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Stardust. Ovvero come realizzare una mostra blockbuster

È diventato il leitmotiv dei più prestigiosi master post laurea: “come fare, in due minuti, una mostra blockbuster”. Ed è il modo più facile per stravolgere il significato della parola cultura.

Ecco come fare in poche, semplici mosse:

–        Contattare un’importante fondazione/istituto bancario
–        Contattare un curatore, meglio se famoso almeno nel circuito
–        Trovare una location adatta
–        Scegliere l’artista tra i 10 più noti degli ultimi 50 anni
–        Attivare il marketing più aggressivo possibile che neanche la Nike con le nuove sneakers

Peccato che in questo modo si fa come i gamberi e invece di fare business con la cultura si celebra la cultura del business. Andy Warhol al Museo del ‘900 di Milano ne è, purtroppo, un ottimo esempio. L’ho visitata proprio sabato scorso, dopo aver fatto una discreta coda (indice del fatto che è stata ben pubblicizzata) e un tour forzato per la collezione permanente che già avevo visitato (il percorso è obbligato).

La mostra è allestita in un corridoio, non trovo definizione migliore. Le poche serigrafie (straviste) arrivano tutte dalla collezione privata di Bank of America. Il titolo “Stardust” dalla polvere di diamanti che Andy Warhol adoperava per decorare le sue opere.

Gli adesivi fluo raccontano, con banalità stratosferica, la vita dell’artista. Ne ricordo uno in particolare: “Warhol nel 2012 è stato l’artista più venduto alle aste, ha superato anche Picasso”. A parte l’imprecisione dei numeri (Warhol avrà superato forse Picasso nei fatturati complessivi 2012, ma non certamente nei record d’asta, ricordate i 106 mln di dollari nel 2010 di Nude, Green leaves and Bust? Oppure La Lecture? Di chi erano???) quello che trovo mortificante è il liquidare in una ventina di metri e con qualche didascalia l’artista che forse di più ha stravolto la seconda metà del ‘900. Fosse stata una mostra di una piccola ma volenterosa istituzione privata sarebbe stato tutto ok. Credo però che dal Museo del ‘900 ci si possa aspettare qualcosa di più.

Così non succede neppure in provincia, dove gli assessori si curano le mostre da soli…

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