisti approfittano della pareti della vasca in rosso pompeiano al centro della sala utilizzandole come fossero un tavolo sui cui sedersi o appoggiarsi comodamente), i chioschi di “souvenir artistici” all’interno di alcune domus con spazi limitrofi adibiti a ripostiglio (i più plateali: gli abusivi del “Macellum” (l’antico mercato a fianco del Foro) accanto ai calchi in gesso degli antichi pompeiani agonizzanti, e quelli della meravigliosa Casa del Fauno in Via della Fortuna con tanto di magazzino ricavato nella domus, uno sgabuzzino “personale” portaoggetti alle spalle delle icone vagamente kitsch esposte nel baracchino), il fast food nella Casa di Bacco di fianco alle Terme del Foro: un Autogrill di circa 300 metri quadri al piano terra più 320 di terrazzo scoperto al primo piano ubicato dietro al Foro con la previsione (pure) di costruirne un altro in futuro. Allo Stato saranno “devoluti” 2 milioni e mezzo di euro in 6 anni per la “eccezionale” concessione degli spazi, parte dei quali da destinarsi al restauro del parco archeologico. Ecco come lo Stato baratta il proprio patrimonio culturale per il mero denaro permettendo in maniera legale la realizzazione di un vero e proprio scempio nel bel mezzo del sito archeologico.

Scempio macroscopico come la ristrutturazione del Teatro Grande ad arena di villaggio-vacanze (denunciato da Gian Antonio Stella sul Corriere 2 anni fa): ricostruzione della cavea ex novo con gradoni di moderni mattoni in tufo appoggiati su cordoli di cemento a vista. E ovviamente, come se non bastasse, continuano a infestare il retropalco tra la scena e il Quadriportico dei teatri i “temporanei” (ormai fin dal 2010) container-camerini prefabbricati così stabili da essere allacciati addirittura alla rete fognaria. A tutto ciò si potrebbe aggiungere come ricordato dal Ministro Massimo Bray: “una biglietteria e un’accoglienza ai turisti assolutamente inaccettabile”, per non parlare dei servizi igienici o delle guide “non ufficiali” all’interno e – all’esterno – dell’abusivismo, cementificazione, parcheggio (la maggior parte a “gestione fai da te” e arrangiati a scovare il parcheggiatore che chiede di meno) e trasporti (si pensi alla Circumvesuviana e a qualsiasi forma di trasporto pubblico nei dintorni). Totale disorganizzazione e plateale mala gestione.

Terme Stabiane, frigidarium (Foto: Luca Zuccala © ArtsLife)

Disastri e storie di degrado o di crolli annunciati che si aggiungono giorno dopo giorno e non sembrano finire mai. Dal 1994 ad oggi sono stati registrati (almeno) la “bellezza” di 36 crolli, 8 negli ultimi 3 anni, 28 fino al 2010 di cui 10 di lieve intensità e 18 invece gravi come quello ormai celebre della Schola Armaturarum su Via Nola e quello del muro perimetrale della Domus del Moralista sulla ricca via dell’Abbondanza. Ora l’intero quartiere racchiuso nella parte Nord-Est degli scavi dove sono (o erano) situati gli edifici è completamente chiuso, le strade transennate e vige un “Vietato l’accesso!” perpetuo. “Vietato l’accesso!”(o l’ingresso!) appunto: con questo avvertimento si potrebbe riassumere la visita a Pompei. Vie sbarrate, domus inagibili, ovunque ti giri è “Chiuso per restauro” e le impalcature fanno parte ormai dell’arredamento urbano della città (la maggior parte infatti non è restauro come vogliono far credere ma puntellature più o meno di fortuna per prevenire eventuali crolli). Un divieto che ti rimbomba nella testa in ogni Regio. Vietato!, Stop!, Pericolo!, Attenzione! e poi i nuovi cancelletti in ferro con scritto beffardamente “Pompei viva” quando la città sembra davvero essere più defunta che mai, morta due volte o almeno lì lì per ricadere negli Inferi.

