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Diario Pittorico. Tivoli celebra l’artista tiburtino Adolfo Scalpelli

Adolfo Scalpelli Autoritratto Adolfo Scalpelli Autoritratto
Adolfo Scalelli Ettore Roesler Franz
Adolfo Scalelli Ettore Roesler Franz

Tivoli celebra l’artista tiburtino Adolfo Scalpelli tra Storia e Memoria, riscoprendo il lavoro artistico e l’impegno umano e civile di colui che fu unico allievo del pittore Ettore Roesler Franz

La mostra “Adolfo Scalpelli tra Storia e Memoria” a cura di C. Bernoni, organizzata nel Museo Civico diTivoli (RM)- via Campitelli, 1 –dal 20.10.2018 al 20.12.2018 mette in scena l’impegno artistico e civile di Adolfo Scalpelli, artista tiburtino nato nel 1888 e morto giovanissimo a 29 anni sul fronte, durante la prima guerra mondiale.

Adolfo Scalpelli inizia la sua formazione artistica a Tivoli quando aveva solo 14 anni, dimostrando subito gradi potenzialità sotto la guida paterna del famoso pittore Ettore Roesler Franz.

E fu proprio a Tivoli, dove il Franz amava trascorrere molti mesi all’anno, che, per un caso fortuito, il maestro riconobbe le potenzialità del ragazzo e il destino decise per entrambi: l’artista ebbe il suo unico allievo e il giovane intraprese la via dell’arte sotto la guida di un artista ormai affermato.

Adolfo Scalpelli Autoritratto
Adolfo Scalpelli Autoritratto

Prima di essere fermato dalla guerra – nel 1915 – lo Scalpelli aveva fatto varie esperienze artistiche in Italia, affinando la sua poetica pittorica ammirata dai visitatori della Esibizione degli acquarellisti del 1909, durante la quale un suo lavoro fu acquistato dall’allora Re d’Itali.  Nella continua ricerca di esperienze e tecniche pittorichesi trasferisce prima in Francianel cuore della grande rivoluzione parigina, meta imprescindibile per gli artisti di quegli anni, frequentando tra il 1912 e 1914 la scuola di nudo di Le Carrèe, e successivamente in Inghilterra, prima a Londra per studiare le opere dei contemporanei e poi nell’isola di Wright.

I Pittori francesi e Inglesi avevano certamente ispirato e completato la sua tecnica e la sua poetica pittorica; in particolare aveva assorbito alcune intuizioni sui colori e la luce proprie degli Impressionisiti; sicuramente era venuto anche a contatto con giovani come Braque e Picasso, ma pur ammirando la loro forza e il loro genio inventivo, non aveva fatto propria la loro poetica, in quanto lontana dal suo sentire.

Con il suo quadro Il Trittico de la Thuile esposto alla Biennale di Venezia del 1914 lo Scalpelli dimostra di aver raggiunto la maturità artistica: lo scenario solenne dei monti e la particolare luminosità atmosferica suggerisce l’accostamento con il Segantini, pittore di avanguardia nell’Italia di quei tempi.

Nel 1915 la guerra interromperà i suoi studi, ma non il suo impegno: Adolfo partirà per il fronte non solo con il fucile ma anche coi i suoi pennelli e diventerà pittore di guerra, ritraendo scenografie di guerra, commilitoni e disertori Galiziani. Partirà prima per la Libia e poi andrà sul fronte Galiziano, dove a Bainsizzasul monte  Kobilektroverà la morte “caduto sul campo dopo aver conquistato una trincea nemica alla testa del suo Reparto.”

Il curatore della mostra, Carlo Bernoni, nipote dell’artista ha meticolosamente studiato la copiosa corrispondenza tra allievo e maestro e quella con i molti altri amici, valorizzando non solo l’opera pittorica dello Scalpelli e l’eredità artistica pervenutagli dal maestro Ettore Roesler Franz, ma il non meno importate valore umano e civile di questo figlio della città di Tivoli.

