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Aste di novembre da Wannenes

DIPINTI ANTICHI, 27 NOVEMBRE 2012
Sinfonia in chiaroscuro

Il riflesso di Caravaggio sul Seicento pittorico italiano ed europeo è profondo sia negli epigoni della prima ora, come nell’opera di Bartolomeo Manfredi, che dette vita ad un canone non a caso chiamato ‘Manfrediana medothodus’, che su grandi artisti foresti come Ribera e Velasquez, Nicolas Poussin e Simon Vouet, che attraverso la loro sensibilità e i mutare del gusto – dall’oscuro naturalismo del lombardo Merisi alla luminosa arcadia del bolognese Annibale Caracci (e dei suoi grandi contemporanei come Guido Reni, Guercino, Giovanni Lanfranco e Domenichino) – fino alla generazione successiva al terzo decennio dove l’artificio barocco si intreccia alla verità delle cose tipica dell’ortodossia caravaggesca. Nella breve, intensa e drammatica vita del Caravaggio Napoli ricopre un ruolo fondamentale sia perché l’arrivo nella capitale borbonica dopo la repentina fuga romana, che incupisce la tavolozza delle certezze ottiche tipiche della tradizione lombarda e nordica, dando vita alla all’ultima e più spregiudicata fase della sua ricerche, sia perché il soggiorno in quella splendida, caotica, colta città pone un sigillo indelebile sul vocabolario visivo della sua e delle future generazioni di artisti.

Tra gli artisti che si affermano dopo la venuta nel capoluogo campano dell’artista che meglio ha saputo interpretare con una sua cifra precisa ed un talento prodigioso la svolta imposta dal naturalismo caraveggesco, ovvero Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto, Mattia Preti (caravaggesco in ritardo come amava definirlo Roberto Longhi per sottolinearne la totale adesione allo spirito del lombardo pur nello scarto generazionale), l’esoterico e filosofico Salvator Rosa e il raffinato e sensuale Andrea Vaccaio sono tra quelli che si impongono fra i più originali. Del Cavaliere calabrese Mattia Preti si segnala una precoce tela, Re Salomone incensa gli idoli, riferibile al 1635-1640 dove alla formazione chiaroscurale naturalistica si associano influenze neo venete e del caravaggismo riformato, come Nicolas Poussin, Simon Vouet e Pietro da Cortona (lotto 137, stima € 20.000 – 30.000). Di Salvator Rosa si impone un intenso Autoritratto nelle vesti di filosofo, riferibile alla prima attività, tra il 1634 e il 1639, dove i precetti ribereschi del suo giovane maestro Francesco Fracanzano, nel discepolo assumono una gestualità immediata, un’eloquenza e uno spirito tipici della sua maniera (lotto 154, stima € 8.000 – 12.000).

Salvator Rosa. Autoritratto

La Maddalena di Andrea Vaccaio (lotto 177, stima € 10.000 – 12.000), soggetto barocco per eccellenza e databile al quarto decennio del Seicento come nel caso di Mattia Preti al caravaggismo iniziale si intrecciano le influenze romane importate dallo Spagnoletto, Battistello Caracciolo e Simon Vouet che danno come risultato un naturalismo elegante e sensuale e nella sua compostezza austero.

Andrea Vaccaro. La Maddalena

Da segnalare infine due intensi dipinti in pendant del Monsù Bernardo (il vero nome del danese Bernard Keil), intitolati La vendemmia (lotto 33, stima € 9.000 – 11.000) e La Lettura (lotto 34, stima € 9.000 – 11.000), dove il gusto bambocciante europeo dell’artista, mitiga il naturalismo caraveggesco attraverso una stesura fluida ed elegante che ammicca al tenebrosa maniera del veneziano Giovan Battista Langetti.

Monsù Bernardo. La vendemmia

 

Monsù Bernardo. La lettura

 

 

DIPINTI DEL XIX SECOLO – 27 NOVEMBRE 2012 
Risorgimento tra colore e passione

L’Unità d’Italia è stato un atto fondativo dello spirito di una nazione fatta di uomini e donne che dopo secoli di dominio feudale, aristocratico e religioso conquistavano il diritto laico di scegliere il proprio destino attraverso progetto comune. Un evento che è stato giustamente celebrato nel 2011, in occasione del 150° anniversario, per ribadire quei valori fondamentali e sottolineare un senso di appartenenza, di tradizione, di senso della patria, che rende una persona un cittadino. Giusto un anno dopo quel fondamentale evento storico, ovvero nel 1862, il pittore veneto Luigi Querena (Venezia 1824-1887) – pittore di storia e di soggetti religiosi, paesaggista di impianto canalettiano di grande fama, e fervente combattente dei moti antiaustriaci del 1848 (a cui dedica dal 1850 una serie di tele che narrano l’epopea della difesa di Venezia) – raffigura  con gustoso e disinvolto talento, e indubbia abilità tecnica, la festa per il primo anniversario dell’Unità d’Italia ambientata ‘dentro’ una veduta del Lago Maggiore. L’opera s’impone per l’ampio respiro prospettico e scenografico, brulicante di figure eterogenee per censo – dall’umile all’aristocratico ai soldati – unite da quell’animo fortemente patriottico che era insito nell’opera risorgimentale di Luigi Quarena (lotto 335, stima € 40.000 – 50.000)

