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Gli splendori del Grand Tour fra Montepulciano e Roma

Carlo Labruzzi - Paesaggio con strada e viandanti, sec. XVIII Carlo Labruzzi - Paesaggio con strada e viandanti, sec. XVIII
Carlo Labruzzi - Paesaggio con strada e viandanti, sec. XVIII
Carlo Labruzzi – Paesaggio con strada e viandanti, sec. XVIII

Al Museo Civico Pinacoteca Crociani a Montepulciano, rivivono i paesaggi che affascinarono centinaia di intellettuali e aristocratici stranieri desiderosi di scoprire l’Italia. Sulla via per Roma, anche Montepulciano fu meta apprezzata. Fino al 7 ottobre 2018

Montepulciano (Si). Nell’Europa da metà Settecento al secondo Ottocento, l’espressione Grand Tour era sinonimo di raffinato viaggio d’istruzione indispensabile per la formazione di un futuro gentiluomo. La meta d’elezione era l’Italia, non ancora unita ma sempre e comunque legata alla memoria di Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, ovvero degli spiriti magni che avevano di fatto creata quella rinascita culturale e sociale che aveva investita anche buona parte dell’Europa. Pur nel caos di un coacervo di Stati, molti dei quali ancora d’impianto medievale, il fascino dell’arte del passato continuava a brillare sui letterati e gli aristocratici che, sulle orme di Johann Caspar von Goethe (padre del più celebre) padre di Johann Wolfgang, visitavano il Bel Paese.

Roma era ovviamente la meta d’elezione, con il suo fasto e le sue miserie, ma un serio percorso conoscitivo della Penisola non poteva non toccare Milano, Venezia, Firenze, Pisa, Siena, Napoli. La scoperta di una città comprendeva molto spesso anche il suo entroterra, e Montepulciano, nel senese, nonostante le sue esigue dimensioni, fu meta apprezzata dei Grand Tour sette-ottocenteschi sulla strada per Roma, che avrebbero incontrata riprendendo la Cassia e seguendola verso sud.

Alberto Papafava - Veduta di Montepulciano, 1914
Alberto Papafava – Veduta di Montepulciano, 1914

Montepulciano e la Città Eterna. Paesaggi e vedute dall’estetica del Grand Tour alla metà del XX secolo, è la suggestiva mostra a cura di Roberto Longi che la cittadina del senese ha voluto per riscoprire la sua “bellezza appartata”, ma che in passato trovava pieno apprezzamento intellettuale, al punto da essere tappa di viaggi di scoperta e istruzione.
L’ideale comune di viaggio lega quindi l’Urbe all’antica Mons Politianus, e la mostra si dipana fra preziose e raffinate vedute (incise, dipinte o all’acquerello) d’ambiente urbano, così come del paesaggio naturale circostante. Paesaggio che all’epoca, ancora incontaminato, esercitava profonda suggestione sui visitatori stranieri; se la campagna senese ha mantenuto in larga parte l’aspetto del passato, non altrettanto si può dire dell’Agro Romano, che ha purtroppo ampiamente sofferto per la speculazione edilizia e l’incuria. Da questo punto di vista, la mostra può essere occasione di riflessione sugli scempi del passato, e per un rinnovato impegno a tutelare quanto resta delle bellezze del territorio italiano.

Piero Calamandrei - Le balze di San Lazzaro, 1935
Piero Calamandrei – Le balze di San Lazzaro, 1935

