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Non c’è pace per Salvador Dalì. La Fondazione contesta l’uso del nome e dell’immagine del grande pittore da parte di un museo californiano

dali Dalì 17
Gala e Salvador Dalì
Gala e Salvador Dalì

Non si è ancora spenta l’eco della causa intentata da una donna che pretendeva di essere la figlia del noto pittore, e che aveva chiesto di riesumarne il corpo – i cui baffi erano rimasti misteriosamente intatti – per effettuare un test di paternità peraltro non andato a buon fine, che Salvador Dalì (Figueres, 11 maggio 1904 –23 gennaio 1989) torna ad essere al centro di un’altra vicenda giudiziaria.

E’ di questi giorni infatti la notizia che la Fundació Gala-Salvador Dalídi Figueres, in Spagna, ha citato in giudizio Dalí17, un museo di Monterey (California) aperto nel 2016 e che ospita la collezione di 500 pezzi di Dalí dell’immobiliarista DmitryPiterman, tra cui l’iconico divano-labbro di Mae West, e documenta il tempo trascorso dal pittore e dalla moglie Gala nella città americana durante la seconda guerra mondiale (www.dali17.com).

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Dalì 17

La Fondazione contesta al museo l’adozione di un logo che include uno schizzo del volto del pittore, baffi inclusi,e l’uso del nome Dalìsul sito web, sui social media e sugli oggetti di merchandising, e chiede al Tribunale di inibire l’uso di tali segni e di risarcire tutti i danni, anche di reputazione.

Non sono note al momento le ragioni giuridiche alla base delle richieste della Fondazione, che risulta tuttavia titolare di oltre 100 marchi contenenti il nome “Dalì”, denominativi e figurativi (con diversi segni e loghi), depositati in Spagna e in molti paesi del mondo, inclusi gli Stati Uniti, per diversi prodotti e servizi.Tali registrazioni, in quanto anteriori all’adozione dei marchi del museo Dalì17, costituiscono diritti opponibili all’uso (e, se del caso, anche alla registrazione) di eventuali marchi confondibili utilizzati per prodotti simili a quelli per i quali sono stati registrati.

In Italia, i ritratti di persone non possono comunque essere registrati come marchi senza il consenso delle persone ritratte e,dopo la loro morte, degli eredi. Può ammettersi un’eccezione alla regola del divieto quando l’eventuale rielaborazione rende irriconoscibile il volto; ma non è il caso in questione, dove il logo riprende il viso di Dalì ed è caratterizzato dai noti e riconoscibili baffi del pittore.

Quanto ai nomi delle persone, possono essere registrati come marchi da parte di soggetti diversipurché il loro uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portarli; se notorituttavia, come nel caso in questione, “possono essere registrati o usati come marchio solo dall’avente diritto, o con il consenso di questi” o, in mancanza, degli eredi (cfr. art. 8 del Codice della proprietà industriale). La previsione mira infatti a evitare forme di sfruttamento parassitarie della notorietà altrui.

In ogni caso, a prescindere dai diritti azionati, come direbbe il grande maestro del surrealismo, in fin dei conti “L’importante è che i miei baffi si volgano sempre verso il cielo come le torri della cattedrale di Burgos”.

Il presente contributo costituisce un estratto della gruppo “TIP TAP – Thoughts in Intellectual Property and Art Protection” del Dipartimento di diritto della proprietà intellettuale di Negri-Clementi Studio Legale Associato su Linkedin.

Salvador Dalì
Salvador Dalì

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