Luigi Querena

Rimanendo nello spirito ‘unitario’ successivo al settimo decennio sono da segnalare un importante nucleo di opere di Massimo Taparelli marchese D’azeglio, scrittore (scrisse il romanzo storico Ettore Fieramosca (1833) ispirandosi quindi anche in letteratura al famoso protagonista della disfida barlettana) poeta, pittore, appassionato della bella vita e amato dalla dame – tanto che Francesco De Sanctis descrisse la sua attitudine come «un certo amabile folleggiare… pieno di buon umore», tra le quali segnaliamo dei delicati paesaggi (lotti 329 330, entrambi con una stima di € 7.000 – 9.000) e il ritratto della moglie Luisa presente alla Mostra del Ritratto a Firenze nel 1911 (lotto 331. stima di € 8.000 – 10.000).

Massimo Taparelli marchese D’azeglio

 

Massimo Taparelli marchese D’azeglio

 

ARTE ASIATICA – 28 NOVEMBRE 2012

L’asta del 28 novembre dedicata all’Asian Art, prevalentemente cinese, presenta un ampio spettro di oggetti che comprende porcellane, bronzi, Blanc de Chine, snuff bottles, e dipinti capaci di attrarre un raffinato collezionismo sia orientale che occidentale. Per quanto riguarda l’eccellenza – sia per il periodo che per la manifattura – l’attenzione è focalizzata su due rari lotti. Il primo è una testa in Limestone, proveniente da una collezione privata, raffigurante un Bodhisattva (ossia un essere che ha raggiunto l’illuminazione pur rimanendo legato alla terra per portare la salvezza a tutti) del Periodo Tang (618-907 d.C.). La raffinata e ondulata acconciatura, tipica dell’epoca, è raccolta elegantemente sul capo da un nastro, fermato da un diadema. Il viso, dai tratti fini, ha un’espressione di meditazione e benevolenza. Lo stile, il materiale, e le dimensioni, indicano che la provenienza potrebbe essere dai siti archeologici dei templi buddisti delle Grotte nel Longmen, dove si possono vedere altre teste simili (lotto 664, stima € 30.000 – 50.000). Il secondo lotto è composto da sei dipinti su vetro del tardo XVIII secolo, sempre provenienti da una collezione privata, raffigurante ognuno una musicante intenta a suonare uno strumento tipicamente cinese, quali la “pipa”, il flauto lungo di bamboo, i piattini ed altri. Contraddistinti dalla raffinatezza del decoro delle vesti, capigliature e gioielli delle musicanti e dai loro volti così eleganti nell’espressione e nei tratti (lotto 627, stima € 24.000 – 30.000). La tecnica dei vetri o specchi dipinti dal retro (meglio conosciuti come reverse mirror paintings on glass) – fu introdotta in Cina dai preti Gesuiti missionari, giunti al seguito di Padre Castiglione (1688-1766). Gli specchi venivano importati dall’Europa, ne veniva tolta la parte in mercurio e decorata finemente la parte specchiante. Al quel punto intraprendevano il viaggio a ritroso verso Occidente, dove la Chinoiserie era in gran voga presso le corti europee tardo barocche e rococò. Per quanto riguarda le porcellane, è da raccomandare all’occhio del connaisseur, un servizio di coppe con coperchio e piatti con tazze a decoro di farfalle “Famiglia rosa” di manifattura Imperiale (lotti 641-645, stima € 2.500 – 3.500), e una coppia di teiere decoro “Millefleurs” (entrambi marcate e risalenti al Periodo Guangxu [1875-1908] provenienti dalla medesima raccolta privata (lotto 661, stima € 2.500 – 3.500)

 

TAPPETI E TESSUTI ANTICHI – 28 NOVEMBRE 2012

Il tappeto orientale è da sempre legato agli ideali estetici del mondo musulmano, dalla predilezione del colore e le fogge ornamentali. È decorato con elementi stilizzati di genere naturalistico o da moduli semplici e ripetitivi in forma matematica e geometrica derivanti dall’influenza della cultura pitagorica su quella araba, nonché da motivazioni strettamente religiose che proibivano ogni rappresentazione di figure animate. L’origine più lontana del tappeto orientale è nel bacino del Turkestan, per poi estendersi con le migrazioni alla Cina a est e il Caucaso, la Persia e l’Asia minore a ovest. Il tappeto caucasico nasce dalle popolazioni nomade e pastorali ed è definito da motivi geometrici, da figure animali ma anche umane festosamente e sottilmente rappresentate, che mostrano una cultura più libera dai precetti musulmani. Questo raro esempio a tessitura “Sumkah” e disegno “triclinium”, non comune nei tappeti annodati, è un manufatto che in un solo pezzo riproduce la disposizione dei tappeti usuali nelle dimore orientali, con un importante esemplare al centro e tre di formato allungato disposti a forma di “U” attorno ad esso, dalla tessitura fine, i colori vivaci e l’ornamentazione eccezionale che rendono questo manufatto un’interessante esemplare da collezione (lotto 861, stima € 12.000 – 13.000).

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