La mostra si apre con la sezione poliziana, ricca di opere suggestive, dal sapore agreste, che documentano la cittadina come appariva agli antichi viaggiatori; opere eseguite da artisti locali e nazionali, dalle incisioni agli acquerelli agli oli su tavola. Emergono nomi poco noti al grande pubblico, che però si rivelano acuti osservatori della realtà locale, e interessanti interpreti in chiave naturalista o post-macchiaiola; caratteristico il giovane villano ritratto da Ranieri Rossi (1815-1888), che nel vano di una finestra, con la Val di Chiana sullo sfondo, gioca con le bolle di sapone, così come ancora il Rossi seppe cogliere luminose vedute del borgo antico, in inverno come nella buona stagione, creando apprezzabili giochi di luce; di carattere più idilliaco, le vedute campestri al di fuori della cerchia muraria, dove la pennellata si stende con maggiore leggerezza, e l’ocra e il verde creano una gradevole triade con l’azzurro velato del cielo. La veduta della Fortezza, realizzata da Pietro Della Valle (della cui vita poco si conosce, a cominciare dalle date di nascita e morte), al cui centro campeggia il ponte a due arcate oggi scomparso, o forse semplicemente interrato.  Accanto ai dipinti di sapore macchiaiolo di Italiano Zecchi (anch’egli poco noto), costituiscono una piacevole scoperta i pressoché inediti dipinti realizzati negli anni Trenta dal giurista Piero Calamandrei, la cui attività artistica si è sempre svolta nell’ombra; rivela invece una buona mano, dalla chiarezza sintattica e dalla pennellata pastosa.

Ranieri-Rossi - Veduta dall'interno di Porta al Prato, sec. XIX
Ranieri-Rossi – Veduta dall’interno di Porta al Prato, sec. XIX

Roma si presenta invece al pubblico nella magnificenza delle sue possenti vestigia romane, soggetto quasi onnipresente nelle vedute della città e dei suoi dintorni. Ancora a metà Ottocento, la Caput Mundi mostrava le ferite della sua decadenza, ridotta a un borgo di popolani e contadini, pastori e vagabondi, con i Fori invasi da mandrie e greggi, e le vie disselciate. Tuttavia, quest’aria di struggente decadenza affascinava a suo modo i viaggiatori stranieri, che avevano modo di perdersi in contemplazione, fantasticando sulla china dei secoli, persi, ad esempio, nel profumo dei glicini che ricoprivano le mura del Foro, come documenta ancora nel 1920 Carlo Montani.

I resti degli antichi edifici si ergevano impassibili in mezzo alla vita quotidiana che ne faceva spesso l’uso più ingenuo, come il mercato del pesce la Portico di Ottavia, o le stalle e i ricoveri realizzati nelle Terme di Diocleziano. Struggenti, comunque, i tramonti sul Tevere come quello immortalato da Ernst Stache nel 1870, nell’ultimo anno della Roma papalina. Così come immersa in un’immobilità eterna, pareva la campagna romana, costellata di campi di grano, paludi, butteri che conducevano mandrie di cavalli, e in lontananza il profilo di un acquedotto o un tempio antico.

Giuseppe Pera - Veduta della Cattedrale di Montepulciano, 1801
Giuseppe Pera – Veduta della Cattedrale di Montepulciano, 1801

Due città, Montepulciano e Roma, all’epoca molto lontane, ma entrambe ricche di fascino e di suggestioni antiche, che nel tempo hanno riscosso l’interesse di artisti a viaggiatori. Completa la mostra una sezione documentaria, ricca di quegli oggetti che costituivano il bagaglio indispensabile per il Grand Tour: dallo scrittoio ai calamai portatili, alle farmacie da viaggio, indispensabili in tempi di malaria, ma anche quanto non poteva mancare nel necessaire di un aristocratico in viaggio: lo stira cravatte, il portagioielli e il porta fragranze, eccetera. E ancora, bussole, mappe e compassi per tracciare l’itinerario.

Una mostra d’arte, ricca di opere pregevoli, ma anche uno spaccato documentario su un’Italia ormai tramontata, che a ben guardare, purtroppo non è sempre riuscita a conservare le sue bellezze paesaggistiche.

 

MONTEPULCIANO E LA CITTÀ ETERNA

Paesaggi e vedute dall’estetica del Grand Tour alla metà del XX secolo
Montepulciano (Siena), Museo Civico Pinacoteca Crociani
14 luglio – 7 ottobre 2018

www.museocivicomontepulciano.it

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