Cave Canem! (Foto: Luca Zuccala © ArtsLife)

Come spiega l’ex soprintendente (di Pompei) Giovanni Guzzo dei 44 ettari di città romana restituiti all’umanità il 69 per cento ha bisogno di essere messo in sicurezza. Manca, come è noto, personale di custodia, sono un centinaio ma in giro ce ne sono (o almeno se ne vedono) se va bene una decina (interi quartieri di Pompei sono alla mercé dei visitatori). Vi è poi una carenza allarmante di tecnici alla manutenzione (l’ultimo mosaicista è andato in pensione nel 2001 – vedere per credere la situazione generale dei mosaici letteralmente “a pezzi” o basti pensare a quello famoso del “CAVE CANEM” all’ingresso della domus del Poeta Tragico ormai sfigurato dall’incuria) nonché di personale scientifico (archeologi e storici dell’arte).

“CAVE CANEM!” – “Attenti al cane”: Se fino al 79 d.C. metteva in guardia chiunque volesse violare la privacy del poeta-padrone ora – 2013 d.C. – significa sempre la stessa cosa ma con una sfumatura differente: “Attenti al cane! (RANDAGIO)“. Di cartelli riguardo i randagi sperduti e smagriti (degni dell’opera di Velasco Vitali) ce ne sono ovunque. Chiediamo spiegazioni. Una guida (non abusiva) ci avvisa sul fatto che “potrebbero avere la rabbia” e comunque nel migliore dei casi “fate attenzione che morsicano e non è piacevole”, quindi bisogna stare attenti e girare al largo. Un custode invece ci spiega che è “terra loro”, “qua sono a casa ed è normale che trovino rifugio in giro”: li avvistiamo nelle Terme Stabiane (i più antichi bagni pubblici pompeiani) – proprio accanto al frigidarium (con frotte di turisti attoniti che ci passano accanto), nel lupanare – uno dei 25 bordelli della città –  a fianco ai letti dove si consumavano le prestazioni 2 mila anni fa ma anche, molto più semplicemente, sdraiati in qualche fresca e isolata domus e presso le fontanelle disseminate agli incroci delle vie per dissetarsi. Come non comprenderli, ci son 40 gradi e hanno caldo anche loro.

Affreschi a pezzi (sulla Via dei Sepolcri) (Foto: Luca Zuccala © ArtsLife)

Sono 3 (su 73) le Domus aperte al pubblico (Casa del Menandro, Casa del Fauno e quella appena riaperta degli Amorini Dorati, chiusa invece dal lontano 2002 la celebre casa dei Vettii per non parlare dell’Antiquarium chiusissimo dal lontanissimo 1977) e solo in una incontriamo un custode (quella del Menandro) nella quotidiana – come ci racconta – “lotta continua con gli sbadati e incauti turisti“. Passeggiando per il sito infatti al degrado del luogo si somma la noncuranza e la scarsa attenzione alla fragilità dei tesori archeologici dei visitatori: è consuetudine appoggiarsi dappertutto, toccare e accarezzare gli affreschi, giocare coi tassellini dei mosaici, fotografare con flash dove non è permesso, graffiare o graffittare intonaci, stucchi e pareti delle strutture, bivaccare sulle rovine, mangiare su colonne e capitelli, utilizzare i recipienti antichi come spazzatura, urinare sui muri più periferici delle case (per non dare nell’occhio) e toccare tutto ciò che non è protetto da teche o transenne apposite. E nel frattempo, inoltre, la vegetazione invade i peristili e gli atri delle abitazioni.

