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Dipingere Loving Vincent. 125 artisti per 65.000 dipinti. Intervista all’artista Sara Calderón

Proiezione e pittura su tela della scena in Casa Gachet - Foto courtesy © Sara Calderón Proiezione e pittura su tela della scena in Casa Gachet - Foto courtesy © Sara Calderón
Animazione del volto di Margaret Gachet - Foto courtesy © Sara Calderón 2
Animazione del volto di Margaret Gachet – Foto courtesy © Sara Calderón 2

A distanza di un anno dalla sua uscita nelle sale italiane, ci ritroviamo nuovamente a parlare del sorprendente caso cinematografico di Loving Vincent, primo film al mondo interamente dipinto, per scoprire i retroscena della sua realizzazione.

Diretto da Dorota Kobiela e Hugh Welchman, Loving Vincent è il coraggioso esperimento di animazione che racconta il misterioso episodio della morte di van Gogh attraverso alcuni dei suoi più celebri dipinti. Un prodotto unico nel suo genere che riesce a coniugare due forme d’arte apparentemente distanti: il cinema, che narra storie attraverso sequenze fluide, e la pittura, che le riassume in immagini statiche.

I dipinti finali di ogni sequenza esposti nello studio di produzione di Danzica - Foto © Piotr Wittman
I dipinti finali di ogni sequenza esposti nello studio di produzione di Danzica – Foto © Piotr Wittman

Un’opera monumentale che ha visto la luce grazie ad un duro e infaticabile lavoro lungo oltre sei anni. Di questi, appena quattro settimane sono state impiegate per le riprese con gli attori su set appositamente costruiti, e due anni interi per ridipingere ogni fotogramma con lo stile di Vincent.Quei 94 minuti di animazione che ci hanno meravigliato ed emozionato, infatti, sono l’unione in sequenza di 65.000 dipinti ad olio realizzati da un team di 125 talentuosi artisti.

Una di loro èSara Calderón González, giovane pittrice madrilena che ha lavorato per sei mesi nello studio di produzione di Danzica, in Polonia. Lì, affiancata da altre decine di colleghi chiamati a replicare l’inconfondibile pennellata del maestro, ha dato vita ad alcune emblematiche sequenze nella casa del Dottor Gachet e a memorabili primi piani dei protagonisti  Armand e Marguerite.

Sara racconta ad ArtsLife la sua esperienza e qualche curiosità, spiegando nel dettaglio come è nato, pennellata dopo pennellata, Loving Vincent.

Gli artisti coinvolti nel progetto sono stati accuratamente selezionati da una rosa di oltre 5000 candidati provenienti da tutto il mondo. Raccontaci la tua esperienza: come sei entrata a fare parte di questo grande team?

Ho saputo del progetto grazie a mio padre. Trovò un articolo di giornale in cui parlavano della produzione del film e di un bando per la selezione di pittori che volevano contribuire a dipingerlo. In realtà non ci ho pensato troppo su, ho mandato i miei lavori convinta che sarebbe stato troppo difficile essere presa. Dopo quattro mesi però ecco la notizia: ero stata selezionata e dovevo andare nel loro studio a Danzica, nel nord della Polonia, per fare una prova di animazione ad olio di tre giorni. Così sono andata, e dopo avere superato quel lungo test sono entrata a fare parte del team di pittori di Loving Vincent.

Proiezione e pittura su tela della scena in Casa Gachet - Foto courtesy © Sara Calderón
Proiezione e pittura su tela della scena in Casa Gachet – Foto courtesy © Sara Calderón

“Loving Vincent” chiede uno sforzo imprescindibile ai suoi pittori, dipingere con un’unica mente e un unico cuore: quello di van Gogh. Quanto è stato difficile uniformare il tuo stile a quello di 124 colleghi?

Non molto. La parte difficile è stata analizzare e riprodurre tutti i colori presenti in un dipinto, perché dovevano essere esattamente gli stessi e in grandi quantità, in modo da durare per tutta l’animazione della sequenza.  Bisognava confrontarli con uno zoom del 100% per comprovare che fossero identici. Dopo è stato più semplice capire come applicare il colore e in che direzione stendere la pennellata. Il lavoro si basava sull’analisi degli originali di van Gogh, ma anche dei dipinti anteriori e posteriori dei tuoi compagni di scena, in modo da mantenere il senso di continuità nell’animazione.

Dodici frame dipinti olio su tela per un solo secondo di animazione.  Anche chi non conosce le difficoltà della tecnica ad olio può immaginare la complessità di un simile procedimento. Mediamente, quanto tempo richiedava la realizzazione di un dipinto e poi di un’intera sequenza?

