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Intervista a Cristiana Collu‏

Cristiana Collu

Mercoledì 8 maggio nel primo pomeriggio, ore 14, Cristiana Collu, direttrice del Mart di Rovereto, ha incontrato gli studenti dell’Accademia di Brera per approfondire, direttamente e con gli interventi del suo staff, le peculiarità nell’organizzazione e la gestione del Mart. La conferenza-lezione-dibattito era proposta dalla stessa Accademia e rivolta anche ad esterni, all’interno di una serie di attività didattiche che vengono organizzate dentro e fuori le mura dell’istituzione. Tema della riunione era “Mart: il Museo Italiano”, ovvero si sono scandagliate tutte le questioni motivazionali, pratiche, educative che costituiscono la vita di un Museo come il Mart appunto, “un’istituzione pubblica che deve coinvolgere le persone, ovvero essere al servizio di tanta gente. –dice la Collu- Per farlo bisogna sempre ridefinire gli obbiettivi, capire esattamente cosa si vuole”.

Un concetto vero anche nella vita e non solo nella gestione di un museo?

Certo. Da ragazza, avevo appena concluso il dottorato in Arte in Spagna, degli amici dei miei genitori mi chiesero con fare un po’ ironico “e adesso cosa vorresti fare?”. Ho risposto su due piedi, di reazione, subito, diretta: “Il direttore di Museo”. È stata più una frase istintiva, immediata, non arrivata dopo una riflessione. Ma era quello che volevo, e infondo nella vita le cose bisogna desiderarle davvero, e insistere perché si realizzino. Per amore, però. Perché non si potrebbe fare altro.

E le persone “da coinvolgere in un’istituzione pubblica”? ovvero gli “Altri”, contano anche nella insistenza della realizzazione dei propri obbiettivi o non vanno considerati?

Gli altri e la collaborazione, il lavoro di equipe, sono fondamentali nella vita di tutti, secondo me. E non solo: anche gli sbagli, gli errori che si possono commettere. Ogni “no” che si riceve, ogni cosa che non va per il verso giusto è una risorsa, una nuova possibilità per rimettersi in gioco e ripartire.

Date queste premesse e convinzioni come donna e come direttore di museo, qual è il suo bilancio dopo il primo anno di lavoro al Mart?

Non sono portata a fare bilanci, e poi un anno è poco: arrivavo al Mart dall’esperienza al Man di Nuoro, che ho diretto per 14 anni, in Sardegna. Ero da plasmare, dovevo capire le esigenze della comunità. Pensavo di mettermi soprattutto in ascolto. Poi, certo, ogni cosa che mi succedeva veniva filtrata dalla mia esperienza: mi sono trasferita a Rovereto con la mia famiglia (mia figlia e mia madre) e sono andata a vivere lì: un’esperienza certo anche difficile, di passaggio per me. Ma il Museo non ne ha certo risentito: anzi, abbiamo realizzato per la prima volta nella storia del Mart un libro con un report dei risultati conseguiti nel primo anno mio di direzione.

Cosa contraddistingue un museo di provincia rispetto ad uno in una grande città?

Questi luoghi sono solo diversi, non minori: non sono fuori porta, sono eccentrici. Le persone sono molto coinvolte, assistono direttamente alla vita e allo sviluppo del museo, fa parte della loro vita quasi. Questi musei, insomma, affondano le radici nel territorio.

E così, dalla Sardegna a Rovereto: c’è un altro museo di provincia in Italia dove vorrebbe portare il suo contributo?

No, non saprei dire un’altra città dove vorrei lavorare. Credo che la vita stessa ti porta davanti a delle scelte, dei percorsi personali, delle scoperte o delle situazioni a cui bisogna essere capaci di dire no.

Cosa pensa di musei che nascono in situazioni complicate come il Marca di Catanzaro?

Faccio i miei complimenti a chi opera in un territorio di frontiera come la Calabria, si deve avere un’attenzione di gran lunga maggiore che in molti altri luoghi, soprattutto se, come fanno loro, si scommette sul contemporaneo e non ci si limita a rifugiarsi nella tradizione del luogo.

E un commento su questa esperienza coi ragazzi studenti nell’Accademia di Brera?

Sono rimasta colpita dalla loro capacità di ascolto e attenzione.

Info.

www.mart.trento.it

www.accademiadibrera.milano.it

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  • beh, la sensazione forte che il direttore Collu lascia ai lettori è che anche in questo malconcio Belpaese, così complicato, bizantino e familista, si possano raggiungere encomiabili risultati basandosi solo, s
    i fa per dire, sulla volontà,l’intelligenza e il merito. Piccole iniezioni di ottimismo. Grazie

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