Affreschi e incuria (Foto: Luca Zuccala © ArtsLife)

Due milioni e mezzo in media i visitatori ogni anno e quartieri interi in cui non si vede l’ombra di un addetto. Così scorgiamo nella Domus dei Mosaici Geometrici (Regio VIII) teoricamente chiusa al pubblico una coppia di turisti che allegramente vaga spensierata nella casa calpestando “amorevolmente” i pavimenti mosaicati. Poco più avanti tra Via delle Scuole e il Vicolo della Regina notiamo una famiglia di stranieri alla ricerca di un souvenir dell’antica Pompei, saltellano qua e là scavando e “ravanando” tra muri e muretti nella speranza che salti fuori qualcosa. Effettivamente le precarie transenne sono abbattute e chiunque è libero di scorrazzare liberamente giocando al “piccolo archeologo” e concedendosi magari un “ricordo” della gita pompeiana come un pezzo d’affresco, qualche tassello bianco o nero di mosaico, un pezzo di anfora o parte di cocci di un vaso di 2 mila anni fa. Ce n’è per tutti e per tutti i gusti. Basta entrare e il “gioco” è fatto.

Affreschi a pezzi e calco nel Macellum (Foto: Luca Zuccala © ArtsLife)

Cambiamo zona, da Sud ci spostiamo a Nord Ovest oltre il Regio VI. Per l’intera Via dei Sepolcri fino alla Villa dei Misteri non c’è l’ombra di un guardiano nel raggio di chilometri. Anarchia assoluta. Si entra e si esce dalle tombe della necropoli tranquillamente dato che palizzate e transenne di “divieto” sono divelte o distrutte. Poi, sempre con molta calma e senza che nessuno ti dica qualcosa, proseguiamo la visita tra le varie strutture sepolcrali arrivando alla mitica Villa dei Misteri, della quale – forse fortunatamente – solo una piccola parte è aperta al pubblico. Eccoci all’ennesimo scempio, scandalo o vergogna pompeiano-nazionale: nessuno che controlla le meravigliose pareti affrescate lasciate alla mercé dei turisti sperando (o confidando in maniera azzardata visto il risultato) nella magnanimità del turista medio di non portarsi via o vandalizzare alcunché. L’unica presenza pseudo ufficiosa del luogo è il venditore di gelati e panini appena fuori dall’uscita a fianco alla residenza che improvvisatosi Cicerone del posto in maniera “molto gentile” spiega ai turisti sperduti la strada da seguire per visitare gli affreschi migliori: il ciclo pittorico 17 per 3 metri che si richiama al culto misterico di Dioniso, il più grandioso lasciatoci dall’antichità. Meraviglioso e miracolosamente preservato da una cordicella approssimativa che vieta l’ingresso, uno sguardo da fuori basta e avanza visto cosa succede alle pareti accanto. Infatti il problema e lo scandalo sono dietro l’angolo (o dietro l’affresco): la parte visitabile che conduce al celebre affresco è completamente trascurata e lasciata a se stessa così da subire l’infame destino di tutte le pitture pompeiane (di primo, secondo, terzo e quarto stile): sbriciolamento e sgretolamento, infiltrazioni d’acqua, polvere e incrostazioni, guano d’uccelli, graffiti lasciati da mani indegne o da borse, zaini e oggetti contundenti che sfregiano e sfregano volontariamente o meno le pareti. Una cosa pazzesca per delle pitture del genere, uniche al mondo, un tesoro inestimabile lasciato al degrado più assoluto.

Affreschi nella Villa dei Misteri (Foto: Luca Zuccala © ArtsLife)

Ci sono stanziati ma ancora bloccati 105 milioni di euro di fondi europei per un piano di salvaguardia del sito. C’è tempo fino il 31 dicembre di quest’anno da parte del Governo di adottare misure idonee per Pompei: 5 mesi alla scadenza fissata dall’Unesco. Bisogna fare più in fretta che mai per scongiurare l’ingresso nella black list dell’Unesco dei siti in pericolo (con relativa sospensione dei finanziamenti) ma crolli, sprechi milionari e ritardi infiniti nei lavori sono all’ordine del giorno. Gli ispettori dell’organizzazione internazionale si dicono (solo) “preoccupati” della possibilità che si possano concludere gli interventi entro il 2015. Come ricorda Antonio Irlando, Presidente dell’Osservatorio archeologico vesuviano, ci vorrebbe: “una amorevole e quotidiana manutenzione ordinaria”, non le spettacolari e mediatiche quanto dannose performance una tantum di manutenzione straordinaria. Sono appena stati assegnati i lavori per la Casa del Criptoportico e per quella dei Dioscuri con ribassi maggiori del 50 per cento, cosa che dovrebbe far riflettere non poco in vista di una ipotetica (probabile?) lievitazione dei costi dei lavori in futuro. Basti informarsi sugli altri restauri nel sito di Pompei (ma non solo qui) rincarati vertiginosamente e vergognosamente negli anni fino a raggiungere la decuplicazione della somma stabilitasi. Una tipica storia italiana, un classico di sempre del nostro (Bel) Paese. E intanto Pompei piano piano cade a pezzi.