C’erano diversi livelli di difficoltà in base ai dipinti, ma in generale dedicavo un giorno intero alla riproduzione dei colori e due giorni per dipingere il primo quadro. Il quarto giorno normalmente correggevo qualche piccolo dettaglio prima di iniziare l’animazione. In base al livello di movimento della scena dovevi dipingere un certo numero di frame al giorno (la media poteva essere di quattro al giorno) ma era tutto molto relativo perchè ogni pittore aveva un ritmo diverso, e c’erano giorni in cui potevi essere più o meno ispirato.

Artisti al lavoro dalle PAWS (Painting Animation Work Station) - Foto © Loving Vincent
Artisti al lavoro dalle PAWS (Painting Animation Work Station) – Foto © Loving Vincent

Alcune animazioni del volto del protagonista, Armand Roulin, sono state dipinte da te. Secondo quale criterio venivano affidati i soggetti e le sequenze ai vari pittori?

Dopo i tre giorni di test, abbiamo avuto due settimane di formazione per comprendere nel dettaglio le tecniche e le modalità di lavoro. In quell’intervallo di tempo ci hanno messo alla prova su diverse scene e soggetti, e credo sia stato in quel momento che hanno capito quale parte del film si addiceva di più ad ognuno di noi. Nel mio caso mi sono occupata di molte scene dove Armand Roulin parla in primo piano, e suppongo che gli sia piaciuto il mio modo di interpretare l’attore alla maniera di van Gogh, senza perderne i lineamenti e le emozioni.

Per riuscire in questa grande impresa di produzione (e riproduzione, soprattutto) di tele, ognuno di voi ha lavorato da una postazione di lavoro molto particolare, la Painting Animation Work Station. Ci spieghi cos’è e come funziona?

Le PAWS sono state progettate dalla produttrice appositamente per fornire uno spazio di lavoro individuale, che mantenesse per ogni pittore le stesse condizioni. In questo modo il lavoro sarebbe stato migliore, più produttivo e preciso.

Erano come piccole stanze. C’era una struttura metallica coperta da pannelli bianchi per ottenere una luce omogenea. All’interno avevamo lo schermo di un computer dove guardavamo le scene attraverso il programma DragonFrame e tenevamo tutto il materiale di riferimento per dipingere. Sotto il computer c’era il nostro tavolo di lavoro inclinato, grande all’incirca 65 x 55 cm. E poi, in cima a questa struttura, c’erano un proiettore, una luce e la macchina fotografica con cui scattavamo le fotografie.

Avendo tutti questi strumenti a disposizione in un unico spazio, siamo stati noi stessi a scattare le foto ad ogni dipinto completo per creare l’animazione. E dopo avere finito, la mandavamo direttamente al dipartimento di produzione, che si incaricava di unire le scene di ogni collega.

Armand Roulin conversa con Marguerite, scena nella stanza verde di Casa Gachet - Foto © Loving Vincent
Armand Roulin conversa con Marguerite, scena nella stanza verde di Casa Gachet – Foto © Loving Vincent

Sono stati dipinti 65.000 fotogrammi, ma materialmente sopravvivono solo 1.000 tele. Perchè?

Ad esempio, ho realizzato quattro sequenze per una particolare scena del film. Queste sequenze contengono 150 dipinti, però tutti sono stati realizzati sulla stessa tela. Quindi abbiamo solo un dipinto fisico, l’ultimo realizzato dopo tutto il processo. Per essere più chiari, riutilizzavamo i supporti.

Animavamo  la scena dipingendo direttamente sul frame precedente, sulla stessa tela. In sostanza sono stati dipinti 65.000 frame diversi, ma fisicamente esistono solo 1.000 tele, che sono l’ultimo frame di ogni sequenza.

Se potessi scegliere di tenere per te una sola tela di questo grande capolavoro, quale sceglieresti?

Nello studio tutti i dipinti portati a termine venivano appesi alle pareti, ed era come visitare ogni giorno una galleria d’arte. Passeggiando per i corridoi li ammiravo tutti, uno più bello dell’altro. Quelli in bianco e nero sono meravigliosi e quelli a colori riflettono lo stile vero e puro di van Gogh. Sarebbe difficile sceglierne uno. Ma potendo, senza dubbio, prenderei una mia tela. Quella che appartiene alle quattro sequenze dipinte nella stanza verde della casa del Dottor Gatchet, dove parlano Armand e Marguerite. In studio ho passato la maggior parte del tempo a dipingere quella scena. La sceglierei per il dinamismo e il suo colore.

Sara Calderón e Douglas Booth, interprete di Armand Roulin - Foto courtesy © Sara Calderón 2
Sara Calderón e Douglas Booth, interprete di Armand Roulin – Foto courtesy © Sara Calderón 2

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