Le cartoline che Franz indirizzava all’allievo testimoniano l’impegno assunto verso il giovane: <<…ho piacere che vai a lavorare a Villa Adriana. C’è tanto da lavorare in quella località che se ti riesce di interpretare il sentimento di quelle rovine meravigliose avrai di che dipingere per molti anni …>>gli scriveva il Franz in una cartolina del marzo 1904.

E ancora, un altro insegnamento del Franz riportato in francese sul retro di un disegno ad acquarello “ Per riuscire nella vita occorre saper pazientare, prendersi i fastidi, disfare e rifare, ricominciare e continuare senza che il moto della collera o lo slancio della immaginazione vengano ad arrestare o a sviare lo sforzo quotidiano”

Nella sua breve vita lo Scalpelli fu un serio e appassionato interprete della campagna romana e delle ville del territorio tiburitino, dei paesaggi di Tivoli e delle sue cascateseguendo prima le orme del maestro con la tecnica dell’acquerello, e inseguito,specialmente dopo il soggiorno parigino, acquistando una padronanza assoluta anche della tecnica ad olio, con un arricchimento della sua tavolozza con colori piu densi fino ad arrivare alla semplificazione degli elementi compositivi.

Lo Scalpelli ereditò dal maestro la passione per il paesaggio e per la difficile e delicata tecnica dell’acquarello,che il Franz reputava essere la tecnica più consona per riprodurre “con verità” le vedute campestri e la trasparenza di cielo e acque; Inoltre alla morte del Franz gli furono lasciate in eredità anche le sue attrezzature di lavoro, i libri di arte ,ibozzetti e quadri .incompiuti.

Riguardo al tema del paesaggio vogliamo ricordare come era inteso questo tema in quel periodo immediatamente successivo all’unità di Italia, dove è evidente l’intento di definire una precisa immagine civile del nuovo Stato. I fotografi e i pittori di paesaggio contribuirono alla conoscenza e alla memoria di quanto stava irrimediabilmente cambiando e evolvendo verso la civiltà industrializzata. Erano gli anni del “verismo” dell’affermazione positivistica e delle scienze umane, come l’antropologia e l’etnologia, nelle qualisi cercava di applicare “criteri scientifici” di indagine documentaria e catalogazione.

L’identità nazionale e il ruolo unificante del paesaggio intendeva incentrare la discussione principalmente sulla formazione di un’identità nazionale, che sembrava aver trovato nel paesaggio un solido fondamento. Idea questa che viene espressa in modo chiaro nelle prime opere post-unitarie, non solo figurative, nelle quali al paesaggio viene riconosciuto il ruolo di portatore di valori culturali e costituzionali.

Non a caso la definizione di “paesaggio” che nel XIX° secolo ha saputo attrarre la maggior attenzione, anche dei giuristi, è quella di Benedetto Croce per il quale “il paesaggio è la rappresentazione materiale e visibile della Patria, coi suoi caratteri fisici particolari, con le sue montagne, le sue foreste, le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suolo”. Il paesaggio dunque come espressione di identità nazionale.

La tutela del paesaggio e dei beni paesaggistici arriverà con la Legge Bottai del  29 giugno 1939, n. 1497 riguardante la “Protezione delle bellezze naturali”; ma ilfondamentale riconoscimentosarà dato dall’art. 9 della Costituzione secondo il quale “la Repubblica promuove lo sviluppo della culturae tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” È importante osservare come tale disposizione sia stata collocata nella parteiniziale della Carta costituzionale, tra i principi fondamentali di essa.

Tale tutela si amplieràancora nei decenni a venire con il Codice dei Beni culturali e del paesaggio e in tutte le sue seguenti evoluzioni legislative.

Quindi siamo molto grati a tutti quei pittori come il Franz e il suo allievo Scalpelli,che hanno scelto il tema del paesaggio, perchècon il loro lavoro hanno contribuito a celebrare le bellezze del paesaggio Italiano nel mondo e a tutelarne l’essenza e la memoria.

Dopo 100 anni dalla sua morte ammirare i dipinti di Adolfo Scalpelli sarà come leggere il Diario Pittorico della sua vita.

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