Via dell’Abbondanza (Foto: Luca Zuccala © ArtsLife)
Gufo su rosso pompeiano (Foto: Luca Zuccala © ArtsLife)
Volta delle terme stabiane (Foto: Luca Zuccala © ArtsLife)

Foto e testo: Luca Zuccala

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6 Commenti

  • resoconto completo e dettagliato. Complimenti, da diffondere il piu’ possibile in rete pero’!

  • tesori in mano a un popolo ingrato!!!! dov’è lo STATO????

  • Sono stata a Pompei l’ultima volta circa cinque anni fa. Pioveva e l’acqua colava lungo tutte le pareti interne affrescate delle domus visibili (immagino quelle non visitabili!!). Uno scempio e una vergogna. Anche i cani randagi che ogni poco mordono i turisti!! che strazio!! Gli italiani dovrebbero essere fieri del proprio passato e vergognarsi profondamente del proprio presente. Io sono un italianofila convinta ma nel resto d’Europa quando hanno cose da poco le fanno diventare capolavori. Noi abbiamo monumenti strepitosi e siamo dei grossi cialtroni. Non parliamo poi di Napoli; inutile dire che nord e sud è uguale!! Comunque anche al nord non scherziamo con l’inettitudine. Le soprintendenze per i beni culturali spesso restituiscono il denaro stanziato dal ministero perché non hanno saputo fare programmi per impegnarlo. Che schifo!! Questi funzionari locali dovrebbero essere maggiormente controllati ed eventualmente anche licenziati. Sono dei privilegiati perché svolgono un lavoro bellissimo e si permettono di trattarlo come immondizia. Che schifosi inetti!! Purtroppo costituiscono la maggior parte e, quando tra di loro c’è un volonteroso, lo emarginano perché risulta un confronto a loro sfavorevole. Riflettiamoci!!!

  • Vi aggiorno l’ottimo servizio:Passate sulla pagina FB Notizie di Pompei cercando di capire perchè lo spettacolo di Siani agli Scavi è saltato. Sempre più ha ragione Daverio, per Pompei Scavi servono i caschi blu dell’ONU. Vivo qui dal 2007, e mi sono visto offrire in vendita da una badante una statuetta originale per 600 euro, da una badante !, ne aveva già piazzate altre due.Attività illegale in un contesto sociale illegale che vive di illegalità. L’UNESCO deve solo rettificare, da : Patrimonio dell’Umanità a Patrimonio della Camorra, almeno i turisti sono avvertiti.
    Non perdo la speranza ed ho partecipato al concorso internazionale d’idee per la valorizzazione di Pompei, il 29 luglio 2013 si riunirà per l’ultima volta la commissione di valutazione delle proposte. Invito la Redazione a seguire gli sviluppi.
    Ho conosciuto anche un collezionista del Nord che ha acquistato al mercato nero due metri quadrati di affresco pompeiano autentico. Quello che colpisce è proprio il furto selvaggio, iniziato fin dalla scoperta degli Scavi. L’uomo è, e rimane un predatore avido ed egoista incurante del bene del prossimo e quindi del bene comune.
    Stefano Armellin
    Pompei, sabato 27 luglio 2013

  • COMPLIMENTI PER IL SERVIZIO, il “bisogno” del cane sui resti dice tutto. Povera Italia

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